martedì 23 giugno 2020

La scomparsa di Corso e di Prati: il declino degli eroi di un'epopea calcistica

di Pasquale Scarano      
Le leggende del calcio che fu, se ne vanno in silenzio, senza clamori, lasciando il segno nella memoria e nei cuori di tutti quelli che le hanno seguite, in un'epoca nella quale il calcio era più vero, semplice, lineare, con tanti campioni a disegnare sul campo capolavori calcistici. Così erano Mariolino Corso, detto “il sinistro di Dio”  e Pierino Prati chiamato la “peste”: il primo famoso per le punizioni a “foglia morta, tutto tecnica, estro, fantasia, un numero 11 atipico, ma che giostrava da trequartista, partendo da destra per concludere in porta da posizione centrale; il secondo era una punta di sfondamento, implacabile sui colpi di testa, e che poteva giovarsi dei lanci di un certo Gianni Rivera e realizzatore di 233 goal con Milan, Roma e Fiorentina. Mariolino, inventore sopraffino della grande Inter di Helenio Herrera e goleador con 95 reti, per le sue beffarde giocate veniva talvolta soprannominato  “Mandrake. L'interista, però, qualche difettuccio ce l'aveva; il mancino , infatti, faceva viaggiare molto il pallone, ma lui non era un gran viaggiatore, tant'è che il sommo Gianni Brera
lo definì “ participio passato del verbo correre “. Nonostante questi limiti, il Mario, il quale portava i calzettoni abbassati in omaggio ad un certo Omar Sivori, capace di fiondate con mutevoli traiettorie, conquistò con i  “bauscia” 4 scudetti dal 62  la 71,2 coppe dei campioni e 2 intercontinentali dal 1964 al 65. Il puntero milanista, di contro, si aggiudicò con i rossoneri dal 67 al 73 uno scudetto, una coppa campioni ed una intercontinentale nel 69 ed una coppa delle coppe nel 1973. In nazionale, poi, mentre Corso ha avuto sempre un rapporto sicuramente inespresso, Prati può vantare, insieme a  14 presenze con 7 reti,  il titolo di campione d'Europa nel 1968 e quello di vice campione del mondo  nel 1970 in Messico. Insomma, un bel confronto tra due grandi campioni che hanno lasciato una grande eredità morale, tecnica e che la nostra immaginazione trasporta oltre l'orizzonte verso un fantasioso derby ultraterreno.

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