Il grande bluff del petrolio in Basilicata non ha portato né soldi
né occupazione. Tanti pozzi attivi, un territorio traforato selvaggiamente,
dubbi sulle conseguenze per la salute degli abitanti ma scarse ricadute
economiche per la Basilicata contro i grandi delle compagnie petrolifere.
All’inizio si pensava che la regione avrebbe potuto godere di vantaggi e
crescita derivanti dalle estrazioni di idrocarburi, tali da poter creare
infrastrutture e soprattutto occupazione. Nei fatti ciò non è stato. Oggi si combatte
con l’inquinamento dovuto dall’attività di sfruttamento dell’oro nero, secondo
l’Ola infatti «gli idrocarburi nelle acque del Pertusillo sono risultati fino a
32 volte superiori ai limiti di legge per le acque di classe A2; gli drocarburi
nei sedimenti dell’invaso sono risultati fino a 13 volte superiori ai limiti di
legge per gli scarichi fognari, mentre i metalli pesanti sono risultati anche
migliaia di volte superiori ai limiti; sia nelle acque che nei sedimenti è
presente in dosi significative il bario». Noscorie Trisaia pone l’accento
sull’inquinamento sotterraneo e superficiale «che l'attività di estrazione
petrolifera produce sulle sorgenti, sugli invasi e i corsi d'acqua in Val
d'Agri, sull'inesistenza, a distanza di oltre 15 anni, dei monitoraggi
ambientali previsti dall'accordo Eni-Regione, mentre quelli esistenti, sono
parziali e di parte, mentre insufficienti sono quelli pubblici. Come non
parlare delle ferite ancora aperte da Eni in Val Basento, della bonifica ancora
sulla carta dell'area industriale di Pisticci-Ferrandina, della sua bonifica
unitamente a quella dei pozzi delle concessioni Eni Serra Pizzuta e Cugno Le
Macine dove la Geogastock vuole stoccare il gas che dovrà giungere in Italia
dal Mar Caspio. Queste sono solo alcune questioni da cui le popolazioni
attendono da Eni risposte chiare, unitamente alle questioni occupazionali e
sulle condizioni di lavoratori ed ex lavoratori Eni esposti a sostanze tossiche
e nocive».
Secondo Cosimo Latronico nella “Basilicata Saudita” «emergono
tracce degli effetti collaterali prodotti dalle attività estrattive. E così
scopri che un piccolo paradiso, una contrada di Corleto Perticara (Tempa
Rossa), ormai feudo della Total, è stata trasformata in un inferno: 2.000 metri
cubi di veleni, un micidiale cocktail di idrocarburi e metalli pesanti vengono
stoccati in contrada Serra d’Eboli. La discarica - aggiunge Latronico - viene
poi ricoperta con un metro di terreno e riconsegnata agli ignari pastori che
vedono morire le proprie greggi. Per la Procura di Potenza, che indaga sulla
vicenda, le ipotesi di reato sono omicidio plurimo colposo e attentato alla
salute pubblica. Siamo di fronte a un attacco all’arma bianca. Con attività
estrattive svolte in aree dove si registra un forte dissesto idrogeologico, a
rischio sismico, e si trivella in prossimità di dighe, laghi, sorgenti, campi
coltivati e centri abitati».
I cittadini
valligiani preoccupati dall’inquinamento
dovuto allo
sfruttamento degli idrocarburi
I
cittadini, soprattutto i comitati spontanei e le sigle dell'ambientalismo, lo
dicono chiaro e forte che ci sono ripercussioni sulla salute pubblica. Loro
citano anche numeri documentati ma ovviamente nella filiera dei controlli ciò
non risulta in modo cristallino. Ma proprio i controlli non convincono. Lo dice
un medico della Val d'Agri con l'esperienza diretta del Centro oli di
Viggiano.«Per quello che sappiamo a Viggiano non esistono situazioni come
quella di Corleto Perticara però noi sosteniamo che ci sono rischi per la
salute dalle attività in corso in quanto non ci fidiamo dei controlli»,
sostiene Giambattista Mele, medico, promotore del comitato ''Laboratorio per
Viggiano''.«Ai controlli non ci crediamo - aggiunge - secondo noi, non vengono
proprio fatti dalle autorità pubbliche. L'osservatorio ambientale inaugurato
l'anno scorso non è mai entrato in funzione. E il Centro di monitoraggio su cui
la Regione ha fatto molto 'battage' pubblicitario nelle settimane scorse
-aggiunge Mele - seguirà la nostra situazione da Potenza attraverso l'Arpab.
Non siamo soddisfatti. Per questo abbiamo presentato un progetto all'Unione
europea per creare una rete locale di monitoraggio. Stiamo aspettando il
responso, altrimenti ci muoveremo con indagini indipendenti». Mai come ora in
Basilicata proliferano i comitati civici e stanno facendo rete. «Ormai la
Basilicata e' interessata interamente da richieste di permessi - sottolinea
Mele - e quindi stiamo unendo gli sforzi. In questi giorni stiamo portando la nostra
esperienza a Brienza e Marsiconuovo per la concessione Monte Cavallo della
Shell».
Petrolio: consiglio regionale sulle
liberalizzaioni e sulle prospettive di sviluppo
La Regione chiese che «Governo e Unione europea riconoscano alla
Basilicata una specialità programmatica con percorsi attuativi eccezionali».
E’stata chiesta la destinazione di quote delle maggiori entrate erariali
accertate allo sviluppo di progetti infrastrutturali e occupazionali di
crescita dei territori di insediamento degli impianti produttivi e di quelli
limitrofi. Il voto alla Camera che ha convertito in legge il decreto del
governo Monti sulle liberalizzazioni, con il via libera alle previsioni
dell’articolo 16 rappresenta uno spartiacque nella storia del petrolio lucano.
Due gli aspetti principali: princìpi di precauzione, di sicurezza per la salute
pubblica, di tutela della qualità ambientale e paesistica e la previsione di
sviluppo di progetti infrastrutturali e occupazionali di crescita dei territori
d’insediamento degli impianti produttivi. Le risorse economiche che giungono in
Basilicata ammontano a 710 milioni di euro.
Altra questione di rilevante importanza investe le royalties che
oggi sono pari al 12 per cento a barile. Un vero Eldorado per le compagnie
petrolifere che in Italia pagano molto di meno rispetto alla Norvegia e
all’Indonesia, dove le royalties sono pari all’80 per cento, mentre Canada e
Kazakistan giudicano insufficiente il 45 per cento che incassano sui ogni
barile. Pochi soldi invece per la regione: 800 milioni di euro, che in 11 anni
la Basilicata si è vista piovere addosso. Per il prossimo decennio saranno
almeno 6 i miliardi di euro in royalties.
Dai 25 pozzi attivi in Val d’Agri - evidenzia Simonetti - la
Basilicata estrae l’80 per cento della produzione petrolifera italiana., il 5-6
per cento del fabbisogno nazionale. Le compagnie petrolifere, l’Eni e la Shell,
in particolare, puntano a passare dagli attuali 80.000 barili al giorno ai 104
mila, più altri 25 mila. Con l’ampliamento del Centro Oli di Viggiano e
l’entrata in funzione dell’impianto Total di Tempa Rossa la Basilicata
raddoppierebbe la sua produzione fino a 175 mila barili al giorno, il 12 per
cento del consumo italiano».
Ma perché benzina e gasolio costano tanto?
La maledizione dei
costi così alti va addebitata alle accise che resistono da settant’anni per
ripianare altri debiti: 1,90 lire per il finanziamento della guerra di Etiopia
del 1935, 14 lire per il finaziamento della crisi di Suez del 1956, 10 lire per
il finanziamento del disastro del Vajont del 1963, 10 lire per il finanziamento
dell’alluvione di Firenze del 1966, 10 lire per il finanziamento del terremoto
del Belice del 1968, 99 lire per il finanziamento del terremoto del Friuli del
1976, 75 lire per il finanziamento del terremoto dell’Irpinia del 1980, 205
lire per il finanziamento della guerra del Libano del 1983, 22 lire per il
finanziamento della missione in Bosnia del 1996, 39 lire per il rinnovo del
contratto degli autoferrotranvieri del 2004. Il prezzo complessivoè
composto da varie voci: dal costo del prodotto raffinato, il trasporto
primario, il costo di stoccaggio, le varie spese di ufficio e punto vendita,
fino al margine per il gestore. Sembrerebbero molte, ma tutte queste
voci - che contemplano spese e guadagni per divesi soggetti - ammontano solo al
30 per cento del costo del carburante. La vera “vergogna” arriva dalle
famose accise che pesano per il 52 per cento sul costo totale. Prese singolarmentesi
tratta di cifre minime, nell’ordine del millesimo di euro o di 10 centesimi,
eppure sommate, queste dieci una tantum sono diventate col passare degli anni
una massa che determina un aggravio complessivo di quasi 25 centesimi. Ma quanto guadagna lo Stato?I
conti sono facili, ogni centesimo di aumento sul carburante comporta un
maggiore introito di circa 20 milioni di euro al mese per le casse dello Stato.
Secondo i dati dell’Unione petrolifera nel 2007, le entrate fiscali alimentate
dai prodotti petroliferi sono state superiori ai 35 miliardi (24,7 derivanti
dalle accise e 10,5 dall’Iva). Inoltre, dal 1999, le Regioni hanno la facoltà
di imporre accise regionali sui carburanti. A ciò si somma l'imposta di
fabbricazione sui carburanti, per un totale finale di 70,42 centesimi di euro
per la benzina a litro e 59,32 per il gasolio a litro. Su queste accise viene
applicata anche l'Iva, che grava per circa 15 centesimi di euro nel primo caso
e 12 nel secondo.
La corte dei Conti guarda nelle tasche della Regione
Secondo Maurizio
Bolognetti, segretario dei Radicali Lucani, la Regione guadagna ricche
royalties: «Non sempre usate per scopi utili tanto che la Corte dei Conti ha
aperto dei fascicoli per possibile uso improprio di fondi pubblici. La
Basilicata vorrebbe, anzi, maggiore riconoscenza per un contributo al
fabbisogno nazionale attualmente dell'8 per cento e con l'estrazione Tempa
Rossa destinata a salire al 12 per cento. Dalla regione lucana arriva l'80 per
cento del petrolio italiano. Quindi è strategica. Ma in Basilicata questo
''sacrificio'' pesa e non poco per le ripercussioni su salute, paesaggio,
agricoltura, parchi e natura».
Utilizzo delle rotalties
Altro nodo
essenziale è quello di prevedere una diversa utilizzazione delle royalties
dedicate ai Comuni che a volte restituiscono i soldi perché non possono
realizzare quanto previsto, di qui la necessità di favorire i progetti per
l’occupazione e introdurre, ad esempio, l’apprendistato con eliminazione
dell’Irpef e della contribuzione previdenziale per almeno tre anni, così si
potranno creare nuove figure professionali ormai scomparse in molti comuni: dal
falegname all’idraulico, dal calzolaio al fabbro, etc. Da questo punto vista
non risulta affatto peregrina la proposta del capogruppo consiliare della Sel
Giannino Romaniello di favorire i progetti per l’occupazione nei nostri centri,
piccoli o grandi che siano.
(Aloisio)