martedì 25 gennaio 2022

Covid. Il governo britannico: «Vaccinati non potranno mai più acquisire l’immunità naturale»

 di di Maurizio Blondet

Il governo britannico il 15 gennaio 2022 ha ammesso che i vaccini hanno danneggiato il sistema immunitario naturale di coloro che sono stati vaccinati doppiamente.  Il governo del Regno Unito ha annunciato che una volta che sei stato vaccinato due volte, non sarai mai in grado di ottenere la piena immunità naturale contro le varianti di Covid o forse qualsiasi altro virus.

Quindi vediamo come inizia ora la ‘vera’ pandemia!

Nella sua settimana 42 “Rapporto di sorveglianza sui vaccini COVID-19”, il Dipartimento della salute del Regno Unito ammette a pagina 23 che “i livelli di anticorpi N sembrano essere più bassi nelle persone che vengono infettate dopo due dosi di vaccinazione”. Il rapporto prosegue affermando che questo calo degli anticorpi è essenzialmente permanente.

Cosa significa questo?

Sappiamo che i vaccini non prevengono l’infezione o la trasmissione del virus (infatti, il rapporto altrove mostra che gli adulti vaccinati ora – a causa dell'”efficacia negativa” – hanno molte più probabilità di essere infettati rispetto agli adulti non vaccinati). Gli inglesi ora scoprono che il vaccino interferisce con la capacità dell’organismo di produrre anticorpi dopo l’infezione, non solo contro la proteina spike, ma anche contro altre parti del virus. Le persone vaccinate, in particolare, non sembrano formare anticorpi contro la proteina nucleocapside, la cosiddetta “busta” del virus, che è una parte fondamentale della risposta nelle persone non vaccinate. A lungo termine, i vaccinati sono molto più suscettibili alle mutazioni della proteina spike, anche se sono già stati contagiati e guariti una o più volte. I non vaccinati, d’altra parte, svilupperanno un’immunità duratura, se non permanente, a tutti i ceppi del presunto virus dopo essere stati naturalmente infettati da esso, anche dopo un solo colpo.

Fonte:  https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/1027511/Vaccine-surveillance-report-week-42.pdf

Le prime compagnie di assicurazione si stanno ritirando perché sta arrivando un’enorme ondata di sinistri. Anthony Fauci conferma che il test PCR non è in grado di rilevare virus vivi. Anthony Fauci conferma inoltre che né il test dell’antigene né il test PCR possono dirci se qualcuno è contagioso o meno!!!

Questo sta distruggendo tutte le basi della cosiddetta pandemia.

Il test PCR era l’unica indicazione di una pandemia. Nessuna pandemia senza un Test PCR. Per tutti gli addetti stampa, medici, avvocati, pubblici ministeri ecc. Questa è l’ultima chiave, la prova definitiva che le misure sono tutte prive di significato e devono essere revocate immediatamente!

sabato 8 gennaio 2022

Una storia al contrario

 di Carmine Luigi Ferraro

L’andamento degli ultimi anni in campo medico-sanitario impone, credo, una riflessione su quelli che sono i fondamenti bio-etici cui si ispira l’etica medica, ad iniziare da quello a noi contemporaneo. Faremo poi, a ritroso, un percorso alla scoperta dei paradigmi più remoti per poterli ricostruire e tracciarne le differenze ed eventuali affinità con l’attualità più cogente.

La nascita del mondo moderno è contraddistinta dalla concezione della persona e della comunità come realtà morali e non fisiche. E’ solo a partire dal secolo V, ed in seguito alle dispute teologiche che nascono in questo periodo, che nasce il concetto di persona, contrapposto al concetto greco di natura. Cos’è la persona? E’ un modo della sostanza, il modo razionale. Boezio la definisce: sostanza individuale di natura razionale; una definizione che pur individuando nella razionalità un modo della sostanza e, quindi, qualcosa di interno alla stessa, lascia tuttavia la persona all’interno di una concezione naturalistica. Solo nel XII secolo troviamo una definizione nuova di persona con Riccardo di San Vittore, nel suo libro sulla Trinità: la persona è intellectualis naturae, incommunicabilis existencia. Se è vero che esistono le cose naturali, esistono però delle cose che sono fuori dalla natura, al di sopra e contrapposte ad essa. Quindi la persona è ex-centrica rispetto alla natura; le persone non sono natura, ma hanno natura. Con ciò, Riccardo può affermare che la persona non è sub-stantia, ossia qualcosa che è al di sotto della natura, ma è ex-sistencia: qualcosa che è fuori ed al di sopra della natura. L’uomo è un’esistenza individuale di natura razionale; di fronte alla natura, che è comune, la persona è il non-comune, il peculiare. Sarà poi nel mondo moderno che si riuscirà a vedere come quell’incommunicabilis existentia arrivi a identificare nella persona una realtà morale, contrapposta a quella puramente naturale. Nel XVI secolo, grazie alla scolastica spagnola di Francisco Suárez, viene attribuita importanza all’individuale, rispetto alla tradizionale tirannide dell’universale. Tutte le cose esistenti sono sia sostanze, sia accidenti: le prime hanno la capacità di esse per se (perseità); mentre gli accidenti sono caratterizzati dall’esse in alio. La perseità è propria anche dell’uomo che, oltre ad essere unum per se physicum, è anche razionale. Rispetto allora ai due autori precedenti, per Suárez la persona non è definita in termini di substantia o existentia, ma di subsistentia: un termine equidistante dai due precedenti, ma capace di assumerne le virtualità. Quindi la persona umana gode di individualità, ma è anche razionale; l’ordine dell’intelligenza apre l’uomo ad un nuovo livello: le realtà morali che, non sono solo operative, ma hanno anche le loro strutture. Ad esempio: la società è una struttura che deriva dalla libera associazione di persone, per cui ha unità morale. Quindi la società non è semplice conglomerato di individui, ma gode di autentica unità o perseità: come esiste una perseità fisica, ne esiste anche una morale. Ciò determina conseguenze a livello politico: la comunità politica di Suárez ha un carattere libero e morale accentuato rispetto alla concezione naturalistica del pensiero greco e della scolastica medioevale (S. Tommaso d’Aquino). A fondamento della comunità morale o dell’unione politica vi è il patto, o contratto che deve essere accettato da tutti i membri della comunità e consiste nel mutuo aiuto. L’origine prossima dello Stato è quindi nel popolo, mentre la sua origine remota risale a Dio. Suárez pone Dio fra il popolo ed il principe; il popolo è il mezzo attraverso cui il principe riceve la potestas da Dio. Senza il consenso della volontà degli uomini, non c’è Stato o comunità civile, o politica che possa nascere. Tuttavia, una volta che lo Stato è costituito, esso ha consistenza ontologica e morale superiore a quella di tutti i suoi membri costituenti. Ciò significa anche che il potere  che esercita è diverso e superiore alla legge naturale; per cui obiettivo del potere non è il conseguimento del bene di ogni individuo, ma del bene della comunità, o bene comune. La riflessione di Suárez mostra però la sua dissonanza con il pensiero moderno quando afferma che la potestas, una volta trasferita al governante, non può più essere tolta, purchè ne vengano osservati i principi. Una volta concessa la potestas, tutti e ogni individuo hanno l’obbligo di obbedire al principe, anche qualora venga ordinato qualcosa che vada contro il bene particolare di uno, di alcuni o di molti, salvo il caso in cui arrechi danno al bene comune. Se ciò evidenzia una sicura concezione democratica dello Stato, la cui potestas viene concessa dal popolo in nome del bene comune, in assenza del cui perseguimento il popolo ha il diritto e perfino il dovere di recuperare la propria sovranità; per altro verso, Suárez ha modo di affermare anche che il popolo può concedere tutto il suo potere e rinunciare totalmente alla sua libertà politica.

La scoperta della modernità per la quale l’uomo è la realtà fisica o naturale per antonomasia e fonte dell’ordine morale, porta come conseguenza una nuova definizione del concetto di natura. Una revisione questa che viene fatta dai filosofi nelle discussioni sullo stato di natura, a partire da un evento completamente estraneo alla tradizione antica o medioevale: la scoperta dell’America.

La narrativa degli esploratori convince gli europei che le società indie dell’America non obbediscono agli schemi concettuali elaborati dai filosofi greci, sia sull’uomo ed il suo processo di sviluppo, sia sulle istituzioni sociali, politiche e culturali. La sorpresa rispetto a ciò fu tale da indurre a considerare queste popolazioni come esseri non razionali. Gli indios americani erano diversi dagli europei per trovarsi ancora allo stato di natura. A partire da ciò, ragioneranno alcuni filosofi, primo fra i quali T. Hobbes (Leviatano), il quale distingue fra stato di natura, o selvaggio, nel quale non vi sono ancora istituzioni politiche, perché la vita propriamente civile non è ancora iniziata; per ciò tale stato è uno stato di guerra. Quando invece sorge lo Stato civile, il solo ad essere legittimato all’uso della violenza, gli uomini passano dallo stato di guerra a quello di pace. Pace che è quindi conquista morale e politica; essa consente l’industria, la coltivazione delle terre, la navigazione, l’uso delle merci… . Per altro verso, nello stato di natura, l’uomo ha il diritto (jus naturale) di usare il proprio potere come vuole, per la conservazione  della propria natura. Da tale diritto nasce una legge (lex naturalis) che proibisce all’uomo di compiere atti contro la sua vita, o distrugga i mezzi di conservazione della stessa. Questa legge generale si articola poi in altre più specifiche, ma tutte convergenti sul principio: Non fare agli altri ciò che non vorresti  venisse fatto a te. Leggi queste che vanno applicate in foro interno, mentre in foro externo si applicano quando gli uomini rinunciano al diritto di fare tutto ciò che vogliono e stipulano un contratto. Contrariamente ad Hobbes, altri autori come B. de las Casas, V. de Quiroga…, ritengono che la tendenza naturale porterebbe l’uomo a riconoscere l’obbligo di amare se stesso tanto quanto ama gli altri, visto che devo fare agli altri ciò che voglio che essi facciano a me. Basterebbe quindi uno stato di natura puro, per determinare una vita individuale e comunitaria, armoniosa e felice.

J. Locke cerca di mediare fra le due posizioni e nel Trattato sul governo (1689) pone le basi per una teoria moderna dei diritti umani. Partendo: dall’assunto per cui nei tempi primitivi tutto il mondo era una specie di America ed in condizioni ancora più primitive da quelle che essa offriva in quei tempi, visto che non si conosceva nulla di simile al denaro; dall’affermazione di Hobbes per cui nello stato di natura l’uomo ha il diritto di difendere la propria vita, Locke ritiene che la prima legge naturale è il diritto alla vita, da cui deriva il diritto alla salute, all’integrità fisica ed il conseguente divieto ad attentare a tale integrità. Lo stesso vale per la proprietà, perché acquisita con il lavoro che è prolungamento del corpo; così come per la libertà che è base dell’autonomia personale. Il diritto alla vita, alla salute, all’integrità fisica, alla libertà ed alla proprietà, sono diritti umani ed individuali, perché la loro realizzazione dipende in via esclusiva ed unica dall’iniziativa individuale, ed hanno vigenza già nello stato di natura. Con ciò Locke dà un duro colpo alla teoria del paternalismo, prima di lui vigente. Locke è cosciente di un diritto paterno legittimo, quello dei genitori per curare il corpo dei propri figli, perché essi possano godere il prima possibile di tutti i diritti che per natura ad essi competono, essendo esseri razionali. Ma il potere paterno termina con il raggiungimento della maggiore età; quando si travalica tale limite si è nel puro paternalismo che, in campo medico, Locke riconosce solo in casi patologici.

La riflessione di J. Locke fa da prodromo alle prime dichiarazioni dei diritti umani. Nel 1774, negli Stati Uniti si riconobbe il diritto alla vita, alla libertà ed alla proprietà degli abitanti delle colonie inglesi nordamericane, per le leggi immutabili della natura, per i principi della costituzione inglese e per vari scritti e patti. La Corona inglese considerò tale dichiarazione un atto di ribellione, scatenando una cruenta guerra, con il risultato che diversi Stati promulgarono costituzioni, precedute da dichiarazioni di diritti (Dichiarazione dei Diritti del Buon Popolo della Virginia, 1776), in cui si ribadisce che tutti gli uomini sono liberi, indipendenti ed hanno determinati diritti innati, della cui podestà non possono essere spodestati per nessun motivo. Da La Dichiarazione dei diritti dell’Uomo e del Cittadino (24/06/1793), ricordiamo alcuni articoli:

1.      Gli uomini nascono e permangono liberi e uguali nei diritti.

2.      Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescindibili dell’uomo. Questi diritti sono: la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione.

3.      L’origine della sovranità risiede nella nazione.

4.      La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non sia di danno agli altri.

Tutti questi diritti diventano la base della vita giuridica, politica ed etica e si fondano sul principio di autonomia: ogni essere umano possiede originariamente una completa libertà di agire e di disporre delle sue proprietà e della sua persona secondo la sua volontà, nei limiti imposti dalla legge naturale, senza che le sue decisioni possano dipendere dalla volontà di nessun altro. Questo è un punto dirimente  con l’etica tradizionale europea che riteneva l’amore per l’individualità e l’autonomia come un vizio che è egoismo. Al contrario, A. Smith ritiene che l’uomo sia naturalmente egoista e che l’egoismo sia imprescindibile per la vita. Non ci sarebbe vita umana senza una ricerca egoistica del proprio interesse nel lavoro, nella diligenza, nell’economia… . Quando l’uomo opera in questo modo è condotto, da una specie di mano invisibile, a produrre effetti virtuosi altruistici (Indagine sulla natura e causa della ricchezza delle nazioni, 1776). Tale egoismo è così importante che non deve essere coartato specie in ambito economico, per cui l’intervento dello Stato in tale settore deve essere minimo. Tuttavia Smith, al pari di Hume, ritiene che al di sopra della vita naturale dell’uomo esiste la sua vita morale che non è governata dal principio dell’egoismo, bensì da quello della simpatia. L’egoismo economico ha un contrappeso morale: il sentimento di compassione, o simpatia, che sorge dal mettersi al posto dell’altro. I due sentimenti non sono tuttavia in contrapposizione, ma si compensano e si completano (Teoria dei sentimenti morali, 1759).

Se A. Smith è il pontefice dell’economia liberale, per cui la libertà economica del singolo produce il massimo beneficio per tutti; il liberalismo economico ha poi bisogno, per esprimersi, di una particolare istituzione politica che sia liberale, democratica e parlamentare, retta dalla carta dei diritti umani, civili e politici. Oltre al fatto che il liberalismo economico e politico ha bisogno di una cultura e di un’etica liberale, risultato dello sviluppo del diritto alla libertà di coscienza, che colloca in primo piano il principio di autonomia. Un principio elaborato da I. Kant ( Critica della Ragion pratica, 1788) alla fine del XVIII secolo e, in seguito, da J. Stuart Mill (Della libertà, 1859), che stabilisce l’immoralità di qualsiasi sistema che non sia liberale; ossia che non contempli la libertà civile, e che non sia quindi anti-paternalistica. La libertà di una persona non può essere coartata, se non attenta alla libertà o benessere di altre persone. Tutto ciò, quali risvolti ha avuto in medicina? Al di là delle dispute fra A. Smith e W. Cullen sulle leggi dell’offerta e della domanda in ambito sanitario e sulla dicotomia fra mestiere e  professione, nella pratica medica, il malato, fra il 1890 ed il 1920, inizia ad essere considerato come persona adulta, autonoma, capace di essere informata e, a partire dalle informazioni ricevute, libera di prendere le decisioni che ritiene opportune per il suo corpo, per la sua salute e per la sua vita. Questa è l’autonomia del malato, come quella di qualsiasi altro uomo. Il medico deve comunque comunicare la verità al malato: questa si configura come un obbligo morale del medico, anche se ciò non include dei casi difficili, in cui la comunicazione della verità può abbreviare la vita del paziente. In questo caso, è prevista la riserva del privilegio terapeutico come unica eccezione. Ora, si può affermare che il diritto dei malati ad essere informati ed a decidere autonomamente del proprio corpo è stato imposto ai medici dai tribunali, specie in area anglosassone, visto che in area europea i tribunali si limitano all’applicazione delle leggi esistenti. Quindi il principio di autonomia, estraneo alla tradizione medica, è passato alla medicina per l’etica giuridica. Se, in primo luogo, ha avuto un impatto sui chirurghi, per la loro condizione di artigiani, operatori manuali, con condizione sociale inferiore a quella del medico, ma con impatto superiore e conseguenze rilevabili sul corpo dell’ammalato; ai medici, inizialmente, veniva imputata solo la negligenza professionale, imperizia o imprudenza, spesso legate alla valutazione del medico e non punibili qualora si tenesse conto del principio del maggiore interesse del paziente, e si provasse la sua incapacità e inidoneità a decidere. Fra il 1890 ed il 1920 succede che i tribunali americani vengono assediati da pazienti che denunciano i propri medici di aggressione, e non di negligenza, ossia- secondo la legislazione nordamericana- di un intervento intenzionale sul corpo di una persona, senza il suo permesso. Permesso che poteva essere ignorato solo nei casi urgenti, in cui non è dato conoscere la volontà del malato.

Quindi il medico non ha carta bianca per operare solo perché consultato dal paziente sulla cura più utile al suo caso; serve un consenso esplicito per qualsiasi intervento chirurgico. Agendo in assenza di tali preliminari, per cui si richiede comunque il consenso di persona capace di valutare rischi e pericoli, specifiche autorizzazioni, si commette il reato di aggressione. Tutto ciò mira all’affermazione del diritto del paziente all’autodeterminazione, che include il diritto all’inviolabilità della propria persona, e la relativa scelta medica in base alla quale, senza un consenso medico esplicito, si può configurare il reato di aggressione, anche quando l’intervento sia eseguito alla perfezione con effetti benefici. Non venivano comunque specificate quante e quali informazioni il paziente dovesse ricevere per esprimere il diritto all’autodeterminazione in modo adeguato. Accade nel 1931 che il Ministero della Sanità del Reich promulga una normativa rigida per la sperimentazione sugli esseri umani di nuovi prodotti terapeutici in medicina. Su quattordici articoli di cui consta la legge, che di fatto è in qualche modo il primo codice etico sulla sperimentazione clinica, quattro si riferiscono al tema del consenso informato. Il consenso deve essere dato dal soggetto stesso o, se impossibilitato, dal suo rappresentante legale in modo chiaro e inequivocabile. Sappiamo che questa norma non venne applicata agli ebrei, gitani, russi e restarono lettera morta nei campi di concentramento per tutta la seconda guerra mondiale. Alla fine della guerra si scoprono gli esperimenti sugli esseri umani compiuti per anni sui prigionieri, per i quali venti medici e tre amministratori finiscono sul tavolo degli imputati al processo di Norimberga come: assassini, torturatori ed altre atrocità commesse in nome della scienza medica. Procedure condotte da persone incompetenti senza motivazioni scientifiche ed in condizioni fisiche indegne. Esperimenti che produssero sofferenze inutili, senza o con pochissime precauzioni per salvaguardare la salute degli esseri umani, che patirono mutilazioni, enormi dolori e la morte (R.R. Faden – T.L. Beauchamp, A History and Theory of Informed Consent, Oxford 1986).

Contro ciò la Corte rendendosi conto dell’importanza del consenso informato nella realizzazione di esperimenti su esseri umani e nelle prove cliniche, decide di fissare i principi fondamentali che devono essere soddisfatti per quelle finalità: il Codice di Norimberga. Il codice impone che ogni esperimento clinico su esseri umani deve essere fatto con l’informazione ed il consenso del soggetto sul quale verrà effettuato l’esperimento. Si formula quindi il principio del consenso informato, anche se non risulta chiaro se deve fondarsi sul principio della beneficità o dell’autonomia, forse perché si riteneva che ciò dovesse restare aperto alla successiva analisi dei ricercatori. La novità principale sta quindi nell’obbligo di ottenere il consenso dal paziente e nel dovere di informare adeguatamente il paziente prima che decida. Da allora diverse denunce sono state fatte da pazienti nei confronti dei medici per danni irreversibili ricevuti in conseguenza di analisi sperimentali sul proprio corpo. Le sentenze scaturite –in particolare in area anglosassone- hanno stabilito in primis che al paziente deve essere data la comunicazione completa dei dati necessari, senza altri criteri particolari sulla qualità e quantità della comunicazione, affidata alla discrezione del medico ( T.L. Beauchamp – L. B. McCullough, Etica Médica. Las responsabilidades morales de los médicos, Barcelona 1987). Poi con altra sentenza si stabilisce che ciò che va rivelato al paziente non è ciò che la Comunità scientifica ritiene ragionevole, ma tutte le notizie di cui ha bisogno una persona, in possesso delle sue facoltà, per formarsi un giudizio con piena cognizione di causa Qualora la conoscenza di certi particolari sia così importante da indurre il paziente a cambiare decisione, questi devono essere rivelati per legge, non secondo la discrezionalità del medico, per arrivare a quella persona ragionevole capace di decidere in base alla libertà ed alla propria responsabilità. Nonostante le sentenze risalgano al 1972, nemmeno negli stessi Stati Uniti, dove le sentenze sono state emesse, c’è un rispetto univoco di quella norma. A seconda dello Stato in cui viene emessa una sentenza in ambito medico, si tiene conto della discrezione del medico, o del principio della persona ragionevole. La disputa e le alterne vicende della stessa ha comunque il merito di aver promosso nel 1973, da parte di un’Associazione americana degli ospedali, un primo codice dei diritti del paziente, dalla lettura del quale si rivela che i suoi dodici punti sono specificazioni del diritto generale al consenso informato. Il consenso deve essere un diritto umano individuale correlato al diritto alla vita, alla salute, alla libertà ed alla proprietà. È un diritto nuovo, non una specificazione del diritto alla salute – che lo riporterebbe ad una mentalità solo beneficiale- intimamente legato al diritto alla riservatezza, al diritto di morire con dignità, sempre basati sul rispetto del principio di autonomia della persona. Si agisce autonomamente quando vi è l’intenzionalità, la conoscenza e non vi è controllo esterno. Se la prima condizione è assoluta, per gli altri due sono invece ammessi dei gradi; perché un’azione sia autonoma rispetto alla conoscenza, deve essere compresa dall’agente, comprendere cioè sostanzialmente tutte le proposizioni, espressioni che contribuiscono a valutare la situazione in base alla natura dell’azione e le prevedibili conseguenze che possono scaturire dall’azione stessa. Il controllo esterno è spesso confuso con l’intenzionalità, per cui si è portati a considerare non intenzionale ogni azione diretta dal di fuori. Se una persona è assolutamente obbligata a compiere un atto, può tuttavia agire intenzionalmente nell’eseguirlo: tuttavia il controllo vero e proprio si configura quando è accompagnato da: 1) coercizione, ossia la pressione, la minaccia esercitata intenzionalmente ed effettivamente da qualcuno per indurre un altro ad agire per evitare conseguenze dannose. 2) Manipolazione, ossia l’influenza intenzionale ed effettiva verso una persona, con mezzi non coercitivi, alterandone la scelta reale alla sua portata, o alterandone la percezione delle scelte. 3) La persuasione, ossia l’influenza intenzionale e compiuta per indurre una persona, attraverso procedimenti razionali, ad accettare liberamente opinioni, valori, intenzioni o azioni del persuasore. Questi sono i mezzi di controllo esterno; esistendo, tuttavia, dei mezzi di controllo interno, il più delle volte dovuti a nevrosi coercitive, ossessive…, si è introdotto anche un quarto criterio a stabilire l’autonomia dell’azione, ossia l’autenticità. In base a questo criterio, è autentica l’azione compiuta se è coerente con il sistema di valori ed atteggiamenti   generali di fronte alla vita, assunti razionalmente e coscientemente da una persona. E’ l’autenticità a farci scoprire se l’azione intenzionalmente compiuta sia libera da qualsiasi coercizione o manipolazione.

Tutto ciò, in campo clinico non è scevro di problematiche: la conoscenza non può essere la stessa per tutti i pazienti, come non tutti – per patologie proprie- possono agire intenzionalmente; come pure, l’adesione ad alcune religioni rende inefficace il criterio dell’autonomia della persona, che viene regolata da dettami/dogmi religiosi. Per fare un solo esempio, è il caso dei Testimoni di Geova che rifiutano la trasfusione sanguigna. Ed allora, al principio di beneficità (che regola l’azione del medico e della famiglia) ed a quello dell’autonomia della persona, si è aggiunto il principio di giustizia, sul quale si basano le terze parti e che è alla radice della nascita e sviluppo della bioetica. Secondo David Ross (The Right and the Good, Oxford 1930) i tre principi, essendo diversi fra loro –i primi riguardano il bene individuale della persona, mentre il terzo il bene comune- ed essendo la giustizia (bene comune) superiore ad altri principi per cui è virtù generale, come pure l’autonomia è superiore alla beneficità, si rileva una conflittualità fra i tre principi della bioetica. Pur tuttavia, il conflitto fra i tre principi non sempre deve essere risolto in senso gerarchico; bisogna tener conto delle conseguenze. In alcuni casi, la gerarchia aprioristica deve essere sostituita da un’altra reale ed effettiva: la beneficità, ad esempio, deve essere prioritaria in caso di malati incapaci e bambini; in altri casi è invece l’autonomia a dover prevalere, come per tutte le decisioni private.

Il progresso nel rapporto fra medico e paziente ha portato anche alla formulazione di una Carta dei diritti fondamentali della persona dell’Unione Europea (cfr https://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf); nell’articolo 3 (Diritti all’integrità della persona) è previsto: 1. Il diritto dell’individuo alla propria integrità fisica e psichica. 2. Il rispetto, in ambito medico e biologico, del consenso libero ed informato della persona interessata, con la relativa comunicazione sui rischi derivanti dalle terapie proposte ed eventuali effetti avversi che si potrebbero verificare immediatamente, a breve o lungo periodo. Ancora, la Dichiarazione di Helsinki – riconosciuta parte integrante del diritto UE- sui principi etici per la ricerca medica precisa che: la partecipazione alla ricerca medica da parte di persone capaci di dare il consenso deve essere volontaria. Inoltre, la sperimentazione clinica su persone umane –come riconosciuto da Direttiva UE 2021/20- deve basarsi sulla protezione dei diritti umani e della dignità dell’essere umano, per l’applicazione della biologia e della medicina, così come affermato nella Dichiarazione di Helsinki (cfr.: https://www.evidence.it/articoli/pdf/e1000059.pdf), modificata nel 1996, la quale prevede che “la protezione dei soggetti della sperimentazione è garantita dalla valutazione dei rischi basata sui risultati degli studi tossicologici, prima dell’inizio di ogni sperimentazione clinica, dalle revisioni dei comitati etici e delle autorità competenti degli Stati membri, e dalle disposizioni sulla protezione dei dati personali”.   Come si può notare, i principi relativi ai requisiti per il consenso alle sperimentazioni cliniche della Dichiarazione risalgono al Codice di Norimberga che unito alla Carta fondamentale dell’Unione europea, che esprime la tutela del diritto alla vita, alla salute, alla dignità ed autodeterminazione della persona, stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito, se privo del consenso libero ed informato della persona interessata. Quindi ogni persona, capace di agire, ha il diritto di rifiutare qualsiasi trattamento sanitario ( artt. 3 e 5 della legge 219/2017).

Ora, fatta questa sia pur breve storia sulla nascita e sviluppo della bioetica fra il XVIII ed il XXI secolo, proviamo a calare i principi che la regola nella nostra quotidianità più attuale.

Prendiamo in considerazione  il tema della pandemia Covid19 ed il tema correlato della ‘vaccinazione’, la cui scelta è apparentemente libera – tranne per alcune categorie di lavoratori (docenti, sanitari, forze armate)- ma che di fatto è indotta per tutta una serie di provvedimenti governativi, che escludono dalla vita sociale  chi decide, in autonomia e libertà, di non sottoporsi all’esperimento di massa che va sotto il nome di vaccinazione.

Il siero anti Covid 19, sappiamo tutti che ha avuto il nulla osta per l’utilizzo da parte della FDA, dall’EMA e poi dall’AIFA (enti responsabili della farmacovigilanza degli Usa, dell’Europa e dell’Italia) per motivi di urgenza, legati alla pandemia. Questo siero ha avuto una sperimentazione posticcia, visto che il tempo normalmente impiegato per lo sviluppo di un vaccino, sul fronte della ricerca preliminare, è almeno di cinque anni. Mentre per arrivare allo sviluppo completo del prodotto, e quindi la commercializzazione, possono passare anche dieci anni, perché deve esserci la totale sicurezza della sua efficacia e sulla sua sicurezza. Una volta decifrato il genoma del virus, il suo patrimonio genetico, ci sono tre fasi di test clinici; nella prima fase si ha la somministrazione del vaccino ad un ristretto numero di volontari per valutarne la sicurezza ed il dosaggio ed avere la conferma di un effettivo stimolo al sistema immunitario. Nella seconda fase, si somministra il vaccino a centinaia di volontari (bambini ed anziani compresi) suddivisi in gruppi differenti, al fine di comprovarne l’efficacia sull’induzione di una risposta immunitaria e sulla sicurezza del vaccino. Infine, nella terza fase, il vaccino viene testato su decine di migliaia di volontari, la cui risposta al virus viene comparata a quella di altri volontari, ai quali viene somministrata una sostanza placebo. In questo caso, viene testata l’effettiva efficacia del vaccino nell’indurre resistenza all’infezione e non solo la risposta immunitaria. Quindi, il vaccino deve in prima istanza produrre una mancata infezione se si entra in contatto con il virus; in seconda battuta, se l’infezione avviene, il sistema immunitario indotto dal vaccino, deve produrre una risposta di difesa, in modo che non si generi/sviluppi la malattia. Anche in questa terza fase, si verifica la sicurezza in un’ampia popolazione, valutando la presenza di effetti collaterali rari, che potrebbero essere sfuggiti nelle fasi precedenti. Solo dopo i risultati della terza fase, gli organi deputati all’approvazione del vaccino valutano se permettere o meno la diffusione del vaccino. Tuttavia, anche dopo l’immissione sul mercato, si continua a sorvegliare l’efficacia e la sicurezza per identificare dei problemi rari.

Ora, in merito ai vaccini ad mRNA per il Covid19, la loro velocità di sviluppo –poco più di un anno- potrebbe essere spiegata sostenendo l’esistenza di ricerche sviluppate in passato sulla tecnologia a RNA messaggero, oltre che per gli studi già fatti in passato sui Coronavirus umani. La tecnologia a mRNA è stata usata per sviluppare dei vaccini anti-tumorali, che comunque non hanno avuto successo. Ci sono stati inoltre indubbi investimenti –soprattutto pubblici- che hanno messo a disposizione, in poco tempo, ingenti risorse umane ed economiche. Tuttavia: le varie fasi di valutazione e studio del vaccino sono state condotte in modo parallelo, anziché seguire in modo progressivo le stesse; la valutazione delle agenzie regolatorie sui risultati ottenuti è avvenuta mentre i risultati venivano prodotti, anziché a studi completati. Per questo, nel caso concreto del vaccino anti-Covid, l’autorizzazione data dalle agenzie regolatorie, vista l’emergenza pandemica, è un’autorizzazione condizionata della durata di un anno. Ciò significa che il ‘vaccino’ è ancora ampiamente sperimentale e si aggiunge a questo, che la farmaco vigilanza è di genere passivo, non attiva. Ossia chi viene inoculato non è sorvegliato in modo attivo per rilevare eventuali effetti avversi ed intervenire per tempo, ma è l’inoculato che li deve segnalare al medico di base che valuterà se inserire una segnalazione di effetto avverso.

Il fatto stesso che chi si inocula debba firmare il consenso informato e che gli operatori sanitari preposti all’inoculazione abbiano preteso uno scudo penale per non poter essere responsabili degli eventuali effetti avversi sui pazienti, ci conferma ampiamente il grado di sperimentazione di questo vaccino, oltre ad una situazione che Agamben definisce moralmente e giuridicamente abnorme (cfr.  https://www.youtube.com/watch?v=03Xm7ibYXMU&feature=youtu.be), data l’obbligatorietà surrettizia che viene introdotta per il vaccino con i provvedimenti sul green pass. Ma, se lasciamo da parte gli effetti avversi, e consideriamo la sua beneficità, ci accorgiamo che non fornisce – come invece per altri vaccini- immunità: la malattia si sviluppa nell’inoculato come in chi non ha assunto quel medicinale e lo sviluppo della malattia può essere altrettanto nefasto.

In un’audizione di esperti in Commissione Affari Costituzionali al Senato della Repubblica tenutasi nella prima metà di ottobre 2021, in merito al Decreto Legge 127/21 (introduzione del green pass), il Prof. Marco Cosentino (Medico Chirurgo, Dottore di Ricerca in Farmacologia e Tossicologia e professore ordinario di Farmacologia nella Scuola di Medicina dell’Università  degli Studi dell’Insubria) ha sottolineato che:

“ – Il contagio sintomatico è di fatto documentato in vari casi a partire da poco dopo il completamento del ciclo vaccinale…anche con conseguenze gravi, specie se in presenza di fattori di rischio…, e si fa sempre più probabile man mano che trascorrono le settimane, fino a tornare a condizioni analoghe all’assenza di vaccino dopo cinque-sei mesi… Che poi un vaccinato contagiato possa a sua volta contagiare altri, vaccinati o meno, è altrettanto ampiamente documentato… Talora anche in veste di portatore asintomatico.

- … c’è ormai diffuso consenso sul fatto che le cariche virali, considerate indicatori di contagiosità, specie con la variante Delta oggi prevalente, non siano diverse tra contagiati vaccinati e non vaccinati… Con la variante Delta in particolare è stata suggerita l’assenza di differenza fra vaccinati e non vaccinati per frequenza di positività e carica virale.

- Riassumendo, già a distanza dal completamento del ciclo vaccinale è possibile contagiarsi e contagiare e nel giro di alcune settimane, in particolare con la variante Delta oggi prevalente il rischio non pare essere molto differente fra vaccinati e non vaccinati.”

E’ insomma pericolosa l’equivalenza vaccinati = immuni, e tantomeno vaccinati = non contagiosi. (https://www.youtube.com/watch?v=mOYXjruMXg8) .

Altro medico ad essere audito è stato il Prof. Mariano Bizzarri (Associato di Patologia Clinica dell’Università La Sapienza di Roma, Istituto di Medicina Sperimentale, Patologo ed Oncologo), il quale oltre a rilevare l’inefficacia del vaccino, e l’abuso dei test PCR (tampone) con la conseguente creazione di un enorme numero di falsi positivi, dichiara:

“Stiamo esponendo ad una sperimentazione di massa la popolazione. Non hanno mai fatto studi per scoprire la canceroginità e mutagenicità di questo vaccino” (cfr.: https://www.youtube.com/watch?v=JdDvSodJ2iE – e https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/documento_evento_procedura_co mmissione/files/000/421/377/prof._Bizzarri.pdf) .

E’ stata audita anche la Prof.ssa Maria Luisa Chiusano (Biologa Molecolare dell’Università degli Studi di Napoli Federico II), la quale dopo aver evidenziato la pericolosità d’infondere nella popolazione la fiducia in false sicurezze (i vaccinati non sono tutelati), che possono indurre a discriminazioni infondate, per cui la vaccinazione è una scelta personale e non altruista perché comunque non ne previene la diffusione; afferma:

“Inutile vaccinare chi non ne ha bisogno per non far diffondere una malattia, anche considerato: che una tossina a dosaggio incontrollato può produrre effetti collaterali più rischiosi della malattia stessa con danni a lungo termine, non ancora stimati, e impatto socio-sanitario e costi non ancora stimabili, ma già riscontrabili come da rapporto AIFA… (casi anche gravi in aumento nella fascia al di sotto dei 70 anni. Presumibile anche una maggiore difficoltà di riscontro dopo i 70 anni)”.

La studiosa ha ribadito la tossicità della proteina Spike contenuta nei vaccini e di cui non si sa quanta ne entri nelle cellule umane e per quanto vi permanga, come non si conosce l’efficienza di produzione e smaltimento delle componenti vaccinali nei singoli individui. Di fatto, il disegno sperimentale è mirato ad allungare la permanenza nel corpo umano; introduce modifiche ingegnerizzate nella struttura delle molecole (DNA, RNA); ha un’alta predisposizione ad essere integrato nel genoma umano e ad interferire con l’espressione di geni umani cruciali. Infine, tutti i vaccini basati su produzione della tossina Spike possono riprodurre gli effetti della patologia Covid-19. Da qui l’auspicio a che l’Europa e l’Italia possano offrire altre opportunità vaccinali presenti nel mondo. (cfr.: https://www.youtube.com/watch?v=hTyosXaVsC0;  https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/documento_evento_procedura_co mmissione/files/000/421/413/D.ssa_Maria_Luisa_Chiusano.pdf) .  

Ricordiamo infine che nei testi delle deliberazioni della Commissione Europea, negli allegati acclusi, vengono riportati i dati su migliaia di morti e centinaia di migliaia di gravissimi eventi avversi dopo la somministrazione dei vaccini a mRNA, rilevabili nei documenti aggiornati sull’autorizzazione condizionata all’uso degli stessi. Andando sul sito internet della Banca dati europea delle segnalazioni di sospette reazioni avverse ai farmaci (www.adrreports.eu/it/) si possono visionare i dati ufficiali sui vari vaccini disponibili a livello europeo. Si possono vedere effetti avversi, (gravi o gravissime) sul sistema linfatico, sul sistema cardiaco, occhi, sistema riproduttivo, gravidanza e puerperio, neonati, neoplasie, sistema immunitario …; oltre alle segnalazioni di morte post-vaccino.

Eppure, nonostante tutto ciò, i vaccini vengono spacciati per sicuri da governanti, pseudo-esperti, medici che non attendono –a nostro parere- al giuramento d’Ippocrate (primum non nocere), mass media per la maggior parte allineati e fiancheggiatori di quello che potremmo definire un regime sanitario. Tutto ciò non genera certo una corretta informazione a partire dalla quale chi dovesse decidere di vaccinarsi possa esprimere un consenso informato, oltre che libero. Per dar conto di una ulteriore contraddizione sulla sicurezza dei sieri: sebbene non si possa mettere in discussione la loro affidabilità, tuttavia la società  di Assicurazioni Unipol, offre una polizza per effetti avversi (dal ricovero all’invalidità) e nella quale si prevede un risarcimento che spetterebbe allo Stato (cfr. F. Bonazzi, Vietato parlare di rischi dei vaccini. Però Unipol ti assicura per i danni, in “La Verità”, 12/12/2021 p.5). Inoltre, in ordine all’efficacia del siero, stando ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità, nel periodo 22 Ottobre – 21 Novembre 2021, i ricoverati in Ospedale vaccinati sono stati 4532, mentre 4402 sono le persone senza dose; tutto ciò di fronte all’84,8% di persone vaccinate (P. Floder Reitter, Ennesima conferma dei dati dell’ISS. Più certificazioni verdi,  più contagi, in “La Verità”, 12/12/2021, p. 2).

Ma visto che abbiamo parlato di consenso informato, andiamo ad esaminare il modulo stilato  a tal proposito dall’azienda farmaceutica che produce il vaccino più utilizzato: Pfizer-BiNTech (cdn.onb.it/2020/12/all-1-consenso.pdf).

Già al punto 4 della ‘Nota informativa’ che viene fornita al vaccinando per esprimere il consenso, troviamo: Il vaccino non può essere somministrato alle donne in gravidanza e in fase di allattamento. Vediamo cosa invece afferma l’AOGOI (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani): “Nessun aumento di rischio trombotico nelle donne, anche per quelle che assumono contraccettivi estroprogestinici” (22/03/2021, cfr.: aogoi.it/media/7709/comunicano-sigo-aogoi-agni-22-marzo2021-last-min.pdf).

Al punto 6 dell’informativa troviamo: “… il vaccino potrebbe non proteggere completamente tutti coloro che lo ricevono. Infatti l’efficacia stimata dalle sperimentazioni cliniche (dopo due dosi di vaccino) è del 95% e potrebbe essere inferiore in persone con problemi immunitari. Anche dopo somministrazione di entrambe le dosi di vaccino, si raccomanda di continuare a seguire scrupolosamente le raccomandazioni delle autorità locali per la sanità pubblica, al fine di prevenire la diffusione del Covid-19”.

Tradotto: il vaccino può non essere efficace, il vaccinato si può infettare e può essere infettivo per gli altri. Ciò basta per contraddire, non solo la narrativa della maggior parte dei mass media sull’efficacia dei vaccini, e la sicurezza che ne deriva per i vaccinati- contribuendo a manipolare l’autenticità del consenso informato-, ma rivela anche l’infondatezza delle politiche governative su Green pass e Super Green pass: chi ha il certificato verde può accedere ai luoghi di lavoro e continuare la vita sociale perché, sicuramente, non è un untore. Paradossalmente però il termine untore viene proprio utilizzato dal prof. Leopoldo Salmaso, medico chirurgo, specialista in Malattie Infettive e Tropicali nonché in Igiene e Medicina Preventiva, per indicare piuttosto i vaccinati, nella sua audizione presso la Commissione Affari Costituzionali del Senato il 07/10/2021. Il professore infatti afferma: “La vaccinazione dei lavoratori e degli studenti è  non solo pericolosa per i diretti interessati, ma addirittura controproducente per la comunità, perché la persona vaccinata diventa un untore particolarmente pericoloso per tanti motivi, ed in particolare: 1°. Perché elabora e diffonde varianti non naturalmente adattate e quindi pericolose. 2°. Perché ciò avviene con probabilità prossima al 100%, invece che di 1 su 18.000, com’è per il poveretto che si infetta naturalmente. 3°. Perché nutre per se stesso e condivide con gli altri un falso senso di sicurezza”. (cfr.: https://www.youtube.com/watch?v=V2T217KVhPQ. Inoltre: https://webtv.senato.it/application/xmanager/projects/leg18/attachments/documento_evento_procedura_commissione/files/000/421/445/prof._Salmaso.pdf).  

 Tutte queste misure, dalla vaccinazione alla carta verde o green pass, sono state varate dal governo per “favorire” un’uscita dall’emergenza covid, che doveva durare fino al 31/12/2021. Nello stesso mese di Dicembre 2021, il governo decide di prorogare il periodo di emergenza fino a Marzo 2022. Stanzia 50 milioni di euro da destinarsi al Commissario straordinario per l’attuazione ed il coordinamento e contrasto dell’emergenza epidemiologica covid. Tale misura è contenuta nell’emendamento alla legge di bilancio che il governo ha presentato nella commissione Bilancio del Senato il 17/12/2021.  Quindi, oltre a non essere fuori dall’emergenza nonostante la strategia vaccinale, dei controlli e delle limitazioni alle libertà personali (che non sono più un diritto naturale) –creando oltretutto discriminazione fra popolazione vaccinata e non-, si ammette implicitamente il fallimento di tale strategia univoca adottata, quando si è a 42.879.423 di persone vaccinate con doppia dose (cfr.: vaccinocovid.wired.it/?refresh_ce=).

Ma c’è di più. Il 14/12/2021, il Ministero della Salute emana un’ordinanza (pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 297 del 15/12/2021) nella quale si prevede che tutti i cittadini UE che vogliano accedere al nostro territorio debbano esibire, oltre alla certificazione verde, anche l’esito negativo di un tampone molecolare.  Nel caso di cittadini non vaccinati, essi saranno comunque sottoposti ad isolamento fiduciario per cinque giorni, nonostante un test molecolare negativo.

Se analizziamo le disposizioni ministeriali a partire dalla loro razionalità, dalla logica, dovremmo dire che si sconfessano in un colpo solo sia la validità e l’efficacia dei vaccini (considerato che sono gli stessi in tutta l’UE e che la somministrazione è uguale), ma anche quella del test molecolare (tampone). Sui vaccini abbiamo già avuto modo di esporre i pareri di alcuni illustri studiosi. Il dott. Domenico Mastrangelo, medico specialista in ematologia, farmacologia clinica e oftalmologia, in una audizione in Commissione Affari Costituzionali al Senato ha modo di affermare che il test impiegato per la diagnosi di positività al Covid-19 (tampone) non permetterebbe di effettuare una distinzione tra Sars-Cov-2 e gli altri virus responsabili delle malattie respiratorie. In conseguenza, sarebbe stata realizzata una completa falsificazione dei dati epidemiologici, con uno sproposito incremento dei numeri di casi di Covid-19. Inoltre, evidenzia, come gli attuali tamponi saranno ritirati entro il 31/12/2021 dalla FDA per i motivi sopra riportati, oltre a sottolineare che in un Congresso dell’American Hard Association (dal 13 al 15 Novembre 2021) si è dimostrato che il vaccino a mRNA somministrato ai bambini di 5 anni, raddoppia il rischio di sviluppare la sindrome coronarica acuta (minore afflusso di sangue al muscolo cardiaco, con conseguente infarto dei miocardio) dopo la seconda dose.

La risposta a questo monito è l’avvio della vaccinazione per i bambini in età pediatrica.

Cosa ci dice tutto ciò? Appare evidente che sull’argomento non ci sono i presupposti di beneficità con cui dovrebbe agire il medico; non è rispettata l’autonomia della persona, perché siamo –di fatto- di fronte ad un obbligo vaccinale surrettizio (se non ti vaccini non puoi lavorare, né partecipare alla vita sociale); non vi è il rispetto del diritto naturale dell’uomo, ossia la libertà, condizionata dall’inoculazione del siero, che ha anche una scadenza temporale, a seconda di quanto si ritenga valida l’efficacia del siero.

Ed allora ci troviamo nel paradigma personalista della bioetica, faticosamente conquistato a partire dalla fine dell’Ottocento fino ai giorni nostri?

Appare del tutto evidente un passo decisamente al contrario di diversi secoli; più che essere nel paradigma personalista, siamo in quello paternalistico, sviluppatosi nell’antica Grecia e che si fonda sull’etica aristotelica. Secondo quanto sviluppato da Aristotele nell’Etica Nicomachea (III, 5:114 a 25-30), gli aristocratici, giovani e sani, devono prendersi cura degli altri, come un padre si occupa del figlio. Ciò si riverbera nel rapporto medico-malato; ed infatti per i medici greci, il malato è un in-firmus, soggetto privo di forza, non solo fisica o biologica, ma anche morale, per cui il medico lo tratterà come un bimbo piccolo, compiendo le funzioni di padre. Tutto ciò è rilevabile anche negli scritti ippocratici: il medico deve volere il maggior bene del malato, senza contare sulla sua volontà, visto che è sprovvisto, per principio, di autonomia morale. Il medico ippocratico considera i malati degli inabili morali, quindi come persone che non possono, né devono decidere sulla propria malattia. Tale paternalismo ha anche come suo principio distintivo: primum non nocere, ossia –a partire dalle proprie conoscenze- non adottare pratiche che possano produrre effetti nocivi sui malati. Un principio che resta fondamentale anche nell’attuale formula dello stesso giuramento.

 

NOTA BIBLIOGRAFICA

Oltre ai testi citati direttamente nel testo, sono stati consultati:

D. Gracia, Fondamenti  di Bioetica, Cinisello Balsamo 1993

P. Laín Entralgo, Primum non nocere: El principio de no-maleficencia como fundamento de la ética médica (a cura di D. Gracia), Madrid 1990

P. Laín Entralgo, Sobre la amistad, Madrid 1986

P. Laín Entralgo, Antropología médica para clínicos, Barcelona 1984. Sul web scaricabile all’indirizzo: file:///E:/Utente/Downloads/antropologia-medica-para-clinicos.pdf

P. Laín Entralgo, La relación médico-enfermo : Historia y teoría, Madrid 1964. Sul web scaricabile all’indirizzo: file:///E:/Utente/Downloads/la-relacion-medico-enfermo-historia-y-teoria.pdf

A. M. Valli, Monsignor Viganò e Massimo Citro / Risposta all’articolo di Gwyneth A. Spaeder, in: https://www.aldomariavalli.it/2021/12/28/monsignor-vigano-e-massimo-citro-risposta-allarticolo-di-gwyneth-a-spaeder/