giovedì 31 marzo 2016

Grillo: «Guidi beccata con le mani nel petrolio, Renzi e Boschi a casa con lei»



Attacco a gamba tesa di Beppe Grillo contro il Governo Renzi dopo la pubblicazioni delle intercettazioni delle conversazioni tra Guidi, Gemelli e il dirigente della compagnia petrolifera che opera in quel di Corleto Perticara a Potenza. “Scandalo Tempa Rossa, dopo la Guidi si dimettano anche Renzi e la Boschi". Secondo Grillo, fondatore del Movimento 5 stelle, "la misura è colma si devono vergognare a andare a casa subito. Ora si capisce perchè il Pd e il governo tifano per l'astensione sul referendum delle trivelle in programma il prossimo 17 aprile. Un referendum che intacca gli interessi delle compagnie petrolifere. Il compagno della Guidi indagato dalla Procura concordava con l'amata - evidenzia Grillo - emendamenti a favore degli impianti di Total legati al deleterio provvedimento Sblocca Italia. La Guidi chiedeva a sua volta l'avallo della Boschi, il tutto con Renzi che blindava i provvedimenti mettendo il voto di fiducia. L'emendamento marchetta al centro dello scandalo venne per prima denunciato alla Camera dal Movimento". La storia parte con lo Sblocca Italia dove fu proprio Mirella Liuzzi (M5S) a scoprirlo. "In quella occasione - continua Grillo - riuscimmo a bloccarlo nella notte del 17 ottobre 2014 grazie ad una dura lotta parlamentare. In seguito, il 15 dicembre 2014 il governo fu pescato nuovamente con le mani nei pozzi di petrolio. Il gioco sporco venne scoperto al Senato da parte di Gianni Girotto e Gianluca Castaldi esponenti pentastellati delle Commissioni Industria del Senato. L'emendamento vergogna era stato ripresentato da parte del Governo in legge di Stabilità. Fu così che la triplice alleanza petrolifera Renzi-Guidi-Boschi, tramite il voto di fiducia riuscì a blindare ed approvare il maxi-emendamento a firma BoschiLa Guidi si è già dimessa - conclude Beppe Grillo - se ne vadano a casa anche Renzi e con lui finalmente la Boschi".

Affare petrolio in Basilicata: il ministro Guidi si dimette


Travolta dal vortice delle polemiche a seguito dell'inchiesta della magistratura di Potenza sull'affare petrolio in Basilicata il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, ha rassegnato le dimissioni. E' chiaro che bisogna essere garantisti finché i gradi di giudizio non accerteranno la verità processuale con le dovute conseguenze. La vicenda è legata a proposito dell'emendamento che il governo stava per inserire nella Legge di Stabilità relativo ai lavori per il centro oli della Total in contrada Tempa rossa a Corleto Perticara (Potenza), nei quali il fidanzato della ministra Guidi, Gianluca Gemelli, aveva interesse essendo alla guida di due società del settore petrolifero. Il tutto è il seguito dell'inchiesta della magistratura potentina sullo smaltimento dei rifiuti legati alle estrazioni petrolifere.  Guidi, che non è indagata nell'inchiesta. Per Gemelli, compagno della Guidi, il gip di Potenza ha rifiutato l'arresto. Gianluca Gemelli risulta iscritto nel registro degli indagati. Nella lettera indirizzata al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, la dimissionaria ministra Federica Guidi scrive: "Caro Matteo, sono assolutamente certa della mia buona fede e della correttezza del mio operato. Credo tuttavia necessario, per una questione di opportunità politica, rassegnare le mie dimissioni da incarico di ministro. Sono stati due anni di splendido lavoro insieme. Continuerò come cittadina e come imprenditrice a lavorare per il bene del nostro meraviglioso Paese». 

Affare petrolio in Basilicata: l'inchiesta s'allarga e spuntano nomi eccellenti. Anche De Filippo

Sull’affare petrolio, in generale, in seguito all’inchiesta della magistratura potentina, risulta indagato anche l’ingegnere Gianluca Gemelli, imprenditore e compagno del ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi

Si tratta di emendamenti decisi dal governo e fatti poi approvare in Senato per favorire il compagno della ministra. C’è anche questo nell’inchiesta della magistratura di Potenza. È il 5 novembre del 2014. Dopo la bocciatura di un emendamento inserito nel decreto Sblocca Italia (avvenuta il 17 ottobre) per la realizzazione del contestato Progetto Tempa Rossa, Gianluca Gemelli chiama la compagna, Federica Guidi. La telefonata, in cui lei rassicura lui, è contenuta negli atti dell’inchiesta: «Dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato se è d’accordo anche Mariaelena (il ministro Boschi, specificano gli investigatori) quell’emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte, alle quattro di notte». Lui si informa se riguarda i suoi amici della compagnia petrolifera Total: «Quindi anche coso, vabbè i clienti di Broggi». E lei lo rassicura di nuovo: «Eh certo, capito? Te l’ho detto per quello». Avuta la notizia Gemelli chiama subito il rappresentante della Total: "La chiamo per darle una buona notizia..ehm.. .si ricorda che tempo fa c'è stato casino ... che avevano ritirato un emendamento ... ragion per cui c'erano di nuovo problemi su Tempa Rossa ... pare che oggi riescano a inserirlo nuovamente al Senato … ragion per cui ... se passa ... e pare che ci sia l'accordo con Boschi e compagni ... se passa quest'emendamento ... che pare ... siano d'accordo tutti ... perché la Boschi ha accettato di inserirlo... è tutto sbloccato! (risata) ... volevo che lo sapesse in anticipo! ... e quindi questa è una notizia ...". Dalle indagini fatte poi dagli agenti della squadra mobile della Polizia di Potenza è emerso che l'emendamento era stato inserito nel maxiemendamento alla Legge di stabilità del 2015, modificato dal Senato il 20 dicembre, con il quale si dava il via al progetto Tempa Rossa. Dalle carte emerge poi un incontro, datato 18 novembre 2014, tra il ministro Guidi, i rappresentanti della Total e il sottosegretario Simona Vicari. Dopo l’incontro il dirigente Total Cobianchi chiama Gemelli e gli dice: “A nome della società la ringrazio per averci fatto conoscere direttamente il ministro Guidi e per l’interessamento che ha avuto”. Gemelli risponde al telefono: “Assolutamente a disposizione, ce lo siamo detti dal primo giorno”. Gianluca Gemelli, compagno della ministra Guidi, è indagato per traffico di influenze illecite perché “sfruttando la relazione di convivenza che aveva col Ministro allo Sviluppo Economico - si legge nel capo d’imputazione contenuto nell’ordinanza - indebitamente si faceva promettere e otteneva da Giuseppe Cobianchi, dirigente della Total” le qualifiche necessarie per entrare nella “bidder list delle società di ingegneria” della multinazionale francese, e “partecipare alle gare di progettazione ed esecuzione dei lavori per l’impianto estrattivo di Tempa Rossa”. Nell’inchiesta è coinvolto anche Vito De Filippo. In una intercettazione il sottosegretario alla Salute chiede un favore a uno degli indagati, l’imprenditore Pasquale Criscuolo. “Ti mando una mia collaboratrice, se ti serve qualsiasi cosa è in condizione di risolverti molti problemi su Roma”, dice De Filippo. Dalle intercettazioni emerge la posizione dell'ex sindaco di Corleto P., Rosaria Vicino, che poteva contare su un importante consenso elettorale «da ricondursi anche ai posti di lavoro che la stessa riesce a far ottenere attraverso le pressioni esercitate nei confronti delle imprese impegnate nella costruzione del Centro Oli di Tempa Rossa, che si vedono costrette (in alcuni casi colluse) nell'assumere persone segnalate dal primo cittadino, in cambio del rilascio delle necessarie autorizzazioni comunali o in cambio di una più celere trattazione delle pratiche annesse (permessi di costruire), ovvero in cambio di vantaggi economici anche solo promessi derivanti da concessioni, delibere». In questo modo Vicino avrebbe ottenuto non solo «il controllo dell'elettorato attivo in vista delle prossime elezioni amministrative locali», ma anche «l'impegno del sottosegretario De Filippo a far assumere il figlio all'Eni». Più volte nelle intercettazioni De Filippo ha rassicurato la Vicino di un suo intervento «presso una non meglio specificata Azienda con sede in Roma (seppure mai menzionata espressamente potrebbe essere l'Eni spa)», scrive il giudice.
Tuonano le opposizioni
Nicola Fratoianni (Sinistra italiana-Sel): si dimetta, pronti a mozione di sfiducia "La vicenda delle intercettazioni che coinvolgono il ministro dello Sviluppo Guidi e il suo compagno è impressionante, perché dimostra quanto il tema del conflitto di interessi sia esplosivo per questo governo. Che paese è quello in cui una ministra telefona al compagno per annunciargli lo sblocco di una grande opera che ha a che fare con gli interessi del compagno stesso? E che paese e' quello in cui poi questo signore chiama una grande azienda per dire che la situazione si è sbloccata? La cosa più seria e dignitosa a questo punto sarebbe aver ricevuto la notizia delle dimissioni di Guidi. Accompagnate da una seria valutazione del governo sul tema del conflitto di interessi. Se questo non avverrà, si lavorerà con tutte le opposizioni e i parlamentari disponibili a una mozione di sfiducia”.  Michele Dell'Orco, capogruppo M5S Camera e Nunzia Catalfo capogruppo M5S Senato: “Scandalo Tempa Rossa a Potenza, si dimettano i Ministri Guidi e Boschi. La misura è colma si devono vergognare a andare a casa subito". "Ora si capisce il perché il Pd ed il governo tifano per l'astensione sul referendum delle trivelle che intacca gli interessi delle compagnie petrolifere - continuano Dell'Orco e Catalfo - il fidanzato della Guidi indagato dalla Procura concordava con l'amata emendamenti a favore degli impianti Tempa Rossa di Total legati al deleterio provvedimento Sblocca Italia e la Guidi chiedeva a sua volta l'avallo della Boschi". "Guarda caso il progetto è quello Tempa Rossa contro il quale il Movimento 5 Stelle si batte da oltre due anni" continuano i capigruppo M5S. "La miglior risposta a queste indecenze oltre alle dimissioni di Guidi e Boschi è andare tutti a votare domenica 17 aprile e votare sì contro le trivellazioni marine", concludono i pentastellati. Matteo Salvini, segretario federale della Lega Nord: "Lo scandalo Guidi? E' l'ennesimo, mostruoso conflitto d'interesse di questo governo. Più che Guidi o Boschi la vera responsabilità è quella di Matteo Renzi. E' lui che deve dimettersi. Al confronto Berlusconi era un principiante". Domenico Scilipoti Isgrò, senatore di Forza Italia: “Prima i padri con le banche e ora i fidanzati con il petrolio: questo Governo è un conflitto di interessi vivente. Il ministro Guidi rassegni le sue dimissioni”. Alessandro Cattaneo, membro del Comitato di Presidenza di Forza Italia e Responsabile Formazione del partito di Silvio Berlusconi: "Se ciò che stiamo leggendo in queste ore sul ministro Guidi e sulle sue chiamate con il compagno, all'interno delle quali il ministro lo rassicura sull'inserimento di emendamenti nel dicembre 2014 che a quanto pare favorivano nettamente le sue aziende, fosse vero, sarebbe chiaro a tutti che siamo di fronte a un caso sul quale il Governo non può non fare chiarezza. Sempre garantisti, ma di fronte a certe parole e fatti non si può che restare sorpresi e agire di conseguenza. Le intercettazioni sul Ministro Guidi sono sconcertanti". 

Petrolio, smaltimento illecito di rifiuti: ecco i nomi

Centro oli di Viggiano

Sono stati ritenuti responsabili a vario titolo, dagli inquirenti, di “attività organizzate per il traffico e lo smaltimento illecito di rifiuti”. I carabinieri per la tutela dell’ambiente hanno eseguito l’ordinanza, che prevede gli arresti domiciliari, a cinque funzionari e dipendenti del centro oli di Viggiano (Potenza) dell’Eni, dove viene trattato il petrolio estratto in Val d’Agri.  Il Procuratore della Direzione Nazionale Antimafia, Roberti, ha detto che “in questo caso non  si può parlare di eco-mafia perché con ci sono gruppi malavitosi, ma di delitti d’impresa legati allo smaltimento di rifiuti e quindi di reati ambientali, ai quali la procura nazionale antimafia ha rivolto particolare interesse”. Le persone arrestate sono esercenti eni: Roberta Angelini, Vincenzo Lisandrelli, Antonio Cirelli, Luca Baratti e Nicola Allegro. Divieto di dimora a Potenza per Salvatore  Lambiase, dirigente dell’Ufficio ambientale della regione Basilicata. Questo per quanto riguarda le attività di smaltimento rifiuti dal Centro Oli di Viggiano. In relazione invece al Cento Oli di Tempa Rossa di Corleto Perticara si ipotizzano condotte illecite da parte di due amministratori. Nell’ambito di questa indagine è agli arresti domiciliari l’ex sindaco di Corleto Perticara, Rosaria Vicino, nei confronti del vice sindaco dell’epoca, Giovanbattista Genovese, sono accusati di “plurime condotte di concussione e corruzione”. E' stata invece irrogata una misura di divieto di dimora a Corleto. Per due imprenditori: Lorenzo Maesilio e Vincenzo Cemente, è stata applicata la misura introduttiva della sospensione dell’esercizio dell’attività imprenditoriale. I provvedimenti cautelari, emessi dal gip del Tribunale di Potenza nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, sono stati eseguiti nelle province di Potenza, Roma, Chieti, Genova, Grosseto e Caltanissetta. Contestualmente agli arresti sono stati eseguiti due decreti di sequestro dai Carabinieri all’interno del centro oli, con possibili conseguenze sulla produzione di petrolio in Val d’Agri, dove si trovano giacimenti di idrocarburi di interesse nazionale. L’Eni non commenta e sottolinea di stare collaborando con la magistratura. A febbraio 2015 la Dda ha voluto far luce su un presunto traffico illecito di rifiuti, poi è stata la volta di emissioni in eccesso: in tutto quasi 50 gli indagati, tra colletti bianchi, ex dirigenti dell’Arpab, funzionari regionali e provinciali. Un altro sequestro ha riguardato gli impianti di Tecnoparco, a Pisticci (Matera), sempre nell’ambito dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Potenza. Eni, si legge sul sito del gruppo, “è presente in Basilicata in Val d’Agri e nelle aree di Pisticci e Ferrandina con attività di upstream petrolifero (ricerca e produzione di idrocarburi)”. In particolare, “la produzione complessiva di idrocarburi in Basilicata deriva prevalentemente dal Centro Olio Val d’Agri (Cova) e, in misura minore, dal Centro Olio di Pisticci e dalle 2 centrali a gas (Ferrandina e Pisticci)". In Basilicata si registra una produzione di 82.630 barili di petrolio al giorno e 3,98 milioni di standard metri cubi di gas al giorno.




martedì 29 marzo 2016

Sei i criminali informatici ai quali l'Fbi dà la caccia

Firas Dardar, nato il tre marzo 1989, di Homs. Pseudonimo adottato in rete: "The Shadow". È ricercato prima di tutto per il suo coinvolgimento attivo nella Syrian Electronic Army (SEA), un gruppo di hacker pro regime siriano. Tra il settembre del 2011 e il gennaio del 2014, sotto la bandiera della SEA ha sferrato ripetuti attacchi contro agenzie del governo statunitense, media internazionali e organizzazioni private. Ma si è dedicato anche ad attività estorsive ai danni di comuni utenti. 




Un altro componente della Syrian Electronic Army è Ahmad Al Agha, nato il 10 gennaio del 1994, a Damasco. Nickname: Th3 Pr0. Non sembra imputato di crimini legati ad attività fraudolente, ma per il suo impegno nella SEA sulla testa del giovane hacker siriano pende una taglia da ben 100mila dollari. 



Tre milioni di dollari. È la cifra che l'ente investigativo della polizia federale statunitense mette in palio per chiunque riveli informazioni utili all'arresto di Evgeniy Mikhailovich Bogachev, 33 anni, russo. Conosciuto con i nickname “lucky12345” e “slavik”, Bogachev avrebbe gestito un'impresa di racket che installava sul computer delle vittime un software dannoso, Zeus. Con l'obiettivo di rubare tutte le informazioni necessarie per accedere a conti bancari online.




Può essere definito un trasformista. Dato che Aleksei Belan, 28enne di Riga, in Lettonia, ha l'abitudine di tingersi i capelli per non essere identificato. Si dice che viaggi tra il suo paese natale, la Russia, le Filippine, le Maldive e la Grecia, dove è stato avvistato l'ultima volta. Sono 100mila i dollari messi a disposizione dall'Fbi a chiunque agevoli la sua cattura. Perché Belan ha violato i network di tre grandi compagnie di e-commerce degli Stati Uniti, rubandone i database, e poi ne ha negoziato la vendita.


Si tratta di una cospirazione criminale complessa, basata in Romania e in altri paesi europei, quella di cui fa parte Nicolae Popescu, classe 1980. I suoi membri pubblicano sui siti d'aste online annunci pubblicitari che sponsorizzano della merce in vendita inesistente. E attraverso un sofisticato sistema, che sfrutta agganci negli Stati Uniti e gli garantisce credibilità agli occhi degli acquirenti, riescono a truffarli.


Tra i criminali informatici più ricercati dall'Fbi ci sono anche dei membri dell'Esercito Popolare di Liberazione, cioè le forze armate della Repubblica Popolare Cinese. Come Sun Kai Liang. L'accusa è di frode telematica, accesso non autorizzato a dei computer con lo scopo di trarne vantaggi commerciali e guadagni privati, furto di identità e di segreti aziendali e spionaggio economico. 


L'Fbi viola l'iPhone Apple

di Gaia Bottà

L’iPhone 5C si può violare: non è dato sapere quali siano le modalità, ma il successo delle autorità statunitensi nell'accedere all'iPhone del killer di San Bernardino è ufficiale. Il Dipartimento di Giustizia ha annunciato la deposizione del contenzioso in corso con il quale si chiedeva a Cupertino di collaborare per facilitare le forze dell'ordine nello scardinamento delle protezioni a presidio del terminale al centro delle indagini. Il caso, aperto nel mese di febbraio, faceva leva sul fatto che l'FBI non avesse strumenti adeguati a forzare le protezioni erette da Apple: sulla base dell'All Writs Act era stata formulata un'ingiunzione con la quale si imponeva a Cupertino di collaborare per sviluppare del software ad hoc per permettere agli inquirenti di crackare agevolmente l'iPhone 5C di uno dei responsabili della strage di San Bernardino per poter indagare sulle sue intenzioni terroristiche. La levata di scudi dell'industria di settore, a supporto dell'opposizione di Apple all'ingiunzione, non era servita a dissuadere le autorità statunitensi: il confronto nel quale si sarebbe dovuto discutere della legittimità delle richieste dell'FBI era stato rimandato la scorsa settimana non per il ravvedimento delle forze dell'ordine, ma perché le autorità statunitensi intendevano mettere alla prova una soluzione tecnica che avrebbe reso superfluo l'intervento di Apple. L'hack, si apprende ora, si è dimostrato efficace, almeno per l'iPhone 5C oggetto del contenzioso. Quello che rimane nell'ombra sono i dati su cui l'FBI avrebbe voluto mettere le mani, e con quali soluzioni li abbia ottenuti. Nei giorni scorsi si sono affollate le speculazioni riguardo alle possibilità di sboccare il terminale e di guadagnare accesso alle informazioni che ospita, oltre all'opzione della collaborazione dell'israeliana Cellbrite e del meno probabile intervento di John McAfee. C'è chi suggeriva lo sfruttamento di vulnerabilità software ancora ignote ai più, mentre altri hanno scommesso sulle soluzioni che prevedono un intervento sull'hardware. Edward Snowden suggeriva ad esempio la possibilità di agire con una soluzione di decapping per l'estrazione dei dati agendo sul chip del dispositivo, tecnica che avrebbe comportato rischi per l'integrità dei dati stessi. Si è poi dibattuto di una tecnica di NAND mirroring, messa alla prova dall'esperto di computer forensics Jonathan Zdziarski per dimostrare come sia possibile, giocando sull'hardware per evitare il blocco dei tentativi di accesso, portare a termine un attacco di tipo brute force per individuare il PIN per sbloccare un iPhone con iOS9. Quel che è assodato, per ora, è che la revoca dell'ingiunzione consentirà alle autorità statunitensi di mantenere il riserbo, a meno che Cupertino, o le associazioni che si battono per i diritti dei cittadini come EFF o ACLU, non ottengano l'invocata trasparenza. Apple, dal canto suo, ribadisce da una parte la propria intenzione di collaborare con la forze dell'ordine qualora formulino delle richieste legali, e non impongano di socchiudere delle pericolose backdoor, dall'altra l'impegno a "aumentare la sicurezza dei prodotti dal momento che le minacce e gli attacchi ai nostri dati diventano sempre più frequenti e più sofisticati".

lunedì 28 marzo 2016

La stampa inglese su Regeni



Investigatori egiziani che indagano sull'omicidio dello studente italiano Giulio Regeni hanno deciso di estendere l'indagine dopo le pressioni da Roma, secondo Angelino Alfano, il ministro degli interni italiano. Il governo italiano si era opposto alle insistenze autorità egiziane che avevano individuato un gruppo criminale legato all'omicidio di Regeni, un 28-year-old studente laureato Cambridge University, dopo aver ucciso quattro membri della banda e di trovare il passaporto dello studente in un appartamento sospetto.
media italiani e fonti diplomatiche occidentali al Cairo avevano espresso sospetti che i servizi di sicurezza egiziani avevano rapito Regeni e poi torturato a morte.
"E 'importante che, a fronte della nostra enfasi sulla ricerca della verità, gli egiziani abbiano cambiato virata in poche ore e ci hanno detto che le loro indagini continuano", "I nostri investigatori dovrebbero essere direttamente coinvolti, partecipando a interrogatori e raccolta di prove ... Il nostro contributo è essenziale. Ripeto per i genitori di Giulio e al pubblico italiano che il governo italiano avrà il nome degli assassini." Regeni scomparve nel centro del Cairo il 25 gennaio. Il suo corpo è stato trovato nove giorni dopo, sul lato di un'autostrada, mostrando segni di tortura. Secondo fonti governative, Matteo Renzi, il primo ministro italiano, ha promesso genitori dello studente che Roma avrebbe continuato a fare pressione sull'Egitto per stabilire i fatti della sua morte. I genitori di Regeni hanno già detto alla stampa italiana che erano "ferite e amare" al più tardi il tentativo delle autorità egiziane per spiegare l'omicidio del figlio.

Sondaggio Ixè: crescono Pd, M5S e Lega Nord. Cala la fiducia in Renzi e nel Governo


Crescono nei sondaggi sia Pd che M5s e Lega Nord. A rilevarlo sono le intenzioni di voto dell’Istituto Ixè. Il 78 per cento degli intervistati non è soddisfatto delle scelte economiche dell’esecutivo fatte in due anni. Il 71% dà torto al ministro dell’Economia Padoan che ha parlato di svolta e inizio della crescita per l’Italia. Rimane, dunque, bassa la quota di chi vede segni di ripresa: questa settimana gli ottimisti sono il 27%.
In riferimento alle intenzioni di voto, il partito del presidente del Consiglio Renzi passa, in una settimana, dal 33,8% al 34,3% mentre il Movimento 5 stelle si assesta al 24,5% (+0,4%). Balzo in avanti di mezzo punto anche per la Lega Nord (dal 14,2% al 14,7%), a differenza di Forza Italia, che scende dall’11,2% al 10,6%. Se si votasse oggi, l’affluenza sarebbe al 59,6%. Stabili al 31% e 30% la fiducia in Matteo Renzi e nel governo, secondo l’Istituto di Roberto Weber. Al comando, tra i leader politici italiani, c’è sempre il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al 59%. Papa Francesco veleggia all’85%.
Renzi ottiene una “insufficienza” anche nel capitolo immigrazione: il voto medio degli intervistati è 5. Il campione si dimostra però contrario ai “muri” alzati da alcune nazioni (54% contro il 38%) e ritiene a grande maggioranza che l’immigrazione sia un fenomeno irreversibile da trasformare in opportunità (55%) piuttosto che semplicemente da arginare (34%).
Questo il quadro complessivo delle intenzioni di voto (tra parentesi la differenza percentuale rispetto alla scorsa settimana). – PD 34,3% (+0,5). – M5S 24,5% (+0,4). – LEGA NORD 14,7% (+0,5). – FORZA ITALIA 10,6% (-0,6). – SINISTRA ITALIANA 5,3% (+0,8). – FDI 3,3% (-0,3). – AP (NCD+UDC) 3,0% (+0,3). – PRC 1,3% (+0,3). – IDV 1,0% (-0,2). – VERDI 0,5% (-0,2). – SC 0,3% (-0,1).

Attentato 22 marzo 2016 alla metro di Bruxelles: coincidenze davvero incredibili

LE SOIR
24 novembre 2015
Infrabel, l'infrastruttura ferroviaria, ha annunciato il rinvio della messa in servizio del tunnel "Schuman-Giosafat" prevista per il 13 dicembre. Si tratta di un risultato indiretto della minaccia terroristica a Bruxelles. Prima della messa in funzione di questo tunnel, abbiamo dovuto organizzare una grande esercitazione disastro che riunisce 200 extra (figuranti) per testare i dispositivi di sicurezza. L'indisponibilità di alcuni servizi di emergenza attuali mobilitate per la protezione della popolazione costringe Infrabel di rinviare l'organizzazione di quest'anno al 9 aprile 2016. Il collegamento è strategico per la mobilità verso e all'interno di Bruxelles. Esso consente di alleviare la giunzione pomeriggio nord e collegare direttamente il quartiere europeo per l'aeroporto Zaventem.


foto dell'esercitazione dal video di Rtfb
RTBF
26 febbraio 2016
Circa 300 persone hanno partecipato all'esercizio di sicurezza del tunnel Schuman-Josaphat. Il gestore dell'infrastruttura ferroviaria belga, Infrabel e l'Alto ufficiale della regione di Bruxelles coordinato, nella notte di giovedì al venerdì (25-26 febbraio 2016), tra mezzanotte e le 04:00, un esercizio di sicurezza nel tunnel Schuman-Giosafat. Questa simulazione è stata eseguita in presenza del Ministro della Sicurezza e dell'Interno Jan Jambon, Segretario di Stato per Bruxelles Medical Aid urgente Cécile Jodogne ma anche per la Commissione europea, il direttore della Sicurezza Ilkka Salmi e il capo della protezione dell'unità e gestione Sonnenschein Richard crisi. L'obiettivo è quello di testare a grandezza naturale la sicurezza nelle gallerie. In conformità con gli standard europei, questo esercizio è un prerequisito per ottenere l'approvazione di questa nuova infrastruttura sarà commissionato il 4 aprile. Il dispiegamento campo di tutti i servizi di emergenza è effettivamente un esercizio di prova per la regione in una vera e propria crisi. In totale, quasi 300 persone sono state mobilitate, vale a dire circa 150 comparse, un centinaio di membri dei servizi di emergenza e una cinquantina di persone per inquadrare. Quaranta extra giocati feriti. Tra emergenza personale inclusi tra gli altri, la Polizia Federale delle Ferrovie, la polizia locale di Bruxelles e zone settentrionali, la Croce Rossa, i vigili del fuoco e servizi comunali di assistenza psicologica alle vittime. Nello scenario, un viaggiatore vede il fumo e suona l'allarme. Il conducente esegue una frenata di emergenza, informare il centro di controllo e ha fatto un giro del treno. Un incendio. I vigili del fuoco intervengono in base alle procedure stabilite nelle gallerie. La prima squadra è responsabile per localizzare le vittime e gli incendi. Il secondo per spegnere il fuoco e il terzo salvataggio. In superficie, la polizia ha bloccato il traffico intorno alla rotonda Schuman. Il Brussels Schuman Control Room è operativa 24 ore su 24. L'operatore ha una visione di circa 170 telecamere distribuite nella stazione come il tunnel. In caso di incidente, la posizione del treno è indicato per gli 10 metri. È inoltre in grado di individuare i fuochi attraverso una fibra ottica che attraversa il tunnel e che fonde le esotermici. Uno scenario di soccorso si attiva automaticamente in base a questi dati. Esso comporta l'accensione dell'illuminazione batteria e l'attivazione dei sistemi di estrazione fumi. Per ricapitolare, il tunnel Schuman-Josaphat è un lavoro di 1.250 metri di lunghezza che permetterà l'accesso diretto dal quartiere europeo - e quindi anche delle stazioni sulla linea 161 Namur / Ottignies-Bruxelles - Bruxelles-Airport, in transito attraverso la linea 26 che costeggia est di Bruxelles.
IL FATTO
22 marzo 2016

Prima l’aeroporto, poi la metropolitana: Bruxelles è sotto attacco terroristico (leggi l’analisi). Alle otto “due kamikaze” dopo avere “gridato in arabo” si sono fatti esplodere nello scalo internazionale di Zaventem devastando la sala partenze internazionali e uccidendo 15 persone, mentre altre ottanta sono rimaste ferite gravemente. Un’ora dopo sono scoppiati ordigni in metropolitana, tra le stazioni di Maelbeek e Schuman, nel cuore del quartiere che ospita le istituzioni Ue.

Una rete locale di terroristi dietro agli attentati di Bruxelles

di Jason Burke

Dal quotidiano britannico The Guardian




È stata una vendetta? La prova dell’esistenza di una nuova cellula terroristica e dell’incompetenza dei servizi di sicurezza belgi? Un segno che la rete di Salah Abdeslam, responsabile logistico degli attentati a Parigi dello scorso anno e arrestato a Bruxelles venerdì 18 marzo, è ancora attiva? Oppure, data la scarsità di dettagli sugli eventi di questa mattina, nessuna di queste ipotesi è plausibile?
Gli attentati di Bruxelles evidenziano alcuni punti fondamentali.
Il primo è che, come è ovvio, la minaccia jihadista in Europa può diminuire o crescere, ma non scompare solo perché un singolo esponente è stato arrestato, per quanto attesa fosse la sua cattura. “L’importante colpo” inferto venerdì, come lo hanno definito vari politici di spicco, adesso appare meno importante.
Il secondo punto è che sia i terroristi sia quelli che tentano di fermarli cercano di mantenere l’iniziativa. La cosa ha degli aspetti pratici e psicologici. Le agenzie di controterrorismo cercano di ottenere informazioni abbastanza velocemente da poter organizzare dei blitz e neutralizzare i sospetti prima che abbiano il tempo di capire chi di loro è stato catturato e chi potrebbe aver parlato, e ovviamente anche prima che possano pianificare un nuovo attacco. Le reti terroristiche si disgregano facilmente se sottoposte a una simile pressione costante, come è stato mostrato in Iraq a metà del decennio scorso.
Per i terroristi, l’obiettivo è mostrare di essere ancora in grado di terrorizzare, agire rapidamente e radicalizzare lo scontro grazie alla violenza. Non si tratta tanto di vendetta, ma più semplicemente di dimostrare che la loro capacità di colpire è intatta. Come se volessero dire: siamo stati colpiti, ma ci siamo ancora.
Una rete organizzata
Il ministro degli esteri belga, Didier Reynders, ha dichiarato domenica che Abdeslam ha detto agli inquirenti che stava pianificando un nuovo attacco nella capitale: “Era pronto a organizzare qualcosa di nuovo a Bruxelles, e potrebbe essere vero poiché abbiamo trovato moltissime armi, armi pesanti, nelle prime indagini, e abbiamo anche scoperto una nuova rete intorno a lui a Bruxelles”, ha spiegato Reynders.
Questa rete potrebbe essere riuscita ad agire prima di venire smantellata dai servizi di sicurezza. È possibile che includesse due altri uomini sospettati di aver avuto un ruolo centrale negli attentati di Parigi e che sono in fuga da novembre.
Mohamed Abrini, 31 anni, un belga di origini marocchine, è scomparso dopo aver avuto un ruolo apparentemente fondamentale nella pianificazione e nella logistica degli attentati di novembre. È un amico d’infanzia di Abdeslam – le loro famiglie erano vicine di casa nel quartiere di Molenbeek, a Bruxelles, da dove provenivano molti degli attentatori di Parigi – e nel suo mandato d’arresto internazionale di quattro mesi fa era descritto come “pericoloso e probabilmente armato”.
La polizia sta anche cercando un sospetto noto solo con lo pseudonimo di Soufiane Kayal. L’uomo ha presentato documenti falsi con quel nome quando è stato controllato alla frontiera tra Austria e Ungheria il 9 settembre. Stava viaggiando con Abdeslam e Mohamed Belkaïd, un algerino di 35 anni ucciso il 15 marzo durante il blitz della polizia a Bruxelles. I tre uomini si erano finti turisti diretti a Vienna per vacanza e non avevano sollevato sospetti.
Questa è la realtà dell’estremismo islamico contemporaneo in Europa. Non si tratta di cani sciolti.
Ma la rete include sicuramente molti altri. È chiaro dal tempo trascorso in fuga da Abdeslam che l’uomo ha ricevuto il sostegno di decine di persone, se non di più. Questa è la realtà dell’estremismo islamico contemporaneo in Europa. Non si tratta di cani sciolti o di attori solitari bensì di un piccolo ma significativo numero di persone inserite in comunità o quartieri più ampi.
Queste persone condividono le opinioni estremiste degli attentatori o, quantomeno, sono pronti ad aiutarli per amicizia, vincoli familiari o entrambe le cose. Alcuni studi hanno mostrato che moltissimi attentatori accennano ai loro piani con le persone appartenenti ai loro circoli sociali ristretti.
Alcune di loro si rivolgono alla polizia. Secondo la stampa francese, sarebbe stata una soffiata giunta dall’interno della comunità ad aver condotto le forze di sicurezza ad Abdeslam la scorsa settimana. Altre invece scelgono di tacere.
Uno dei problemi dei servizi di sicurezza è che gli individui che hanno aiutato gli attentatori senza commettere personalmente azioni violente possono trasformarsi, facilmente e velocemente, in kamikaze o terroristi in alcune circostanze, come l’arresto di una personalità importante della rete o della famiglia o nel caso di ordini provenienti da dirigenti più importanti, magari dall’estero.
Nonostante la visione globale degli ideologi estremisti e la dimensione internazionale attribuita a gruppi come lo Stato islamico o Al Qaeda, questo terrorismo è soprattutto locale.
Negli ultimi decenni, quasi tutti gli attentati in Europa sono stati compiuti da persone del posto che hanno attaccato obiettivi locali con materiali e armi ottenuti localmente. È probabile che sia andata così anche nel caso degli attentati di Bruxelles.

domenica 27 marzo 2016

Isis: una creatura a stelle e strisce? Nata per giustificare la guerra all'estero e la repressione sul territorio americano

tratto da neovitruvian.wordpress.com

Attraverso titoli terrificanti e video scioccanti, l’ISIS viene utilizzata come strumento per giustificare la guerra in Medio Oriente e per provocare paura e panico in tutto il mondo. No, questa non è una “teoria della cospirazione”, è semplicemente il più vecchio trucco utilizzato dall’elite. L’ISIS è stata creata dalle forze che la combattono.
Fin dalla creazione delle nazioni democratiche – quando ancora l’opinione pubblica contava – la classe politica era posta di fronte ad un dilemma: La guerra è necessaria per ottenere il potere, la ricchezza, e il controllo, ma il pubblico ha la tendenza ad essere contrario ad essa. Cosa fare? La risposta è stata trovata decenni fa ed è ancora utilizzata con successo oggi: Creare un nemico così terrificante che le masse implorino il governo di andare in guerra.
Questo è il motivo dell’esistenza dell’ISIS. Questo è il motivo per cui i video delle decapitazioni sono così “ben prodotti” e pubblicizzati in tutto il mondo attraverso i media mainstream. Questo è il motivo per cui le fonti di notizie riportano regolarmente titoli allarmistici circa l’ISIS. Essi sono utilizzati per servire al meglio gli interessi delle élite mondo. Gli obiettivi sono: influenzare l’opinione pubblica per favorire l’invasione dei paesi del Medio Oriente, fornire un pretesto per l’intervento di una “coalizione” internazionale e produrre una minaccia nazionale che verrà utilizzata per togliere i diritti e aumentare la sorveglianza. In breve, l’ISIS è un altro esempio della tattica secolare utilizzata per creare un nemico terribile in modo spaventare le masse.
“Inoltre, mentre l’America diventa una società sempre più multi-culturale, potrebbe essere più difficile costruire un consenso su questioni di politica estera, tranne in circostanze di una minaccia esterna diretta.” Zbigniew Brzezinski, La Grande Scacchiera
Circa un decennio dopo l’invasione dell’Iraq (che è ancora una zona pericolosamente caotica), la maggior parte concorda sul fatto che la guerra si basò su false premesse. Il pubblico alla fine riconobbe che le “armi di distruzione di massa” abbondantemente propagandate da George W. Bush e Donald Rumsfeld erano una totale invenzione. Nonostante questo fatto, gli Stati Uniti ed i suoi alleati (insieme con il Consiglio delle Relazioni Estere e ad altri gruppi di opinione internazionali elitari) stanno ancora cercando di spingere la guerra in Medio Oriente, con la Siria come uno degli obiettivi primari. Mentre il pubblico in tutto il mondo occidentale fosse decisamente contro l’invasione non provocata della Siria, un unico evento mediatico ha cambiato completamente le carte in gioco: un breve video in cui un jihadista mascherato decapita un giornalista americano.
La protesta è stata immediata. Come potrebbe non esserlo stato? Girato in alta definizione, con una perfetta illuminazione cinematografica, i video delle decapitazioni sono messi a punto per generare una sensazione viscerale di orrore e terrore. Vestito con un abito arancione che ricorda quelli utilizzati nelle prigioni di Guantanamo Bay, un giornalista occidentale indifeso viene giustiziato da un fanatico barbaro vestito di nero, mentre agita in aria un coltello. Non esiste idea migliore per manipolare l’opinione pubblica al fine di scatenare una guerra. Come effetto “bonus”, il video suscita isteria anti-islamica in tutto il mondo, un sentimento che viene costantemente sfruttato dall’élite mondiale.
Poco dopo, viene dichiarata guerra all’ISIS, quasi come se fosse stato pianificato da mesi. In un’intervista con USA Today, l’ex direttore della CIA Leon Panetta ha dichiarato che gli americani stessi dovrebbero prepararsi per una guerra di 30 anni che si estenderà ben oltre la Siria:
“Penso che ci troviamo davanti ad una guerra di 30 anni,” , che dovrà estendersi oltre lo Stato islamico per includere minacce emergenti in Nigeria, Somalia, Yemen, Libia e altrove. USA Today, Panetta: ’30-year war’ and a leadership test for Obama
In sostanza, nel giro di pochi mesi, un gruppo terroristico letteralmente spuntato fuori dal nulla, causando caos nelle regioni che gli Stati Uniti e i loro alleati cercano di attaccare da anni. Il suo nome: Stato islamico siriano, o ISIS. Il nome stesso è simbolico e rivelatore. Perché un gruppo “islamico”, prende il nome da un’antica dea egizia? Forse perché è una delle figure preferite dell’elite occulte – i veri colpevoli dietro gli orrori del’ISIS.
CONTINUAZIONE DELLA STORIA
L’idea della CIA che finanzia un gruppo islamico per favorire i propri interessi politici non è esattamente “inverosimile”. In realtà, ci sono diversi casi evidenti nella storia recente in cui gli Stati Uniti hanno apertamente sostenuto i gruppi islamici estremisti (soprannominati “combattenti per la libertà” nei mass media). L’esempio più flagrante e ben documentato è la creazione dei mujaheddin in Afghanistan, un gruppo che è stato creato dalla CIA per attirare l’URSS in una “trappola afghana”. Il termine mujaheddin descrive “musulmani che lottano sul sentiero di Allah” e deriva dalla parola “jihad”. Il “grande nemico” di oggi era l’amico del passato. Un importante architetto di questa politica fu Zbigniew Brzezinski uno degli statisti più influenti nella storia degli Stati Uniti. Da JFK a Obama, Brzezinski è stato una figura importante che ha plasmato la politica degli Stati Uniti in tutto il mondo. Creò anche la Commissione Trilaterale con David Rockefeller. Nel seguente estratto da un’intervista del 1998, Brzezinski spiega come i mujaheddin sono stati utilizzati in Afghanistan:
Domanda: L’ex direttore della CIA, Robert Gates, ha dichiarato nelle sue memorie ["From the Shadows"], che i servizi segreti americani cominciarono ad aiutare i Mujahadeen in Afghanistan sei mesi prima dell’intervento sovietico. In questo periodo tu eri il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Carter. Hai quindi giocato un ruolo in questa vicenda. E ‘corretto?
Brzezinski: Sì. Secondo la versione ufficiale della storia, l’aiuto della CIA nei confronti dei Mujahadeen è iniziato nel corso del 1980, vale a dire, dopo che l’esercito sovietico invase l’Afghanistan, il 24 dicembre 1979. La realtà, segretamente custodita fino ad ora, è completamente diversa, infatti, fu il 3 luglio del 1979 la data in cui il presidente Carter firmò la prima direttiva per aiutare segretamente gli oppositori del regime filo-sovietico di Kabul. E quel giorno, ho scritto una nota al presidente in cui spiegai che a mio parere questi aiuti avrebbero provocato un intervento militare sovietico. Le Nouvel Observateur, l’intervento della CIA in Afghanistan
Pochi decenni dopo, questi “combattenti per la libertà” si sono trasformati in terroristi talebani, tra i quali Osama bin-Laden, inizialmente un agente della CIA e successivamente nemico pubblico n ° 1. Il gruppo è stato poi usato per giustificare la guerra in Afghanistan. Si tratta di uno dei numerosi esempi in cui è stato creato un gruppo islamico, finanziato e utilizzato per promuovere gli interessi degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti hanno anche sostenuto la Fratellanza Musulmana in Egitto, il Sarekat Islam in Indonesia, il Jamaat-e-Islami in Pakistan, e il regime islamico di Arabia Saudita per contrastare la Russia.
“L’America non ha amici o nemici permanenti, solo interessi”. Henry Kissinger
DETTAGLI DISCUTIBILI DELL’ISISL’ISIS è la nuova Al-Qaeda, completamente adattata ai tempi moderni. Spuntando dal nulla nel giro di pochi mesi, l’ISIS apparentemente si è assicurata un gran numero di risorse, armi, attrezzature multimediali high-tech e specialisti in propaganda. Da dove provengono i soldi e il know-how?
La storia del leader dell’ISIS, Abu Bakr al Baghdadi, è estremamente torbida. Secondo alcuni rapporti, al Baghdadi è stato arrestato dagli americani a Camp Bucca in Iraq per un certo numero di anni. Alcuni ipotizzano che è durante questo periodo che iniziò a collaborare con la CIA.
“Fu catturato dagli americani nel 2005 e venne trattenuto a Camp Bucca nel soffocante sud dell’Iraq per anni, anche se è difficile individuare le circostanze e la tempistica della sua liberazione. In ogni caso, fu libero dal 2010 e fu talmente attivo nel movimento jihadista che assunse il controllo del ramo iracheno di al Qaida dopo la morte dei due superiori “. Miami Herald, Who is Iraq’s Abu Bakr al Baghdadi, world’s new top terrorist?
Poco dopo il suo rilascio, al Baghdadi salì rapidamente tra i ranghi di Al-Qaeda, accumulò una fortuna, fu espulso da Al-Qaeda, e ora conduce l’ISIS. Venne supportato da forze esterne? Durante la sua prima apparizione pubblica come capo dell’ISIS, al Baghdadi ha ordinato ai musulmani di obbedire a lui come “il leader al vostro comando.” E’ stato anche visto indossare un orologio costoso, probabilmente un Rolex, un Sekonda o un Omega Seamaster – tutti costano un paio di migliaia di dollari. Una scelta di moda strana per un leader che ha giurato di comabattere la “decadenza occidentale”
Configurati per il massimo effetto teatrale, i video hanno dettagli discutibili. In primo luogo, perché le vittime prossime alla decapitazione sono così calme e tranquille? Inutile dire che una persona in procinto di essere sgozzata è in stato di panico e terrore. Perché non sgorgava sangue quando il coltello ha tagliato la gola della vittima? E, infine, perché il boia è mascherato? Perché si è preoccupato di indossarla? Perché, inoltre, parla con un accento inglese? Soprannominato “Jihadist John” dai giornali di scarsa qualità occidentali, è un modo per dire al pubblico che gli estremisti possono provenire da occidente in modo da essere dubbiosi anche del proprio vicino di casa.
Il materiale di propaganda utilizzato dall’ISIS è moderno e prodotto con attrezzature sofisticate e realizzato da produttori stagionati. La loro qualità è un gradino sopra la solita “propaganda islamica” che si trova in circolazione nel Medio-Oriente.
Naomi Wolf, l’autore ed ex consigliere di Bill Clinton ha attirato una valanga di critiche, quando ha espresso scetticismo riguardo l’ISIS chiedendo rigore giornalistico.
Il post venne cancellato.
Naomi Wolf ha buone ragioni per parlare dell’ISIS. Nel suo libro del 2007, “The End of America”
​​, la  Wolf ha delineato 10 passi necessari ad un gruppo fascista (o governo) per distruggere il carattere democratico di uno stato-nazione e sovvertire le libertà sociali e politiche precedentemente esercitate dai suoi cittadini.
Creare un nemico interno ed esterno terrificante
Creare prigioni segrete in cui ha luogo la tortura
Sviluppare una casta delinquente o forza paramilitare che non risponde ai cittadini
Impostare un sistema di sorveglianza interno
Molestare gruppi di cittadini
Impegnarsi nella detenzione arbitraria e nel rilascio
Avere come obiettivo individui chiave
Controllare la stampa
Trattare tutti i dissidenti politici come traditori
Sospendere lo Stato di diritto
Mentre il pubblico nel mondo occidentale si affretta a etichettare chiunque metta in discussione una storia ufficiale come un “teorico della cospirazione”, il pubblico in Medio Oriente è molto scettico sull’ISIS e sulla sua cosiddetta “Jihad”. Ad esempio, in Libano e in Egitto, l’idea che l’ISIS sia una creazione degli Stati Uniti era così diffusa (funzionari di alto grado lo sostengono), che l’ambasciata americana a Beirut dovette negare tali voci.
Per molti abitanti del Medio Oriente, le azioni e il modus operandi dell’ISIS sono sospetti. Il gruppo infatti sembra essere fatto su misura per aiutare gli Stati Uniti e la coalizione a raggiungere i suoi obiettivi militari in Medio Oriente.
Questa mappa mostra le attuali roccaforti ISIS. Come potete vedere, si trovano esattamente dove la coalizione ha cercato per anni di mettere le sue sporche mani.
Quando la minaccia ISIS si diffonderà ai paesi vicini, ciò consentirà attacchi militari non provocati contro varie nazioni. E’ solo una questione di tempo prima che gli attacchi aerei saranno considerati inefficaci e le truppe di terra diverranno necessarie. Alla fine, queste operazioni potranno completare un piano a lungo termine per ri-organizzare il Medio Oriente, eliminando eventuali minacce per Israele e aumentando significativamente la pressione sull’Iran, rimanendo l’unica forza islamica della regione.
L’ISIS UTILIZZATO PER LA REPRESSIONE INTERNADisgustati dai video delle decapitazioni, la maggior parte degli occidentali è a favore dell’annientamento dell’ISIS. Naturalmente, non si rendono conto che questo stesso fervore li porterà a diventare vittime dei loro stessi governi.
Nelle ultime settimane, l’ISIS ha emesso diverse minacce a paesi specifici, causando il panico in ogni uno di loro, spingendo i governi ad “agire”. Purtroppo, “agire” significa ridurre la libertà di parola aumentando la sorveglianza. Il Canada sta già utilizzando l’ISIS come un motivo per spiare i cittadini e sta lavorando su nuove leggi che permettono una maggiore sorveglianza.
“Il capo della agenzia di spionaggio del Canada ha detto che non ci sono segni di un attacco terroristico imminente contro il paese, ma le autorità stanno monitorando 80 sospetti terroristi canadesi che sono tornati a casa da violenti hot spot in tutto il mondo.
Coulombe ha detto che gli 80 sospetti non sono stati imputati a causa della difficoltà in corso nel raccogliere prove concrete contro di loro.
Il Ministro della Pubblica Sicurezza Steven Blaney ha detto che introdurrà nuovi strumenti legislativi nelle prossime settimane per aiutare le forze dell’ordine nel rintracciare i terroristi”
Blaney non ha fornito dettagli su ciò che queste nuove misure comporteranno.
– Toronto Sun, CSIS keeping watch on 80 Canadian terror suspects nationwide
Nel Regno Unito, i conservatori hanno presentato l'”Extremist Disruption Orders”, un elenco di regole senza precedenti che avranno gravi implicazioni sulla libertà di parola.
“I messaggi degli estremisti su Facebook e Twitter dovranno essere approvati preventivamente dalla polizia in base alle regole radicali previste dai conservatori.
Potrà essere impedito loro anche di parlare in occasione di eventi pubblici se rappresentano una minaccia per “il funzionamento della democrazia”.
Theresa May, il ministro degli Interni, getterà i piani per permettere ai giudici di vietare trasmissioni o proteste in alcuni luoghi, così come l’associazione a persone specifiche. “
– The Telegraph, Extremists to have Facebook and Twitter vetted by anti-terror police
CONCLUDENDOL’ISIS ha tutte le caratteristiche di un gruppo jihadista sponsorizzato dalla CIA, creato per facilitare la guerra all’estero e la repressione in patria. Se guardiamo la storia del “divide et impera” nel Medio-Oriente o i dettagli sospetti riguardanti l’ISIS e le ripercussioni della sua esistenza nel mondo occidentale, si può facilmente vedere come l’ISIS è la continuazione di un modello evidente. La domanda più importante da porsi è questa: Chi trae vantaggio dalla presenza dell’ISIS e del terrore che genera? Che cosa ci guadagna l’ISIS creando un video che provoca i più potenti eserciti del mondo? Gli attacchi aerei? D’altra parte, che cosa la classe dominante del mondo occidentale ha da guadagnarci? Ovviamente il denaro da guerra ed armi, il controllo del Medio Oriente, il sostegno ad Israele, l’aumento dell’oppressione e la sorveglianza sulle popolazioni nazionali e, infine, il mantenimento delle masse in un costante stato di terrore.
In breve, è stato ritenuto necessario alimentare il panico in tutto il mondo, attraverso il caos in Medio Oriente per arrivare ad un nuovo ordine mondiale. ‘Iside’, la dea egizia e madre di Horus, è il nome di una delle figure più importanti per l’elite massonica. Il loro motto? Ordo ab Chao … ordine dal caos

L'ombra della Cia e degli Usa su chi ha armato e addestrato i terroristi dell'Isis. Il silenzio dell'occidente democratico

Da sinistra: il portavoce dell'ISIS Abu Mosa, il leader dell'ISIS Abu Bakr Al Baghdadi, 
il senatore USA John McCain, il portavoce del Fronte Nusra Mohammad Nour

La pistola fumante è una foto. È stata scattata il 27 maggio 2013 a Idleb, nel nord della Siria. Ritrae Mohammad Nour, Salem Idriss, Abu Mosa, John McCain e Ibrahim al Badri. Il primo è il portavoce del Fronte al Nusra (Al Qaida in Siria). Il secondo è il capo dell’Esercito siriano libero (responsabile in Siria di raccapriccianti massacri). Il terzo è il portavoce dell’Isis, il quarto è un senatore degli Stati Uniti, nonché ex candidato alla Casa Bianca, nonché ambasciatore ombra del Dipartimento di Stato. L’ultimo è noto anche come Abu Du’a, figura nella lista dei cinque terroristi più ricercati dagli Stati Uniti (dieci milioni di dollari di ricompensa) e come nome di battaglia ha preso quello di Abu Bakr al Baghdadi, il capo dell’Esercito islamico dell’Iraq e del Levante (Isis).Particolare importante è che al momento di quello scatto al Baghdadi già era stato iscritto (il 4 ottobre 2011) dall’FBI nella speciale lista dei terroristi ricercati del mondo, e sia l’Isis che il Fronte al Nusra erano stati inseriti dalle Nazioni Unite nella lista nera delle organizzazioni terroristiche da combattere.
«L’unica soluzione per proteggere lo Stato ebraico è quella di creare un nemico alle sue frontiere, ma indirizzarlo contro gli Stati islamici che si oppongono alla sua presenza», si legge su un documento della Cia. Al Baghdadi è stato prigioniero a Guantanamo tra il 2004 e il 2009. In quel periodo Cia e Mossad lo avrebbero reclutato per fondare un gruppo capace di attrarre jihadisti di vari Paesi in un unico luogo. E tenerli così lontani da Israele. L’obiettivo era quello di creare un esercito in grado di spodestare il presidente siriano Bashar al Assad.
Altro particolare importante, McCain non è un politico qualsiasi. Da vent’anni è a capo dell’International Republican Institute (il celeberrimo IRI), il ramo repubblicano di un’organizzazione governativa (il Ned) parallela alla Cia. L’IRI è un’agenzia inter-governativa, Il cui budget viene annualmente approvato dal Congresso, in un capitolo di bilancio che fa capo alla Segreteria di Stato. È stato McCain la mente della rivoluzione che ha detronizzato Slobodan Milosevic dalla presidenza della Serbia, colui che ha cercato più volte di rovesciare il governo di Hugo Chavez in Venezuela, l’ideatore della rivoluzione arancione in Ucraina nel 2004 e di Maidan nel 2013, il grande manovratore della Primavera araba e di tutte le sue rivoluzioni (Iran, Tunisia, Egitto, Libia, Siria).
Popoff ha rivelato l’esistenza di documenti (resi pubblici dall’ex agente della National Security Agency Edward Snowden) che dimostrano come siano state la Cia e il Mossad ad addestrare e ad armare l’Isis. Un’operazione segreta nome in codice “Nido dei calabroni”. 
«L’unica soluzione per proteggere lo Stato ebraico è quella di creare un nemico alle sue frontiere, ma indirizzarlo contro gli Stati islamici che si oppongono alla sua presenza», si legge su un documento della Cia. Al Baghdadi è stato prigioniero a Guantanamo tra il 2004 e il 2009. In quel periodo Cia e Mossad lo avrebbero reclutato per fondare un gruppo capace di attrarre jihadisti di vari Paesi in un unico luogo. E tenerli così lontani da Israele. L’obiettivo era quello di creare un esercito in grado di spodestare il presidente siriano Bashar al Assad.


Un ex ufficiale Kenneth O'Keefe, degli Stati Uniti d'America, avvertì: «L'Isis è un mostro creato dalla Cia». Qualcuno potrebbe obiettare che si tratti della solita teoria del complotto elaborata per screditare il mostro americano e l’Occidente in generale. In realtà, le fonti ci sono e sono tante. La più autorevole è certamente la voce dell’ex Segretario di Stato Americano, Hillary Clinton, che in un’intervista rilasciata a metà agosto a Jeffrey Goldberg del giornale web The Atlantic, ha ammesso: “L’Isis è roba nostra, ma ci è sfuggita di mano”. Le parole della Clinton hanno fatto il giro del web e sono state pubblicate integralmente da numerosi organi d’informazione, ma non dai media nazionali italiani che, da sempre, si pongono ormai passivamente di fronte ai più grandi problemi di politica estera. «È stato un fallimento. Abbiamo fallito nel voler creare una guerriglia anti Assad credibile. Era formata da islamisti, da secolaristi, da gente nel mezzo. Il fallimento di questo progetto ha portato all’orrore a cui stiamo assistendo oggi in Iraq», ha detto la Clinton. Insomma, Hillary lo ammette, si confessa: l’Isis, quello che oggi viene ritenuto “il male assoluto”, è in realtà una loro creatura. Ma, andando un pò più nel particolare, chi ha finanziato l’Isis? Quali erano le sue funzioni originarie? Nelle ultime ore, ad aggiungere benzina sul fuoco, sono le parole di Kenneth O’ Keefe, un ex ufficiale delle forze armate USA, il quale conosce il reticolo di trame dove è nato il gruppo jihadista dello Stato Islamico. Lo Stato Islamico è “la creazione di un mostro, di un Frankenstein creato da noi statunitensi”, rivela O’ Keefe in una intervista, rilasciata alla Press TV, svelando questi ed altri fatti scioccanti circa il ruolo degli Stati Uniti nella creazione del gruppo terrorista. L’ex ufficiale (con molti anni di servizio) non mette in alcun dubbio il fatto che gli estremisti dell’ISIS, ISIL o EL, che operano in Iraq ed in Siria, siano stati finanziati dagli USA attraverso i suoi rappresentanti come il Qatar, gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita. “In realtà tutti questi miliziani sono una nuova veste ribattezzata di Al Qaeda, che di sicuro non è niente più che una creazione della CIA”, afferma O’Keefe. O’Keefe riferisce che gli jihadisti non soltanto hanno ricevuto dagli Stati Uniti “il miglior equipaggiamento nordamericano” come il sistema di blindatura personale, i blindati da trasporto truppe e l’addestramento, ma gli è stato anche permesso di diffondersi attraverso le frontiere in molti altri paesi del Medio Oriente. “Tutto questo è stato fatto sotto l’auspicio di rovesciare il regime di Bashar al-Assad in Siria”, afferma O’ Keefe. L’esperto militare si trova anche d’accordo con l’opinione di alcuni analisti i quali ritengono che gli USA stanno utilizzando tutta questa situazione come una “porta di servizio”, perseguendo il loro obiettivo fondamentale di eliminare il Governo di Al Assad. “Lo stesso padrone si vede in Iraq ed in Afghanistàn”, aggiunge l’ex ufficiale. Il popolo statunitense, secondo O’Keefe, non può vedere la situazione vera per gli effetti della propaganda. “Sarebbe assurdo pensare che il popolo statunitense sia tanto sintonizzato nella comprensione di quello che realmente sta accadendo come per non essere abbindolato in un’altra guerra che non farà niente più che distruggere chiunque vi partecipi”, conclude.
Di seguito si riporta l'analisi di Franco Rizzi (Storico e Segretario Generale di UNIMED). 
La stampa italiana non ha dato risalto ad un lungo articolo apparso su Le Monde il 16 marzo dal titolo significativo “Syrie: Porquoi les Americains n’ont-ils rien fait?“. Non si tratta di un’analisi politologica, ma di un rapporto preparato dall’intelligence delle forze anti-Assad e passato ai servizi segreti americani dal quale si evince che l’amministrazione Obama ha ignorato i segnali di allarme che l’opposizione siriana ha costantemente inviato. Ripercorriamo il senso di questa documentazione partendo da “Le Monde”. Dopo le manifestazioni anti Assad, nei souks di Damasco, le forze della rivoluzione furono circondate dai militari pro regime, dalle forze jihadiste del Fronte Al-Nosra e dell’organizzazione delloStato Islamico. Gli Stati dell’Occidente democratico rimasero a guardare. Stesso atteggiamento ebbero nei confronti delle altre rivoluzioni che erano scoppiate nella riva sud del Mediterraneo. Permancanza di una strategia politica e perché troppo affezionati a parole d’ordine vuote come quella dell’esportazione della democrazia, per essere poi capaci di fare qualcosa quando i popoli arabi musulmani scendevano in piazza per cacciare i dittatori e per rivendicare giustizia sociale e democrazia. La brutalità del regime siriano ha seminato il caos, ha estremizzato qualsiasi soluzione di compromesso e ha reso il terreno propizio alla nascita dell’Isis e al compattamento del braccio armato di Al-Qaida, Al-Nosra. A questo, per ingarbugliare ancor più le cose, si devono aggiungere l’intromissione dei paesi del Golfo che hanno subito cercato di dare una colorazione religiosa allo scontro, sunniti contro sciiti, e mentre rifornivano di denaro e armi i gruppi jihadisti, facevano una guerra per procura per il predominio in Medio Oriente. A questi fattori, scrive Le Monde bisogna aggiungerne un altro: “Il disprezzo degli Stati Uniti per gli oppositori siriani i cui segnali di allerta sono stati sempre ignorati”. Il giornale francese ha avuto accesso a documenti raccolti da uomini deiservizi segreti anti Assad e grazie ad una inchiesta autonoma durata diversi mesi ha potuto accertare la validità dei documenti in suo possesso. Essi rivelano due cose, come scrive Le Monde, che a partire dalla metà del 2013 i servizi segreti americani hanno seguito passo dopo passo le affermazioni vittoriose dell’Isis e il suo radicamento, grazie alle informazioni dell’opposizione anti Assad e che gli americani si sono serviti di queste notizie “col contagocce” seminando la disperazione nell’Esercito Libero Siriano che invece contava in un intervento. C’è da chiedersi cosa sarebbe successo se l’Isis fosse stato sgominato quando ancora era un gruppo che annoverava pochi combattenti che si contavano sulle dita della mano, prima ancora che arrivassero iforeign fighters da tutto il mondo per edificare il Califfato. Le rivelazioni del giornale continuano con una serie di dettagli tecnici, come l’indicazione di luoghi di guerra, notizie circa la fornitura di armi e così via. Un altro informatore invia un messaggio alla Cia e al Pentagono come delle camionette dell’Isis si dirigevano verso Palmira. Almeno dieci giorni prima dell’attacco tutti nell’opposizione sapevano che sarebbe successo. Gli americani furono avvertiti e gli informatori si chiedono come mai gli aerei americani non sono intervenuti su un territori facile da bombardare perché piatto e desertico? Sono domande che restano lì senza risposta e non basta evocare la posizione astensionista di Obama. Di una cosa si può essere sicuri: senza l’appoggio dei siriani sarà difficile sbarazzarsi dell’Isis.

Ventisei punti che svelano l'alleanza tra Usa e Isis

Un professore emerito dell'Università di Ottawa, in Canada, ha spiegato in 26 concetti perché lo Stato islamico è un importante alleato degli Stati Uniti e come la "guerra al terrore" è in realtà un supporto all’Islam radicale.
 "La guerra degli Stati Uniti contro lo Stato islamico è una grande bugia." Così inizia il suo articolo Michel Cossudovsky, un economista canadese, scrittore e professore dell'Università di Ottawa, in Canada, pubblicato sul sito web del Centro per la Ricerca sulla Globalizzazione.
 Dopo aver analizzato centinaia di documenti, il professore giunge ad una serie di conclusioni che a prima vista sembrano un paradosso:
 l'intera politica degli Stati Uniti relativa alla lotta contro il terrorismo in realtà serve gli interessi jihadisti, a loro volta, sono supportati e finanziati dal governo degli Stati Uniti. In 26 concetti Cossudovky spiega come è arrivato ad avere questa opinione.
 
Storia di Al Qaeda
 1. Al Qaeda ed i suoi affiliati ricevono il pieno sostegno degli Stati Uniti quasi 40 anni fa, all'inizio della guerra sovietico-afghana (1979-1989).
 2.
 In un periodo di dieci anni 1982-1992 circa 35.000 jihadisti provenienti da 43 paesi sono reclutati per la jihad afgana nei campi di addestramento della CIA (Agenzia di intelligence) in Pakistan. Migliaia di annunci, pagati dagli Stati Uniti, sono apparsi nei media di tutto il mondo per motivare i giovani a unirsi alla jihad.
 3. L'Università del Nebraska, negli Stati Uniti, pubblica libri jihadisti per diffonderli, a quel tempo, nelle scuole dell’Afghanistan.
 4.
 Osama bin Laden, il terrorista "numero uno" per gli Stati Uniti, è reclutato dalla CIA nel 1979 quando lancia la guerra jihadista patrocinata dagli USA contro l'Unione Sovietica in Afghanistan. Ha 22 anni quando termina la sua formazione nel campo di guerriglia della CIA.
5. Ronald Reagan, quarantesimo presidente degli Stati Uniti, chiama i terroristi di Al Qaeda "combattenti per la libertà". Il governo statunitense fornisce armi alle brigate islamiche per combattere contro l'Unione Sovietica. Il cambio di regime porta alla fine del governo laico in Afghanistan.
Lo Stato islamico (IS)
6.
 Lo Stato islamico è inizialmente un’entità affiliata di Al Qaeda creata dai servizi segreti americani, con il sostegno del MI6 britannico, dal Mossad di Israele e dalle intelligence di Pakistan e l'Arabia Saudita.
 7. Le brigate dell’Is partecipano con gli Stati Uniti e la NATO nella guerra civile in Siria diretta contro il governo di Bashar al Assad.
8. La NATO e gli alti funzionari turchi sono i responsabili del reclutamento di militanti dello Stato islamico e di al-Nusra (gruppo radicale islamico siriano) dall'inizio del conflitto in Siria nel 2011.
 9. N
elle file dell’Isis c’è una rappresentanza dell'esercito e dell'intelligence degli stati occidentali. Così, il MI6 britannico partecipa alla formazione dei jihadisti ribelli in Siria.
 10. In una informazione della
 CNN il 9 Dicembre 2012 un alto funzionario statunitense e diversi diplomatici di alto livello ammettono che "Stati Uniti e alcuni alleati europei, attraverso militari specializzati, addestrano i ribelli siriani affinché garantiscano scorte di armi chimiche in Siria."
 11. La pratica delle decapitazioni dell’Isis fa parte di programmi di formazione degli jihadisti attuati in Arabia Saudita e Qatar.
 12. L’Arabia Saudita, alleato degli Stati Uniti, libera dalle sue carceri migliaia di detenuti a condizione che si uniscano alla lotta dell’Isis contro Assad in Siria.
 13. Israele sostiene le brigate di Is e al-Nusra nel Golan, un territorio conteso da Israele e Siria. Nel febbraio 2014 il primo ministro israeliano,
 Benjamin Netanyahu, visita un ospedale al confine con la Siria, dove stringe la mano ad un ribelle siriano ferito.
 
Siria e Iraq.
 14. L'Isis agisce come un avamposto militare degli interessi degli Stati Uniti e dei suoi alleati dal momento che causa distruzione e caos politico ed economico in Siria e Iraq.
15.
 L'attuale senatore degli Stati Uniti John McCain incontra i leader terroristi jihadisti, tra cui militanti dell’Isis, in Siria.
 

16. Lo Stato islamico, che presumibilmente resiste al bombardamento della coalizione guidata dagli Stati Uniti, continua a ricevere aiuti militari segreti dagli Stati Uniti.
 17.
 I bombardamenti di Usa e dei suoi alleati non sono diretti allo Stato islamico, ma all'infrastruttura economica dell'Iraq e della Siria tra cui fabbriche e raffinerie di petrolio.
 18. Il progetto del califfato si inserisce perfettamente nell'agenda della politica estera degli Stati Uniti da molti anni al fine di dividere Iraq e Siria in tre aree distinte: una repubblica del Kurdistan, un califfato islamico sunnita e una Repubblica araba sciita.
"La guerra contro il terrorismo"
19. "La guerra contro il terrorismo", una campagna degli Stati Uniti iniziata nel 2001 e supportata da alcuni membri della NATO,
 si presenta come uno "scontro di civiltà", quando in realtà persegue obiettivi economici e strategici.
 20. Gli Stati Uniti appoggiano segretamente vari affiliati di Al Qaeda in Medio Oriente, in Africa sub-sahariana e in Asia per creare conflitti interni e destabilizzare i paesi indipendenti.
21. In questi gruppi si possono nominare
 Boko Haram in Nigeria, il Gruppo combattente islamico in Libia o Jemaah Islamiyah in Indonesia.
 22. Le organizzazioni affiliate ad Al Qaeda nella regione autonoma di Xinjiang Uigur, in Cina, ricevono anche il sostegno degli Stati Uniti. Lo scopo dichiarato di queste organizzazioni jihadiste è di stabilire un califfato islamico nella Cina occidentale.
"I nostri" terroristi.
23. Il paradosso è che, mentre l'Isis è cresciuta grazie al sostegno americano, l'obiettivo "strategico" degli Stati Uniti è la lotta contro l’islamismo radicale del gruppo jihadista.
24. La minaccia terroristica è una creazione puramente americana che è promossa da altri governi occidentali e dai media. Sotto l'obiettivo della difesa della vita dei suoi cittadini, dall'altra parte libertà civili e privacy vengono violate.
 25. La campagna anti-terroristica contro Al Qaeda e lo Stato islamico ha contribuito notevolmente alla "demonizzazione" dei musulmani, che vengono associati alle crudeltà dei jihadisti.
 26. Chiunque metta in discussione la "guerra al terrore" è dichiarato terrorista e sottoposto alle numerose leggi anti-terrorismo approvate negli ultimi dieci anni negli Stati Uniti.