sabato 23 maggio 2020

Meditatio pauperis in solitudine

di Luigi Pistone

 Riflessione di un credente  
 
È notte! Chiuso nel mio studio, con la testa tra le palme delle mani, penso. Strano! Nella mia mente s’affaccia un tema nuovo, un tema che non ero mai solito pormi: “L’uomo”. Chi è costui? Molte risposte mi si accavallano, ma una la ritengo più opportuna: l’uomo è un essere posto sul filo del tempo travolgitore, che nasce, finisce e ricomincia fino alla consumazione dei secoli. Intanto la mente si schiarisce dietro a tanti uomini passati, ignoti, ma in questo momento vivi dinanzi a me, a parlarmi di spine, di rose, di sconfitte, esili e vittorie. Dunque soltanto di questo? No! L’uomo non intrattiene rapporto solo così coi suoi simili o con tutto ciò della creazione che gli è soggetto, ma quanto vi è al di là dei sensi: dio, spirito incommensurabile, eterno. In questo momento è che l’uomo appare nella sua grandezza, combattendo una battaglia tutta sua, battaglia di giorni e di notti, perché essendo egli avvolto da questo mondo divino, non potrebbe agire diversamente, come l’uccello non può fare a meno dell’aria e dello spazio per librarsi in esso. I minerali dormono nel silenzio e il loro riposo tiene salde le fondamenta della terra; i vegetali storniscono al vento che li carezza e il loro respiro dà vita alla natura, gli animali secondano i loro istinti secondo le leggi dettate dalla natura stessa, l’uomo invece intrattiene con dio rapporti più complessi che vanno dalla sua origine all’uso della libertà, libertà che sarà o la sua salvezza oppure la sua perdizione. Quest’uomo che è stato così industrioso, che progredisce sempre più, può manovrare macchine che stupiscono, fenomeni complicati, ordigni, scindere perfino l’atomo e forse in un domani non lontano lo vedremo nei suoi viaggi interplanetari. Davanti a dio (secondo i credenti) non gli basta l’intelligenza, gli occorre il cuore, l’amore. L’uomo, dunque, s’intrattiene con questo dio, ma dov’è egli mai? Egli non si vede, ma si riconosce (per chi crede in qualcosa di ultramondano) nelle sue opere. Nessuna cosa appare tanto manifesta ogni qualvolta alziamo gli occhi al cielo in una notte d’estate! Il nostro sguardo è colpito da miriadi di stelle, Tutte opere delle sue mani. Come negargli tanta moltitudine e vastità di terre e di mari? Dunque l’uomo non è come si poteva pensare in un primo momento: cioè un essere che finisce e ricomincia fino alla consumazione dei secoli, ma un essere pieno d’amore, il quale amore, per quanto grandi saranno gli avvenimenti, non perirà; ma sublimato, conforterà la speranza dell’uomo di un avvenire migliore. «Attendo sull’ancora – il cenno divino – per novo cammino».

Corbellerie tutte made "Regione Basilicata"





 di Luigi Pistone

Alla Regione Basilicata le lucciole son diventate lanterne!
Ma lo sapevate che in Basilicata abbiamo l’aeroporto? (Anche più di uno) E mannaggia, non lo sapevamo! Ebbene secondo la Regione Basilicata esiste… c’è, ma non si vede! La chicca è l’ennesima sfornata dai “soloni” del massimo ente territoriale ed è contenuta nell’articolo 1 dell’ordinanza numero 22 del 2020 («trasporto di linea aerea»). Ebbene sono decenni che si discute di un aeroporto in Basilicata. A Potenza si era pensato di costruirlo ai Piani del Mattino (inutile dire che il progetto fu bocciato per una serie di fattori) fino a giungere alla famosa Pista Mattei nella Val Basento, anche questa naufragata miseramente. Stesso discorso vale per i porti. Ma sapevate che in Basilicata abbiamo pure i porti? Ebbene anche quelli secondo l’ordinanza regionale esistono. Qualcuno potrà obiettare ma a Maratea c’è il porticciolo, come anche sulla costa Jonica, ma di certo non possono rientrare nelle linee di «trasporto marittimo». Anche sui trasporti ferroviari ci sarebbe da scrivere: ma alla Regione sanno che a Matera giungono solo treni dalla Puglia? I più maligni dicono che è tutta colpa di qualche pusher di transito (per via terrestre) che rifornisca di sostanze non ancora ben identificate (sicuramente non sono né droga né sostanze psicotrope) chi stila le cosiddette misure urgenti per evitare la diffusione sul territorio regionale del Covid-19. Altri, invece, sostengono che nel “copia e incolla” si eviti la lettura di ciò che si riporta nelle ordinanze facendo delle grandissime figuracce. Queste sono le grandi “menti pensanti” che abbiamo importato. Non oso immaginare se non lo fossero state cosa avrebbero scritto: probabilmente che le misure restrittive valgono anche per chi proviene da altri pianeti, sia tramite teletrasporto sia tramite navicelle spaziali. Beh, per quanto mi possa essere stata antipatica la giunta Pittella di queste fesserie non è ho mai lette personalmente. Di loro possiamo dire di tutto e di più ma il pressapochismo di questo esecutivo non desta semplice ilarità ma fa piangere dalle risate se non fosse per la drammatica situazione che stiamo vivendo a causa del Coronavirus che fa disperare le 27 famiglie delle vittime che, si spera, finiscano qui. Al comando della Regione Basilicata avrebbero fatto molto, ma molto meglio i personaggi usciti dalla “magica” matita di Walt Disney. Infatti in edicola sicuramente uscirà una raccolta delle corbellerie partorite da codeste menti geniali, per giunta super pagati dai lucani. Poveri lucani, come ha scritto un amico, sono finiti dalla padella sulla brace. E ora, come se non bastasse, qualora volessero fare il tampone per constatare la presenza del “vairus” dovrebbero sborsare più di 50 euro e il risultato non è nemmeno sicuro. E c'è anche chi osa dire che il tampone è su base volontaria e bisogna farla finita con le polemiche per ogni notizia che viene “partorita” da codeste menti. Personalmente, qualora fosse possibile, parlerei volentieri con Basaglia per far riaprire solo alcuni reparti per il recupero funzionale delle capacità cerebrali di alcuni e di alcune, laddove fosse ancora possibile. C’è chi dice che per fare il ministro alla Salute non bisogna essere per forza un tecnico e va bene passi pure questa, ma per un’ordinanza un minimo non dico di tecnicismo ma almeno di conoscenza del territorio che si amministra è il minimo sindacale richiesto. Se proprio non è possibile facciamo fare loro qualche corso serale.

mercoledì 6 maggio 2020

Sacco e Vanzetti: Storia di ordinaria ingiustizia

Il 23 agosto 1927, alle ore 0,19 veniva ucciso sulla sedia elettrica Nicola Sacco. Alle 0,26 toccava a Bartolomeo Vanzetti subire lo stesso destino. Ma la storia di Sacco e Vanzetti, i due emigrati italiani accusati negli Stati Uniti di aver preso parte a una rapina uccidendo un cassiere e una guardia nonostante le prove evidenti della loro innocenza, non si chiudeva con la loro esecuzione. Una storia di ordinaria ingiustizia, che divenne qualcosa di più grande e simbolico. Come lo stesso Bartolomeo Vanzetti comprese, quando rivolgendosi alla giuria che lo condannò alla pena di morte, disse: «Mai vivendo l'intera esistenza avremmo potuto sperare di fare così tanto per la tolleranza, la giustizia, la mutua comprensione fra gli uomini». Il destino dei due anarchici italiani, capri espiatori di un'ondata repressiva lanciata dal presidente Woodrow Wilson contro la «sovversione», non solo smosse le coscienze degli uomini dell'epoca, ma come un fantasma continuò ad agitare l'America per decenni. Finché nel 1977, cinquant'anni dopo la loro morte, il governatore del Massachusetts Michael Dukakis riconobbe in un documento ufficiale gli errori commessi nel processo e riabilitò completamente la memoria di Sacco e Vanzetti.
Nick e Bart - Bartolomeo Vanzetti, «Tumlin» per gli amici, nacque nel 1888 a Villafalletto nel Cuneese, figlio di un agricoltore. A vent'anni entra in contatto con le idee socialiste e, dopo la morte della madre Giovanna, decide di partire per l'America, miraggio di una vita migliore per gli italiani dei primi del Novecento. Stabilitosi nel Massachusets, milita in gruppi anarchici e nel 1917, per sfuggire all'arruolamento, si trasferisce in Messico. È qui che stringe amicizia con Nicola Sacco, pugliese, classe 1891. Da allora, Nick e Bart diventano inseparabili e frequentano i circoli anarchici.
L'arresto - Il 5 maggio 1920 Nick e Bart, come li chiamavano in America, vengono arrestati perché nei loro cappotti nascondevano volantini anarchici e alcune armi. Tre giorni, i due vengono accusati anche di una rapina avvenuta a South Baintree, un sobborgo di Boston, poche settimane prima del loro arresto, in cui erano stati uccisi a colpi di pistola due uomini, il cassiere della ditta - il calzaturificio «Slater and Morrill» - e una guardia giurata.
La condanna - Dopo tre processi, i due italiani vengono condannati a morte nel 1921 nonostante contro di loro non ci sia nessuna prova certa, ma addirittura la confessione del detenuto portoricano Celestino Madeiros che ammette di aver preso parte alla rapina e di non aver mai visto Sacco e Vanzetti. E a nulla valsero neppure la mobilitazione della stampa, la creazione di comitati per la liberazione degli innocenti e gli appelli più volte lanciati dall'Italia.
Quando si parla di Mussolini le posizioni sono quasi sempre radicali: o dalla sua parte o contro, ma anche se la notizia non è certo recentissima, vala la pena ricordare il suo impegno nel caso Sacco e Vanzetti. La storia dei due anarchici condannati ingiustamente vide l'impegno anche di grandi nomi per la loro salvezza, nomi illustri come Albert Einstein o Anatole France e è stata di ispirazione per registi e cantanti. Quello che è meno noto è l'impegno che Benito Mussolini mise per ottenere la loro grazia dal governo americano.
A rivelare questo inconsueto aspetto del personaggio Mussolini è stato Philip Cannistraro, uno dei più celebri studiosi americani del Fascismo che ha pubblicato le sue ricerche sulla rivista "Journal of Modern History". Cannistraro, frugando negli archivi del Ministero degli Esteri italiano ed in particolare tra i documenti pervenuti dall'Ambasciata italiana di Washington, riportò alla luce due documenti, scritti da Mussolini in persona, dove si chiedeva una revisione del processo a carico dei due anarchici Sacco e Vanzetti: il primo che risale al 1923, in forma riservata, in quanto lo stesso Mussolini riteneva che il processo fosse stato condotto in maniera "pregiudizievole", il secondo indirizzato al governatore del Massachusetts, Alvan Fuller, nei primi dell'agosto del 1927, a un mese dall'esecuzione.
Nelle motivazioni di questa seconda lettera Musssolini chiede che ai due anarchici venga concessa la grazia per evitare che la morte di Sacco e Vanzetti, potesse trasformarli in martiri della sinistra e per dimostrare come la democrazia americana si discostasse nettamente dai metodi bolscevichi. Durante quel periodo Mussolini ebbe una regolare corrispondenza con l'ambasciatore italiano a Washington, Giacomo De Martino, e con il console generale a Boston affinchè facessero pressione anche su Calvin Coolidge, l'allora presidente degli Stati Uniti. Anche se la cosa è poco nota Mussolini nutriva una grande simpatia per gli anarchici: li riteneva uomini "di fegato", cosa raccontata tra l'altro in un libro di Armando Borghi, libertario di spicco negli ambienti romagnoli: "Mezzo secolo di anarchia" dove lo stesso Borghi racconta dei rapporti amichevoli che Mussolini ebbe con il movimento anarchico italiano prima di diventare direttore dell'Avanti e prima di intraprendere la sua carriera politica.


Joan Baez - Here's to you, Nicola and Bart (musica di Ennio Morricone):

sabato 2 maggio 2020

Il Covid-19 ha subito 33 mutazioni. Ecco le conseguenze

 
di Mariella Bussolati  

Il Coronavirus non è uno solo. Come fanno anche altri virus continua a mutare, producendo diversi risultati, per esempio la diversa severità dell’infezione nei Paesi che ne sono stati colpiti. E’ questo il risultato di una ricerca appena pubblicata da Li Lanjuan, una dei più stimati ricercatori cinesi. E’ grazie alla sua analisi e ai suoi consigli se Wuhan è stata chiusa in una notte per cercare di contenere il virus. Secondo i risultati dello studio il Sars CoV 2 è stato capace di mutare 33 volte da quando è apparso in Cina nel dicembre 2019. La parola mutazione nell’immaginario, che dipende anche dai racconti di fantascienza, si pensa sempre porti a qualcosa di molto più potente e mortale. In realtà questo genere di ambiamenti sono pare del ciclo naturale di vita di qualsiasi organismo, e in particolare di quelli più piccoli e ancora di più di quelli formati da una sola stringa di Rna, come il Covid-19. La maggior parte di queste variazioni sono mortali per il virus stesso, perché se non sono utili vengono eliminate. Nathan Grubaugh, un ricercatore del Dipartimento di Epidemiologia della Yale University (Usa), ha scritto su Nature un articolo intitolato Perché non dovremmo preoccuparci delle mutazioni che avvengono durante una epidemia. Grubaugh fa notare che un virus, per diventare più letale, deve cambiare molti tratti genetici contemporaneamente, un’operazione che gli riesce difficile fare in un lasso di tempo così limitato. Forse la sua nocività non peggiora, ma Li Lanjuan ha scoperto che i cambiamenti riguardano aspetti così rari che finora non erano stati studiati e che possono influire sulla infettività. In particolare possono produrre effetti diversi sulle cellule e la carica virale. Alcuni sono effettivamente più pericolosi di altri. Per esempio una varietà particolarmente aggressiva ha dimostrato di essere capace di generare una carica virale 270 volte più alta di altre verietà, e di uccidere le cellule più velocemente. In particolare ceppi più aggressivi sono stati riscontrati in Europa e a New York, che hanno avuto tassi di mortalità simili, mentre altri più leggeri hanno infettato altre parti degli Stati Uniti, come per esempio lo stato di Washington. Proprio quello proveniente da quest’area era quello diffusosi sulla nave da crociera Gran Princess. Altri generi hanno colpito la California. La pandemia insomma può avere tassi di infezione e letalità diversi da Paese a Paese, e questa potrebbe essere una spiegazione delle differenze, sebbene la mortalità dipenda anche da fattori come età, condizioni di salute e perfino il gruppo sanguigno. Chi ha il gruppo A è più sensibile, chi ha lo 0 meno. Questo avviene perché ci possono essere cambiamenti funzionali nella proteina spike, quella attraverso cui viene attaccata la cellula. Per verificare questi meccanismi sono state infettate cellule con i diversi tipi e ne è stato analizzato l’effetto. Secondo Lanjuan individuare la mutazione locale potrebbe aiutare meglio nell’azione contro il virus. Le medicine che si stanno sperimentando infatti sono molto importanti, così come lo è la ricerca dei vaccini. Ma è evidente che se le possibili forme del virus cambiano, dovrebbero essere efficaci per tutte, altrimenti si corre il rischio di un fallimento. Altre ricerche sulle mutazioni sono state compiute al Campus Biomedico di Roma. Domenico Benvenuto, studente e ricercatore al 6 anno di medicina, il primo a individuare la struttura del coronavirus, e Massimo Cicozzi, docente di statistica medica ed epidemiologia, hanno stabilito che una sequenza che regola l’autofagia, dunque la possibilità di contagiare, assente in Cina, è risultata invece presente poi in America ed Europa. Un’altra ricerca effettuata con Robert Gallo riguarda invece la polimerasi, l’enzima necessario per la replicazione. Sono state individuate 8 mutazioni, alcune prevalenti in Europa, altre presenti esclusivamente in Nord America. Dai dati sembrerebbe che il virus stia diventando meno efficiente lasciando dunque supporre che stia perdendo di potenza. E’ solo una ipotesi, ma di sicuro per un patogeno non è utile uccidere tutti i propri ospiti, mentre potrebbe trovare più conveniente trasformarsi diventando meno letale.