Potremmo chiamarlo un ouròboros, ovvero, un eterno ritorno!
Già, perché, col Ddl concorrenza 2015 vengono di
fatto reintrodotte le penali per la disdetta anticipata del contratto di
telefonia. Se il ddl dovesse diventare legge – e ci auguriamo di no - i
consumatori potrebbero pagare anche più di 100 euro per il recesso anticipato.
Recita, infatti, l’art. 16 che: “Nel caso
di risoluzione anticipata le spese devono essere eque e proporzionate al valore
del contratto”. Andiamo bene! Il ministero dello Sviluppo economico si è
affrettato a precisare che non verrà reintrodotta nessuna penale, ma la vicenda
già puzza di sola tutta all’italiana.
Nel 2007 la legge Bersani per disciplinare la concorrenza aveva sancito l’abolizione
delle penali per la disattivazione delle linee. La legge n. 40/2007, che ha
convertito, con modifiche, il Decreto Legge n. 7/2007, all’art. 1, comma 1,
prevede infatti che “Al fine di favorire la concorrenza e la trasparenza
delle tariffe, di garantire ai consumatori finali un adeguato livello di
conoscenza sugli effettivi prezzi del servizio, nonché di facilitare il
confronto tra le offerte presenti sul mercato, è vietata, da parte degli
operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche,
l’applicazione di costi fissi e di contributi per la ricarica di carte
prepagate, anche via bancomat o in forma telematica, aggiuntivi rispetto al
costo del traffico telefonico o del servizio richiesto. E’ altresì vietata la
previsione di termini temporali massimi di utilizzo del traffico o del servizio
acquistato. Ogni eventuale clausola difforme è nulla e non comporta la nullità
del contratto, fatti salvi i vincoli di durata di eventuali offerte
promozionali comportanti prezzi più favorevoli per il consumatore”.
Il comma 3 del medesimo art. 1, inoltre, prevede che “I
contratti per adesione stipulati con operatori di telefonia e di reti
televisive e di comunicazione elettronica, indipendentemente dalla tecnologia
utilizzata, devono prevedere la facoltà del contraente di
recedere dal contratto o di trasferire le utenze
presso altro operatore senza vincoli temporali o
ritardi non giustificati e senza spese non giustificate da
costi dell’operatore e non possono imporre un obbligo di
preavviso superiore a trenta giorni“.
In verità, i gestori telefonici avevano sempre
aggirato la norma, continuando di fatto a imporre i famosi "contributi di
disattivazione" che in bolletta sono indicati come “importo per
dismissione; costo per attività di migrazione”ecc., ostacolando così il recesso
da parte dei consumatori. E suddetto recesso può arrivare a costare
(illegittimamente) dai 30 ai 100 Euro.
L’Agcom, autorità garante delle telecomunicazioni, sollecitata
dai consumatori, è più volte intervenuto sul punto con diverse delibere, qui
sotto elencate:
delibera
77-10-CIR
delibera 83-10-CIR
delibera 87-10-CIR
delibera 128-10-CIR
delibera 129-10-CIR
delibera 133-10-CIR
delibera 134-10-CIR
delibera 83-10-CIR
delibera 87-10-CIR
delibera 128-10-CIR
delibera 129-10-CIR
delibera 133-10-CIR
delibera 134-10-CIR
Nella
sostanza, come si evince dal tenore letterale dei vari provvedimenti adottati
dall’Autorità: “secondo l’orientamento
giurisprudenziale ormai consolidato (ex pluribus, Cass. Civ., sez. III, 17
febbraio 2006) l’emissione della bolletta
non costituisce un negozio di accertamento, idoneo a rendere certa ed
incontestabile l’entità periodica della somministrazione, ma solo un atto unilaterale di natura contabile
diretto a comunicare all’utente le prestazioni già eseguite secondo la
conoscenza ed il convincimento dell’operatore telefonico; resta dunque rettificabile in caso di divergenza con
i dati reali. Tanto premesso, sussiste in
capo all’operatore l’onere di provare l’esattezza dei dati posti a base
della fattura nel caso di contestazione del suo ammontare da parte dell’utente (Cass.
Civ. sez. III, 28 maggio 2004, n. 10313), la
società XXX avrebbe dovuto dimostrare
l’equivalenza degli importi fatturati a titolo di recesso ai costi
effettivamente sostenuti per la gestione della procedura di disattivazione,
in conformità a quanto previsto dall’articolo
1, comma 3, della legge n.40/2007”.
Ma vi è di più.
“Eventuali costi di
disattivazione posti a carico dell’utente, in assenza di prova contraria, sono del tutto ingiustificati, con esclusione dei soli costi di gestione pratica
valutati, all’esito dell’istruttoria svolta da questa Autorità, rispettivamente
in Euro 10 (Ricaricabili e Abbonamenti residenziali) ed Euro 14,00 (Abbonamento
Business) del gestore XXX”.
In breve: può essere richiesto all’utente il pagamento di somme che siano giustificate da costi che l’operatore sopporta per le
attività pertinenti al recesso. L’operatore deve quindi motivare
e giustificare i costi addebitati per il recesso anticipato. Costi che devono essere congrui e contenuti. Costi che sono BEN LONTANI dalle penali
avanzate dai gestori telefonici
In base all’interpretazione della legge, seguita dall’Autorità nei propri provvedimenti e confermata dal giudice amministrativo, i costi che l’operatore può richiedere in sede di recesso anticipato sono soltanto quelli strettamente connessi alle attività necessarie alla lavorazione del recesso, secondo principi economici di causalità e pertinenza.
In base all’interpretazione della legge, seguita dall’Autorità nei propri provvedimenti e confermata dal giudice amministrativo, i costi che l’operatore può richiedere in sede di recesso anticipato sono soltanto quelli strettamente connessi alle attività necessarie alla lavorazione del recesso, secondo principi economici di causalità e pertinenza.
Ad oggi non esiste un elenco dei costi giustificati per il recesso, quindi, nel caso il consumatore non ritenga congrua e motivata la somma richiesta dal proprio operatore, può presentare un reclamo scritto al gestore chiedendo di giustificare dettagliatamente gli importi addebitati.
Qualora il reclamo non vada a buon fine (per esempio perché l’operatore non risponde o perché, pur rispondendo, non fornisce una convincente giustificazione degli addebiti), l’utente per tutelare i propri interessi instaurando un contenzioso con l’operatore e/o può segnalare la vicenda all’Autorità con il modello D per l’avvio di un eventuale procedimento sanzionatorio nei confronti dell’operatore.
Diciamoci la verità: questo Ddl 2015 non suscita molto entusiasmo per
molteplici aspetti e ci auguriamo di non rivedere, come ciliegina di una
terribile torta, il ritorno in vigore delle penali da recesso anticipato!