venerdì 30 agosto 2019

Un mare di sangue: la verità sulla Russia bolscevica


Una versione editata di: Un Mare di Sangue: la verità sulla Russia bolscevica (A Sea of Blood: the Truth about Bolshevik Russia), un opuscolo di 12.000 parole pubblicato in origine a Monaco (1926) e scritto da un rifugiato politico russo conosciuto come "Dr. Gregor".

1. Introduzione

Nove anni sono già trascorsi dall'inizio di quell'indescrivibile crimine contro l'umanità che fu la Rivoluzione Bolscevica del 1917. Oggi, al suo nono anno, esiste un governo che si dichiara il governo degli operai e dei contadini, ma ai suoi vertici non ci fu mai ne un operaio ne un contadino.
Per nove anni si è fatto uso della tortura in nome della democrazia, come strumento ufficiale dello stato. E nel nome del socialismo milioni di persone per bene sono state assassinate, fatte morire di fame, oppure esiliate dalle loro case e dalle loro terre in lontani angoli del mondo.
Nel nome del proletariato, il popolo russo è stato soggiogato da stranieri di rango, il suo appello è stato messo a tacere e i loro corpi spediti in fosse comuni, con l'acclamazione della Terza Internazionale Ebraica.
Un vecchio detto russo dice: "Non ci sono così tante bugie come prima di una guerra e dopo una partita di caccia". E infatti la Grande Guerra (Prima Guerra Mondiale) non ebbe mai un vero armistizio, in realtà non ebbe mai una fine. E la caccia a più teschi umani, ovviamente di cristiani e ariani, continua sulla base di un sinistro e sistematico progetto. Così la grande menzogna continua a fiorire, in effetti una forma di culto del Padre delle menzogne da parte di quella canea internazionale che si fanno chiamare Bolscevichi.
Mundus vult decipi!  Il mondo vuole essere ingannato!

Crede alle bugie sovietiche, ai racconti di fantasia e partecipa persino a questa commedia malata, inviando delegazioni di persone ben note, di sinistra ovviamente, incapaci di comprendere la lingua russa e a sostegno degli obiettivi della terza Internazionale!
La Terza Internazionale era la terza grande conferenza tenuta dagli ebrei ultra-radicali ed i Marxisti nel 1919 per coordinare le attività comuniste nel mondo.
Ora questi ospiti stranieri vanno nella Russia Sovietica per "studiare" la situazione. Questi tizi non hanno alcuna idea di cosa fosse la Russia prima dei Bolscevichi e cosa sarebbe potuta diventare nel frattempo senza di loro! Inoltre, i nuovi amici dell'Unione Sovietica dimostrano buona conoscenza ed apprezzamento per il nostro caviale e la vodka! Il caviale è buono, la vodka brucia come fuoco quando va giù e nei cervelli annebbiati della buona volontà democraticaci si dimentica dei fiumi di sangue, i frammenti umani sparsi e lo sferragliante rumore di milioni di catene di schiavi.
Così a democrazia internazionalista festeggia il suo rito sacrificale. L'agnello cristiano è sgozzato e Anna e Caiaphas (leaders ebraici nel Sanhedrin che condannarono a morte Gesù), che oggi rappresentano il capitale azionistico internazionale, sono gli ospiti d'onore alla festa.
Nota di Isabella Fanfani:
Marx, Engels, Lenin e Trotsky furono i quattro ebrei che collaborarono alla distruzione della Russia cristiana degli Zar e sostituirla con un Comunismo ateo durante il quale 66 milioni di cristiani russi perirono nei gulag gestiti dalla Cheka.

2. La sistematica distruzione della Russia


I figli dello Zar Romanov  Nicola IIº nel 1906. La Gran Duchessa Olga, nata nel 1895, Tsarevich Alexei,nata nel 1904, Gran Duchessa Tatiana, nata nel 1897, Maria, nata nel 1899, Anastasia, nata nel  1901. Tutti assassinati dai comunisti.
La vecchia Russia non esiste più.
Al suo posto abbiamo un enorme deserto: il 90% della sua intellighenzia annientata, la sua classe media distrutta, la sua classe operaia fatta ridiventare ancora serva, ma questa volta servi in fabbriche statali,operai che al solo uso della parola "sciopero" possono essere messi al muro! In quanto al contadino, questi non è altro che una bestia da soma, un cammello nel Sahara sovietico, che lavora per i suoi sfruttatori ebraici e quasi senza paga.
Per una persona inesperta deve essere completamente incomprensibile come un così potente impero, apparentemente in una notte di rivoluzione, abbia potuto incendiarsi ai suoi quattro angoli ed essere distrutto.
Comunque non è successo tutto in una notte.
Gli avvenimenti del Marzo 1917, il rovesciamento dello Zar da parte della classe media di Kerensky, e del Novembre 1917, il golpe bolscevico contro il governo di Kerensky, furono soltanto il risultato visibile di anni di pazienza e attività sotterranee da parte dell'Internazionale Ebraica: un lavoro che non cominciò nelle menti criminali di Marx, Kautsky e Engels, ma in una precedente alleanza dell'ebraismo con i più alti gradi della Massoneria mondiale.
 Questi eccelsi "idealisti" hanno torturato e ucciso in nome degli operai e dei contadini russi, e secondo le loro proprie statistiche, il seguente numero di vittime nei primi quattro anni della gloriosa rivoluzione russa: 28 vescovi della Chiesa, 1,215 sacerdoti e 6.000 monaci. Perché? Soltanto perché erano vescovi, sacerdoti e monaci e perché credevano in Dio, il quale è solamente una superstizione usa e getta della classe media.
Dopodiché fu la volta di 8.800 dottori cristiani e i loro assistenti. Perché rappresentavano la classe media della medicina non ebraica.
 Poi toccò agli ufficiali: 54.650 dell'esercito e della marina, 10.500 funzionari di polizia (dal grado di tenente in su) e 48.500 poliziotti di grado inferiore. E per quale ragione?
Perché erano ufficiali di polizia e dell'esercito e tutti noi sappiamo che il "militarismo" non è più ammissibile per qualsiasi popolazione bianca nazionalistica e consapevolmente ariana. E' solo ammissibile ai banditi Rossi che si autodefiniscono proletari e che scavano una fossa comune al vero proletariato.
Poi ci sono 260.000 soldati del vecchio esercito fedeli alla bandiera, tutti fucilati. Ma anche questa è una statistica trascurabile.
Ora è il turno della intellighenzia: insegnanti, professori, ingegneri, impresari edili, scrittori e giudici, specialmente giudici, perché essi erano i più pericolosi per uno stato governato da criminali condannati.
A questi dobbiamo aggiungere avvocati, procuratori distrettuali e tutti quei mestieri derivanti da lauree universitarie, per raggiungere il numero di 361.825 assassinati fra i membri delle professioni più quotate.
Non mi soffermerò sulla classe di proprietari terrieri, consistente in un numero di 12.950 persone, anch'essa annientata.
E quando qualcuno mi chiede come l'intellighenzia russa può sopportare il giogo bolscevico, gli rispondo sempre che l'intellighenzia russa o si trova a sei piedi sotto terra oppure è in esilio e che quel poco che è rimasto ha sofferto una tale e sistematica umiliazione da parte del rullo compressore comunista da giocarsi anche l'ultimo battito di autostima e di onore personale.
Arriviamo infine al modesto numero di operai e contadini condannati a morte dallo stato degli operai e dei contadini. Questi ammontano a 192.350 operai e 815.000 contadini.
Tutti questi dati sono statistiche ufficiali pubblicate dalla Cheka (precursore del KGB) e stampati su giornali bolscevichi dell'epoca quando le forze anti-comuniste della Russia Bianca combattevano Trotsky e l'Armata Rossa (1917-1921).
Tutti questi fatti possono essere verificati nei volumi completi informativi o estratti pubblicati nel 1922 dal Ministero degli Affari Interni del Regno di Serbia, l'unico paese in Europa che sta combattendo senza sosta contro la malattia del comunismo.
Persino questo enorme numero di vittime è piccolo se paragonato alle persone mentalmente malate che se ne vanno in giro libere per la Russia Sovietica, 4.800.000 di loro. Ma non c'è da stupirsi. Nemmeno la vecchia Russia aveva abbastanza ospedali e sanatori per loro. Ora tutto il paese è diventato un manicomio.
Le uccisioni continuano ed il sangue continua a scorrere ma solo sangue cristiano e ariano.
Quando, durante la carestia del 1922, 30.000 esseri umani morivano ogni giorno, il leader ebraico Trotsky fece la seguente nota sarcastica: "Tanto meglio, guardiamo al lavoro cartaceo che ci viene risparmiato!"

3. Gli Zar assassinati dagli ebrei

Dopo Nicola Iº, salì al trono il figlio Alessandro IIº, un vero amico del suo popolo. Nel 1861 egli abolì la servitù e diede la terra ai contadini. Questa riforma avvenne grazie all'accordo mir delle comunità rurali, un'istituzione molto più vicina ad un vero e onesto comunismo che non ad un sistema capitalistico e di tassazione come vediamo nella Russia Sovietica di oggi.
Quello stesso Zar, Alessandro IIº, che nel 1864 diede al suo popolo un nuova procedura processuale per il sistema giudiziario, a quel tempo la più equa e moderna in Europa, fu oggetto di sette attentati alla sua vita, finché un ottavo attentato perpetrato da Goldmann, Liebermann e Zuckermann (si può forse sbagliare la loro razza?) portò in porto con successo i desideri di Londra.
(La Gran Bretagna, a quel tempo, era sotto il controllo dei banchieri ebrei della City di Londra)
Alessandro IIº, il grande benefattore della sua nazione, fu fatto saltare con la dinamite il 1º Marzo 1881, il giorno in cui avrebbe conferito al suo paese una nuova forma di governo costituzionale.
Alessandro IIº non c'era più.
Alessandro IIIº divenne Zar. Per quanto riguarda questo monarca, che mantenne la pace europea, noi russi eravamo tutti convinti che quando morì nel 1894, la causa fosse stata una malattia, in questo caso un infezione acuta dei reni.
Come fu grande in seguito il nostro stupore quando apprendemmo, in fuga, in esilio e da fonti ebraiche, che anche questo Zar era caduto vittima delle menti criminali della tribù di Giuda.
L'ebreo Edgar Saltus esulta di questo fatto nel suo libro The Imperial Orgy (L'Orgia Imperiale), pubblicato a New York nel 1920, nel suo delirio da bava alla bocca circa il successo avuto nella caduta del mondo Cristiano-Ariano, egli spiega nel libro come gli Ebrei, lavorando per le potenze dell'Intesa, Inghilterra, Francia, Stati Uniti e Italia, si sbarazzarono degli Zar uno dopo l'altro.
Egli afferma inoltre che, mentre le chiese russe pregavano per la salute dello Zar, questi veniva maledetto nelle sinagoghe.
Al capezzale dello zar malato fu chiamato il suo medico personale, Zakharin. Un buon nome perfettamente russo, e ora..un Ebreo. Quando arrivò a visitare lo Zar a Livadiya, aveva tutte le medicine pronte nella tasca della sua giacca. Che tipo di medicine è facile da immaginare: un biglietto di sola andata per l'altro mondo.
Dopo che lo Zar aveva trangugiato la medicina in buona fede e si torceva dal dolore nel letto, secondo Saltus, Bakharin si piegò su di lui con un espressione di ghigno diabolico.
Lo Zar chiese soffocatamente: "Chi siete Voi?"

E la risposta di Zakharin: "Sono un Ebreo!"  E con un enorme faccia di bronzo si girò verso l'imperatrice e i ministri dello Zar e disse: "Non preoccupatevi, sua maestà sta solo delirando!"
Poi si curvò nuovamente sul morituro e gli ghignò:"State esalando l'ultimo respiro e noi abbiamo vinto!"
Queste parole provengono direttamente dal libro L'Orgia Imperiale dell'Ebreo Edgar Saltus.

4. L'uccisione di  milioni di cristiani da parte della Cheka

E venne la rivoluzione russa.
Chi erano questi amici della gente comune che nel nome della libertà, uguaglianza e democrazia iniziarono ad annientare la popolazione Cristiano-Ariana?
Tra di loro c'erano senza dubbio dei veri idealisti che credevano veramente di poter usare l'assassinio ed il massacro, la rapina e il furto per creare un mondo più felice ed un nuovo paradiso di uguaglianza.
Il ben noto risultato, comunque, fu un inferno vivente fatto di fame, privazioni, disperazione e un uguaglianza solo in un senso, quello di essere uccisi dalla Cheka (precursore del KGB) controllata dagli ebrei.
La parola "Cheka" non è solo un acronimo in russo che sta per "Commissione Speciale per la Lotta alla Controrivoluzione" ma anche un espressione Yiddish che sta per macellazione animale.Come fu indovinata questa espressione!
Noi cristiani, che veniamo chiamati "goyim" o bestiame, agli occhi degli ebrei non siamo altro che animali. Il Dio Yahweh ci avrebbe dato delle sembianze umane per risparmiare agli ebrei l'incombenza di avere servi che somigliassero agli animali.
Il primo governo provvisorio (dopo l'abdicazione dello Zar Nicola IIº e subito prima della Rivoluzione Bolscevica del 1917) era composto esclusivamente da Massoni di iniziazione di lingua romanza, dalla Francia o dall'Italia e sovvenzionati da denaro inglese. L'aspetto criminale di questo "governo provvisorio" non conobbe limiti perché fece la cosa più deplorevole che un governo possa fare: ignorò le promesse, i fini e gli ideali per i quali ascese al potere e per i quali aveva abbattuto lo Zar, capo dello stato.
I nove mesi di questo "governo" non furono altro che un periodo di gestazione, e la Russia orrendamente gravida partorì all'aborto dell'inferno il 27 Ottobre 1917. Si può senz'altro affermare che il potere giaceva là inerme ed i bolscevichi non hanno fatto altro che raccoglierlo.
Per fornire una sceneggiata alle democrazie amiche all'estero, ci dovevano essere combattimenti di strada in Russia. E così il primo ministro Kerensky, un mezzo ebreo il cui vero nome era Kirbis, che significa "zucca", inviò deliberatamente un battaglione di donne e giovani ufficiali cadetti nelle fauci di una canea vociante ed assassina, dalla quale furono sadicamente annientati. Nel frattempo, Kerensky, vestito in divisa da marinaio, scappò a San Pietroburgo.
Appena prima Kerensky aveva firmato, per ragioni pubblicitarie, un mandato di arresto contro il "traditore Trotsky" (il cui vero nome era Lev Davidovich Bronstein). Ma quando il Generale Polovtsev si presentò con i suoi Cosacchi nell'appartamento di Trotsky per arrestarlo, seduto su una poltrona di pelo con trotsky stava proprio Kerensky, che sorseggiavano un liquore. Prese il mandato di arresto dalle mani dell'attonito generale, stracciandolo in modo teatrale e poi mandò via il generale a fare la rivoluzione, un uomo al quale mancò semplicemente il coraggio di arrestare questa feccia.
In tutti i modi il pubblico russo e quello straniero doveva vedere le scene di guerriglia urbana e bagni di sangue.
Sangue Ariano, naturalmente.

5. Lenin, uno psicopatico sifilitico

I Menscevichi, o "popolo maggioritario", volevano uno stato, sociale, socialista e pacifico e proprietà statali industriali limitate come in Svezia.
I Bolscevichi, o "popolo minoritario" (cioè in maggioranza Ebrei) volevano un regno di terrore e di totale nazionalizzazione sotto Lenin e Trotsky.
I Menscevichi misero solo una condizione: che Lenin si spieghi in merito alle accuse di furto dal Partito.
Quando la conferenza iniziò e Lenin fu sfidato a dare un resoconto, egli si alzò, infilò le mani nelle tasche e proclamò che la sua posizione nel partito era così elevata che non doveva nessuna risposta ad alcuno.
Quando Lenin arrivò in Russia dalla Germania, era già in stato di demenza a causa della sifilide non curata o malamente curata.
Con questo rammollimento del cervello, una specie di gommosità dei tessuti, aveva ora tutte le qualità per rovesciare le sue fantasie criminali nelle orecchie della folla schiumante.
La Russia era già in fiamme mentre la malconcia banda di briganti veniva infiammata dallo slogan di Lenin "riprendetevi ciò che loro ci hanno rubato!".
E così la canea inferocita si gettò su quello che erano i miseri resti della società russa. Sotto  il gioioso gracchiare dell'Ebraismo, la Madre Russia fu sommersa.
La malattia mentale che affliggeva Lenin continuava nel suo corso. Dal suo governo nascevano di continuo idee malsane una dopo l'altra. I più rinomati dottori in Germania arrivarono a bordo di aerei nel tentativo di rimettere in sesto questo decrepito statista truffatore, ma la sua confusione mentale peggiorava costantemente. Si dice che prima della sua morte ebbe alcuni momenti di lucidità mentale durante i quali andava a carponi sul tappeto e pietosamente piagnucolando diceva: "Perdonami, Signore, Perdonami!"
Il "proletariato internazionale" può esserne davvero orgoglioso: il suo leader un ladro, il suo profeta un sifilitico, il suo più grande uomo un assassino di massa.
Invece di guidare il genere umano nella brillante luce sopra le nuvole, ha affondato l'umanità nella fogna e non è una coincidenza che il mausoleo, con la "Tomba di Lenin" assomiglia oggi ad una latrina.


Di Isabella Fanfani scrittrice free-lance, Losanna, Svizzera.

Il fascismo




Alcuni dati sugli anni in cui l’Italia era guidata da Benito Mussolini:
– Mussolini ha tolto la libertà ai cittadini: libertà di voto, di associazione, di sciopero e di opinione
– Mussolini eseguiva regolarmente pene di morte: 42 fucilati nel ventennio su sentenza del Tribunale Speciale
– 27.735 anni complessivi di carcere e confino politico
– 4.596 condannati dai tribunali speciali, di cui 697 minorenni
– 80.000 libici sradicati dal Gebel con le loro famiglie e condannati a morire di stenti nelle zone desertiche della Cirenaica
– 700.000 abissini uccisi nel corso della impresa Etiopica e nelle successive operazioni di polizia
– 350.000 militari e ufficiali italiani caduti o dispersi nella Seconda Guerra mondiale
– di cui 3.000 italiani morti in Spagna
– di cui 140.000 italiani morti in Russia
– di cui 30.000 italiani morti in Grecia
– 110.000 caduti nella Lotta di Liberazione in Italia e all’estero
– migliaia di civili sepolti vivi tra le macerie dei bombardamenti delle città.
– innumerevoli combattenti degli eserciti avversari ed i civili che morirono per le aggressioni fasciste.
– 45.000 deportati politici e razziali nei campi di sterminio, 15.000 dei quali non fecero più ritorno
– 8.500 ebrei italiani di cui 7.800 sono morti
– 40.000 internati militari nei lager tedeschi
– 600.000 prigionieri di guerra italiani che languirono per anni rinchiusi in tutte le parti del mondo.

È imbarazzante vedere tanti italiani inneggiare al duce: l’apologia del fascismo è un grave reato previsto dalla legge 20 giugno 1952, n. 645, anche detta Legge Scelba, che prevede reclusione da 6 mesi a 2 anni e multa da 206 a 516 euro e sanziona:
« chiunque pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche ».
Anche se la legge mira a vietare la ricostituzione di un partito, ispirato al disciolto partito fascista e che quindi sia finalizzato al ritorno di una dittatura fascista, è specificato che il reato si configura quando:
« un’associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista »


Ma l’incapacità di analisi critica, l’analfabetismo funzionale e a volte la becera ignoranza, imbarazza ancor di più quando avviene sulla base di una vera e propria mistificazione dei fatti e della Storia. È opinione comune sui social network che il fascismo fosse un regime caratterizzato da rettitudine morale, ma neanche questo è vero. L’omicidio Matteotti, rivendicato in parlamento da Mussolini, aveva come movente la scoperta delle ricche tangenti pagate dalla società petrolifera Sinclair Oil ai gerarchi fascisti. E il fascismo non ha inventato lo stato sociale, né gli si possono attribuire i meriti che solitamente gli sono ascritti nella cultura popolare. Più precisamente:

1. Mussolini non ha creato le pensioni: la previdenza sociale nasce nel 1898 con la fondazione della “Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai“, e all’epoca Mussolini aveva 15 anni.
L’iscrizione a tale istituto diventa obbligatoria solo nel 1919, durante il Governo Orlando, anno in cui l’istituto cambia nome in “Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali”. Nel 1933 venne rinominata “Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale“. La pensione sociale venne introdotta solo nel 1969, e Mussolini in quella data era già morto da 24 anni.

2. Mussolini non ha istituito la cassa integrazione: la “Cassa Integrazione Guadagni” è stata creata il 12 agosto 1947 con DLPSC numero 869, ed era una misura finalizzata al sostegno dei lavoratori dipendenti da aziende che durante la guerra erano state colpite e non erano in grado di riprendere normalmente le attività. La cassa integrazione nasce per rimediare ai danni causati dal fascismo e della guerra che hanno causato milioni di disoccupati.

3. Mussolini non ha istituito l’indennità di malattia: nata invece con decreto legislativo del Capo Provvisorio dello Stato nr.435 del 13 maggio 1947, è stata estesa nel 1968 a tutti i lavoratori, anche coloro che dipendevano da imprese private. E per un po’ di storia – che non guasta mai – con Legge 23 dicembre 1978 nr. 833, all’indennità retributiva in caso di malattia veniva aggiunto anche il diritto all’assistenza medica, con la costituzione del “Servizio Sanitario Nazionale“.

4. Mussolini non istituì la tredicesima mensilità per tutti: venne istituita soltanto per i lavoratori dell’industria pesante. E’ dopo la caduta del fascismo che le mensilità aggiuntive divennero appannaggio dei lavoratori, con un “Accordo Interconfederale per l’Industria” del 27 ottobre 1946 e con il D.P.R. 28 luglio 1960 n. 1070.

5. Mussolini non diede il voto alle donne: le donne erano ammesse alle votazioni solo per piccoli referendum locali mentre erano escluse al voto per le elezioni politiche, che tra l’altro Mussolini stesso abolì nel 1925 instaurando la sua dittatura. La prima volta che le donne furono ammesse al voto fu al referendum del 1946.

6. Con Mussolini i treni non erano poi così puntuali: il giornalista George Seldes nel 1936 commentò: “E’ vero: la maggioranza degli espressi su cui salgono i turisti stranieri sono in genere in orario, ma sulle linee minori i ritardi sono frequenti“. L’inglese Elisabeth Wiskemann, sempre nel 1936: “Ho preso molte volte il treno e spesso sono arrivata in ritardo“. Lo storico Denis Mack Smith sostenne che “la puntualità dei treni durante il periodo fascista è uno dei miti accettati del fascismo“. Nella realtà tra le due guerre l’Italia possedeva una rete ferroviaria inadeguata e arretrata (qui articolo originale dall’Indipendent: http://www.independent.co.uk/voices/rear-window-making-italy-work-did-mussolini-really-get-the-trains-running-on-time-1367688.html).

7. Ai tempi del Duce gli italiani non erano ricchi: l’Italia stava preparando l’entrata in guerra e tutte le industrie e l’artigianato che direttamente o indirettamente fornivano l’esercito, lavoravano a pieno regime. Per contro, il 27 maggio 1933 l’iscrizione al partito fascista fu dichiarata requisito fondamentale per il concorso a pubblici uffici, e dal 3 giugno 1938 non si poteva lavorare se non si aveva la tessera.
Ma a seguito delle sanzioni internazionali irrogate all’Italia per aver invaso l’Etiopia, il 18 novembre 1936 venne indetto il “Giorno della fede” in cui gli italiani furono invitati, in teoria, a donare tutto il proprio oro alla Patria ricevendo in cambio anelli in ferro con la scritta “Oro alla Patria – 18 NOV.XIV” che qualche anziano possiede ancora. La verità era che chiunque venisse colto a possedere oro proprio in casa, veniva perseguito come traditore e nemico della patria dalle squadre del Fascio Littorio.
Altro esempio sono le “Misure di Autarchia” per sostenere la guerra in Eritrea: tutti i prodotti di importazione vennero soppressi. La maggior parte del grano utilizzato per la pasta fu sostituito dal riso; il caffè fu sostituito dalla cicoria tostata; il the dal karkadè.
Infine, era disposto il sequestro della produzione agricola ai contadini: furono anni in cui calò l’allevamento dei maiali, animale ingombrante, oneroso da mantenere, visibile e quindi facilmente sequestrato, in favore dell’allevamento del coniglio, più piccolo e più discreto. Una misura talmente impopolare che nel paese di Santa Sofia di Romagna (provincia di Forlì – Cesena), tutta la collina della frazione di Camposonaldo, zona impervia da esplorare, divenne prima che territorio e base dei partigiani luogo di allevamento abusivo dei conigli.

8. Il Duce non amava l’Italia: «Mi serve qualche migliaio di morti per sedermi al tavolo delle trattative» enunciò il Duce il 26 maggio 1940 (fonte: “L’Italia nella seconda guerra mondiale“, Mondadori, 1946: pag. 37).
Nella disastrosa “Campagna di Russia“, solo per compiacere Hitler con una presenza italiana del tutto male equipaggiata, persero la vita ufficialmente 114.520 militari sui 230.000 inviati al fronte, a cui aggiungere i dispersi, ovvero le persone che non risultavano morte in combattimento ma nemmeno rientrate in patria, che fonti “Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia” stimano in circa 60.000 uomini, la maggior parte morti in prigionia.
Esempio lampante sono poi le “Leggi Razziali Antisemite“, introdotte nel 1938 sempre per compiacere l’alleato nazista: ma in Italia gli ebrei, a differenza della Germania, non avevano un’importanza rilevante nel sistema economico né averi di cui la dittatura volesse provvedere all’esproprio. Furono istituiti 259 campi di prigionia: alcuni erano campi di detenzione, altri campi di smistamento in attesa della deportazione in Germania e Polonia (Chełmno, Bełżec, Sobibór, Treblinka, Majdanek e Auschwitz-Birkenau), altri dotati di forno crematorio come la Risiera di San Sabba a Trieste (con il quale si stimano siano state soppresse 3.000 persone).

9. Durante il fascismo la corruzione dilagava: l’azienda americana Sinclair Oil, pur di ottenere il contratto di ricerche petrolifere in esclusiva sul suolo italiano, pagò tangenti a membri del governo e ad Arnaldo Mussolini, per oltre 30 milioni di lire. Giacomo Matteotti fu rapito ed ucciso il 10 giugno 1924 perché denunciò questi traffici di tangenti, assieme a quelli per apertura di nuovi casinò, speculazioni edilizie, di ferrovie, di armi: affari in cui era coinvolto il futuro Duce e suo fratello Arnaldo.
I documenti scoperti e mostrati da storici di assoluto valore come Mauro Canali, Mimmo Franzinelli, Lorenzo Benadusi, Francesco Perfetti, Lorenzo Santoro presso l’Archivio Centrale dello Stato mostrano speculazioni, truffe, arricchimenti improvvisi, carriere strepitose e inspiegabili di gerarchi, generali, della figlia Edda, dell genero Galeazzo Ciano e di Mussolini stesso. Qui il documentario Rai “Fascismo: dossier, ricatti, tradimenti

Squadrismo, violenza politica, repressione tramite il Tribunale Speciale, squadrismo, deportazione, guerra.
Questa l’escalation sul territorio Italiano, di cui qualche aneddoto è riportato più sotto.
Sono dati da non mescolare con quel che è accaduto nei Paesi dell’Est Europa sotto altre ideologie, durante la Seconda Guerra Mondiale oppure anche durante la Prima Repubblica in Italia.
La prossima volta che vi imbattete in una immagine che inneggia alla saggezza del Duce e di come potrebbe essere la salvezza dell’Italia fatevi una ricerca sulla storia del fascismo.

Marco Infussi

Squadrismo e violenza politica

Fra le attività “qualificanti” del fascismo del primo periodo vi è il sistematico ricorso alla violenza contro gli avversari politici e le loro sedi. Torture, olio di ricino, umiliazioni, manganellate.
Un calcolo approssimativo induce a calcolare in circa 500 i morti causati dalle spedizioni punitive fasciste fra il 1919 e il 1922.
Don Giovanni Minzoni fu assassinato in un agguato da due uomini di Balbo nell’agosto del 1923.
Giacomo Matteotti venne rapito e assassinato con metodo squadrista nel giugno 1924, e il gesto sarebbe stato esplicitamente rivendicato da Mussolini in un discorso nel gennaio dell’anno successivo.
Piero Gobetti, minato dall’aggressione subita nel settembre 1924, morì due anni dopo, in esilio.
Giovanni Amendola spirò per le ferite riportate in un’aggressione fascista subita nel luglio 1925.

La repressione: il Tribunale speciale per la difesa dello Stato

Assunto il potere Mussolini si poté giovare dell’apparato di repressione dello Stato.
Con la nascita dell’OVRA (Organizzazione per la Vigilanza e la Repressione dell’Antifascismo) venne razionalizzata la persecuzione degli antifascisti, con tutti i mezzi: legali e illegali, compreso l’omicidio politico in paese straniero.
Arturo Bocchini, capo della polizia, venne incaricato dallo stesso Duce e dal ministro degli Esteri Galeazzo Ciano di eliminare fisicamente Carlo Rosselli che allora risiedeva a Parigi. Il 9 giugno 1937, a Bagnoles-de-l’Orne, un commando di cagoulards (gli avanguardisti francesi) compì la missione: bloccata l’auto sulla quale viaggiavano i due fratelli Carlo e Nello, questi furno pestati e poi accoltellati a morte.
Lo strumento ufficiale della repressione fascista fu invece il Tribunale speciale per la difesa dello Stato.
L’attentato di Anteo Zamboni a Mussolini, il 31 ottobre 1926, offrì l’occasione di una serie di misure repressive.
Tra queste la “Legge per la Difesa dello Stato” n. 2008 del 25 novembre 1926, che stabilì la pena di morte per chi anche solo ipotizzava un attentato alla vita del re o del capo del governo. La normativa istituì il Tribunale Speciale, via via prorogato fino al luglio 1943, quindi ricostituito nel gennaio 1944 nella Rsi.
Nel corso della sua attività, il Tribunale Speciale emise 5619 sentenze e 4596 condanne, tra cui 122 donne e 697 minori. Le condanne a morte furono 42, delle quali 31 furono eseguite mentre furono 27.735 gli anni di carcere.
Antonio Gramsci morì in carcere nel 1938.
Michele Schirru fu fucilato nel 1931 solo per avere espresso “l’intenzione di uccidere il capo del governo”.
Il futuro presidente della Repubblica Sandro Pertini passò sei anni di prigione, venne trasferito a Ponza come confinato politico e il 20 settembre 1940, pur avendo ormai scontato la sua condanna, giudicato comunque «elemento pericolosissimo per l’ordine nazionale» e riassegnato al confino per altri cinque anni da trascorrere a Ventotene, dove incontrò Altiero Spinelli, Umberto Terracini, Pietro Secchia, Ernesto Rossi, Luigi Longo, Mauro Scoccimarro, Camilla Ravera e Riccardo Bauer.

Il confino

Il confino di polizia in zone disagiate della Penisola fu una misura usata con straordinaria larghezza. Il regio decreto 6 novembre 1926 n.1848 stabilì che fosse applicabile a chiunque fosse ritenuto pericoloso per l’ordine statale o per l’ordine pubblico. A un mese dall’entrata in vigore della legge le persone confinate erano già 600, a alla fine del 1926 oltre 900: tutti in isolette del Mediterraneo o in sperduti villaggi dell’Italia meridionale.
A finire al confino furono importanti nomi della futura classe dirigente: da Pavese a Gramsci, da Parri a Di Vittorio, a Spinelli. Gli inviati al confino furono, complessivamente, oltre 15.000.
Ben 177 antifascisti morirono durante il soggiorno coatto.

Deportazione

La politica antiebraica del regime fascista culminò nelle leggi razziali del 1938.
Alla persecuzione dei diritti subentrò, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, anche la persecuzione delle vite. La prima retata attuata risale al 16 ottobre 1943 a Roma: degli oltre 1.250 ebrei arrestati in quell’occasione, più di 1.000 finirono ad Auschwitz, e di essi solo 17 erano ancora vivi al termine del conflitto.
Il Manifesto programmatico di Verona del 14 novembre 1943 sancì che gli ebrei erano stranieri e appartenevano a “nazionalità nemica”. Di lì a poco un ordine di arresto ne stabilì il sequestro dei beni e l’internamento, in attesa della deportazione in Germania. Il regime fascista gettò circa 10.000 ebrei nelle spire della “soluzione finale” hitleriana.
Oltre alla deportazione razziale, fra le responsabilità del regime di Mussolini c’è anche la deportazione degli oppositori politici e di centinaia di migliaia di soldati che, dopo l’8 settembre, preferirono rischiare la vita nei campi di concentramento in Germania piuttosto che aderire alla Rsi.

La guerra

Fuori dai confini i morti contano forse meno? Non sono uomini come noi gli Etiopi uccisi con il gas durante la guerra per l’Impero, o i Libici torturati e impiccati durante le repressioni degli anni Venti e Trenta, o gli Jugoslavi uccisi nei campi di concentramento italiani in Croazia?
Mussolini trascinò in guerra l’Italia il 10 giugno del 1940, per partecipare al banchetto nazista.

I risultati, per l’Italia, furono questi.
Fino al 1943, 194.000 militari e 3.208 civili caduti sui fronti di guerra, oltre a 3.066 militari e 25.000 civili morti sotto i bombardamenti alleati.
Dopo l’armistizio, 17.488 militari e 37.288 civili caduti in attività partigiana in Italia, 9.249 militari morti in attività partigiana all’estero, 1.478 militari e 23.446 civili morti fra deportati in Germania, 41.432 militari morti fra le truppe internate in Germania, 5.927 militari caduti al fianco degli Alleati, 38.939 civili morti sotto i bombardamenti, 13.000 militari e 2.500 civili morti nelle file della Rsi.
A questi vanno aggiunti circa 320.000 militari feriti sui vari fronti per l’intero periodo bellico 1940/1945 e circa 621.000 militari fatti prigionieri dalle forze anglo-americane sui vari fronti durante il periodo 1940/1943.