giovedì 29 maggio 2014

Cronache di ordinaria massoneria italiana: Calvi un po' come il personaggio di una fiction televisiva?

Di recente mi è capitato di rivedere quasi casualmente una miniserie dell’ormai lontano ’94 prodotta dalla Rai, sotto l’egida di Pupi Avati: si tratta di Voci Notturne. Ambientata nella Città Eterna, tale serie pare riallacciarsi alle atmosfere oniriche e parossistiche del “Il segno del comando”, con tutti i temi tanto cari al regista: paranormale, mistero, antichi rituali, intrighi politici (all’epoca in cui fu realizzata era recente lo scandalo Tangentopoli) nonché massoneria deviata romana. La vicenda, segue per tutte e cinque le puntate un doppio binario politico-esoterico, che non si dipana neppure nell’ambiguo finale che, anzi, infittisce l’inquietudine sui tanti interrogativi che rimangono in sospeso. La trama è a dir poco complessa: lo sceneggiato si apre con l’incipit di una voce narrante che fa riferimento ad antichi rituali di sacrifici umani che si compivano sul Ponte Sublicio, in epoche remote: “Nella Roma Imperiale sussistevano i resti di uno strano ponte di legno. Era composto da travi sublique ed oblique, senza chiodi e affidato a persone sacre, una sorta di fratellanza o setta, che rispondeva, con la vita dei suoi membri, della sua conservazione. A costoro derivò il titolo celeberrimo di pontefici o facitori del ponte. Su questo ponte si compivano in epoca arcaica misteriosi e segreti sacrifici”.
La storia vera e propria inizia col ritrovamento del cadavere di un giovane annegato nel Tevere. L'indagine di polizia per accertare l'identità del morto e le modalità del decesso (non si capisce all'inizio se si tratti di suicidio od omicidio) s'intrecciano ad una torbida vicenda di scandali e corruzione che ha implicato, oltre al padre del giovane annegato, alcuni politici e magistrati. Il procuratore incaricato delle indagini sospetta che la morte di Giacomo (questo il nome del defunto, anche se in tutta la vicenda ci sono dubbi che il cadavere ritrovato sul greto del Tevere sia proprio il suo) sia stata una rappresaglia da parte di personaggi potenti implicati nello scandalo; di diversa opinione Stefano, il miglior amico di Giacomo, come lui studente di architettura, che sospetta trattarsi in realtà di un vero e proprio sacrificio umano celebrato da una setta esoterica.
Alla vicenda poliziesca, complicata da un'indagine portata avanti negli Stati Uniti da un investigatore privato incaricato dal Consolato italiano a St Louis di rintracciare Emily Cohen, la ragazza americana di Giacomo, si aggiunge la famosa trama esoterica: questa ruota attorno a due figure misteriose, la ricca e affascinante Maria Valover, che negli anni Trenta e Quaranta era al centro di un gruppo di artisti e intellettuali, e il suo amante Norberto Sinisgalli, studente di architettura negli anni prima della seconda guerra mondiale e appassionato di esoterismo.
Si ritiene che Avati scrisse questa miniserie prendendo spunto dall’enigma di Fulcanelli, pseudonimo di un alchimista, autore di molti testi, vissuto nel XX secolo, la cui identità non è mai stata scoperta. Lo pseudonimo utilizzato è stato formato dall'unione delle parole Vulcano ed Helio, due elementi che rimandano ai fuochi alchemici. I riti cui si fa riferimento nello sceneggiato sono i cosiddetti “sacrifici degli Argei”, che consistevano nel lancio dal ponte di fantocci di paglia, in sostituzione di veri e propri esseri umani che, in tempi remoti, venivano sacrificati durante le festività dei Lemuria. I prigionieri sacrificandi venivano purificati con il garum, un unguento che gli veniva applicato su tutto il corpo, e con l’ingestione di silfio, una sacra pianta (oggi estinta) dalle proprietà “miracolose”. Dell’originario ponte di legno ormai non resta alcuna traccia, ma leggenda vuole che esso venisse considerato, durante le celebrazioni, come un luogo di giunzione tra piano di esistenza fisico e metafisico, in perfetto accordo con le dottrine esoteriche di ogni tempo. Il ponte che, alla fine della miniserie, si rivela come luogo di passaggio dell’anima da una vita all’altra dopo la morte sacrificale, per poi ritornare (e qui non si capisce bene) reincarnata o in una forma spirituale perfezionata.
In voci Notturne si parla altresì della setta denominata “Società Teosofica per il Ritorno dello Spirito Originario”, trasposizione fictionale della ben nota e tutt’ora esistente Società Teosofica romana, basata sulle dottrine della esoterista H.P. Blavatsky ed attiva in Italia sin dai primi del ‘900; anche la Scuola Ermetica romana sembra aver ispirato molto il regista Avati, affascinato dai suoi riti e dalla sua filosofia ermetica basata sugli insegnamenti del Gran Maestro dell'Ordine Egizio, Giuliano Kremmerz. Insomma, lo sceneggiato pare, in fin dei conti, essere un intrigante trait d’union con la Roma esoterica che, da epoche immemori, continua ad essere capitale esoterica dei più disparati culti e dottrine, i quali finiscono per influenzarsi e sconfinare l’uno nei misteri dell’altro.
Un po’ come è accaduto per la massoneria. La massoneria in generale, e dunque anche quella romana, deve molto, infatti, alle dottrine esoteriche del passato: all’interno delle logge si intuisce una certa “compatibilità” tra l’ideologia giudaico-ebraica, che propone una speranza tutta celeste, e l’ideologia massonica, che propone però una speranza tutta terrestre. L’impulso ideologico della massoneria deriva dal naturalismo, dal giusnaturalismo (Grozio), e dal nominalismo, e anche dal protestantesimo. E’ noto poi che nei primi rituali massonici fossero presenti elementi esoterici appartenenti agli ambiti dell’ermetico, dell’alchemica, della cabalistica, della magia, dell’astrologia e di molto altro ancora. Insomma, un’unione sincretica di innumerevoli elementi. La framassoneria, pertanto, non esisterebbe senza esoterismo, è un esoterismo, e i rituali hanno tutti a che fare con la magia, con l’evocazione di forze oscure.
Ma in che misura è presente la massoneria nella nostra vita politica, attualmente?
Verrebbe da dire che la influenza quasi completamente.
Da sempre la storia e la politica dell’Urbe e quella Italiana è intessuta di archetipi della cristianità, di simboli massonici e di presenze templari: basti pensare ai riti di fondazione, al mitraismo e agli altri culti, alla presenze templari nella Roma di Cagliostro e del Piranesi. L’anagramma della stessa città eterna è Amor, in cui l’alfa privativo evoca la “non morte”. E basti pensare alle fondamenta stesse su cui Roma è stata costruita, quei sette colli il cui numero esoterico ha un’importanza enorme, o l’obelisco di Piazza del Popolo che rappresenterebbe l’1, altro numero di una chiara rilevanza iniziatica. Anche l’acqua che bagna Roma da nord a sud, avrebbe una forte importanza misterica, di cui i ponti, con i loro archi sospesi, stanno ad unire una parte all’altra della città, evocando la comunicazione con l’ignoto. O ancora Largo Argentina, considerata un’area sacra dalla massoneria, dove anni fa furono scoperti quattro templi e dove è possibile che ve ne siano altrettanti che farebbero della zona il più importante sito archeologico consacrato dell’intero pianeta. Questo, solo per dare alcuni scarni riferimenti alla valenza esoterica di molti luoghi della città. Tornando all’influenza della massoneria sulla vita politica del belpaese: è nota a tutti la vicenda della Propaganda due (meglio nota come P2), la quale è stata una loggia massonica aderente al Grande Oriente d'Italia, fondata nel 1877 col nome di Propaganda massonica, ma che assunse forme deviate rispetto agli statuti della massoneria ed eversive nei confronti dell'ordinamento giuridico italiano, nel periodo della sua conduzione da parte dell'imprenditore Licio Gelli. Nel periodo della maestranza di Gelli, la P2 riuscì a riunire in segreto almeno un migliaio di personalità di primo piano, principalmente della politica e dell'Amministrazione dello Stato, a fini di sovversione dell'assetto socio-politico-istituzionale italiano e suscitando uno dei più gravi scandali politici nella storia della Repubblica Italiana. Tra i vari crimini attribuiti alla P2, oltre al cospirazionismo politico per assumere il controllo dell'Italia, si possono citare la strage dell'Italicus, la strage di Bologna, lo scandalo del Banco Ambrosiano, l'assassinio di Roberto Calvi, l'ipotetico assassinio di Albino Luciani (ovvero Papa Giovanni Paolo I), il depistaggio sul rapimento di Aldo Moro, l'assassinio di Carmine Pecorelli e alcune affiliazioni con lo scandalo di Tangentopoli.
Ma come morì Roberto Calvi, e perché?
Banchiere italiano, Calvi "colleziona" posti nei consigli di amministrazione di diverse controllate estere del Banco Ambrosiano. Fondamentali, a questo scopo, furono le amicizie con membri della loggia massonica deviata P2 (di cui in seguito fece parte) e i rapporti con esponenti del mondo degli affari, della mafia e della politica (sia italiana sia di diversi paesi latino-americani). Nel 1968 conobbe Michele Sindona, divenendone socio in affari; nel 1975 Sindona gli presentò Licio Gelli e Calvi entrò nella loggia P2 il 23 agosto di quell'anno. Tuttavia, la situazione precipitò: la prima crisi del Banco risale al 1977. All'alba del 13 novembre, Milano si svegliò tappezzata di cartelloni in cui si denunciavano presunte irregolarità del Banco Ambrosiano. Artefice del gesto era stato Michele Sindona, che voleva vendicarsi di Calvi, cui aveva chiesto senza successo i soldi per "tappare i buchi" delle sue banche. Nel 1981 il crollo totale, con la scoperta della loggia P2 che proteggeva il Banco: Calvi, rimasto senza protezioni ad affrontare lo scandalo, cercò l'intervento del Vaticano e dello IOR, ma poco meno di due mesi dopo, il 21 maggio, venne arrestato per reati valutari, processato e condannato. Dopo vari tentativi di salvarsi (in tutti i sensi), il banchiere venne trovato impiccato da un impiegato postale, sotto il Ponte dei Frati Neri sul Tamigi in circostanze molto sospette, con dei mattoni nelle tasche e 15.000 dollari addosso. Fu trovato anche un passaporto con le generalità modificate in "Gian Roberto Calvini". Nelle sue tasche venne ritrovato anche un foglio con alcuni nominativi importanti. L’indagine, su quello che poi si rivelò essere stato un omicidio, evidenziò che Calvi si era impadronito di una grossa somma di danaro che apparteneva a Licio Gelli e al boss mafioso Pippo Calò (Calvi e Licio Gelli avevano investito denaro sporco nello IOR e nel Banco Ambrosiano per conto del boss) e pertanto era stato punito. Si trattò di un omicidio massonico: gli omicidi commessi dalla massoneria seguono, infatti, tutti un preciso rituale e sono, per così dire, firmati.
Dal momento che le associazioni massoniche sono anche associazioni esoteriche, in ogni omicidio si ritrovano le simbologie esoteriche proprie dell’associazione che l’ha commesso; simbologie che possono consistere in simboli sparsi sulla scena del delitto, o nella modalità dell’omicidio, o nella data di esso. Negli omicidi che simulano un suicidio le persone trovate impiccate sembrano uccidersi “in ginocchio”, ovverossia con una modalità strana, quasi incompatibile. Perché “suicidare” le persone mettendole in ginocchio? Altra stranezza: nelle tasche di Calvi furono rinvenuti dei sassi, mentre in una cassetta di sicurezza vennero rinvenuti un mattone e due pagine del Corriere della Sera con articoli sulla morte del «Banchiere di Dio» che risalgono all' 82 in cui si parlerebbe del crac del vecchio Banco Ambrosiano e del coinvolgimento della massoneria. Un chiaro avvertimento. Il rituale dell'esecuzione è dunque tipicamente massonico: il ponte stesso porta nome di una loggia massonica inglese e fa curiosamente da elemento di giunzione tra Chiesa e massoneria (ordine frati neri/IOR e nome della loggia massonica inglese). Le gambe piegate dei suicidati trovano poi un parallelismo con l’impiccato del mazzo dei tarocchi, che è sempre raffigurato con una gamba piegata. Era la punizione riservata un tempo al debitore, che veniva appeso in quel modo affinchè tutti potessero vedere la sua punizione e potessero deriderlo.
E infatti, tutti quelli che vedono un suicidio in ginocchio capiscono che si trattava di un testimone scomodo e che si tratta di un omicidio. Tutti, tranne gli inquirenti. Infine, lo stesso mattone rinvenuto nella cassetta di sicurezza rimanda a molteplici significati: da un lato si riallaccia alla dottrina massonica, al mattone dei massoni/costruttori, forse anche architetti di storia umana, nelle loro sfere di influenza più alte. Dall’altro lato, il simbolo del mattone all’Opus Dei, al “mattone di Dio”, organizzazione che presenta molteplici analogie con la massoneria. Non vanno poi spiegati i rapporti che intercorsero tra lo IOR di Marcinkus e il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Questo banchiere trovato morto in prossimità di fiume un po’ come il protagonista della miniserie di Pupi Avati, Giacomo, morto di una morte strana, gravida di mistero e costellata di simbologie incomprensibili. Quel Calvi appartenente alla Roma esoterica. Ognuno tragga le proprie conclusioni.

(Ilde)

sabato 24 maggio 2014

Spese pazze e favoritismi: neppure il M5S si salva!


Una pioggia di avvisi di garanzia si è abbattuta nella regione Piemonte: 52 consiglieri indagati, tra cui figurano anche i famigerati “grillini”. Le Fiamme Gialle hanno già consegnato nelle sedi dei gruppi avvisi per peculato, truffa e finanziamento illecito dei partiti nell'ambito dell'inchiesta sui rimborsi.
Tra le spese ed acquisti fatti dai politici figurerebbero briglie per cavalli, borse di Vuitton ed Hermes, i gioielli di Cartier ma anche i buoni benzina dopo i viaggi in auto per raggiungere le manifestazioni No Tav. Ammonterebbe a circa 900 mila euro il totale delle somme indebitamente utilizzate dai consiglieri regionali del Piemonte dal 2010 al 2012: sarebbe questo, secondo quanto si apprende, l'esito delle indagini svolte dalla guardia di finanza su incarico della procura di Torino.

Tuttavia gli inviti a comparire sono ancora in corso di notifica, secondo fonti attendibili a tutti i politici del consiglio regionale tranne sette: i cosiddetti "salvati" sarebbero infatti Gianna Pentenero, Gianni Oliva, Elio Rostagno, Roberto Placido e Mauro Laus del Pd, Claudio Sacchetto della Lega, Sara Franchino dei Pensionati con Cota.
E poi, tra gli indagati, ci sono loro, i grillini, nelle persone di Davide Bono e Fabrizio Biolè (quest’ultimo eletto del 2010 e poi cacciato con lettera dell’avvocato di Grillo, accusato di essersi candidato anni prima come consigliere comunale a Gaiola). Una notizia che fa scalpore poiché sin dal principio il M5S si era fatto garante di valori come trasparenza, legalità, rispetto delle leggi.
E invece salta fuori che anche il consigliere Bono è stato raggiungo da un avviso di garanzia: “Un certo effetto lo fa, trovarsi ad essere il primo eletto M5S raggiunto da un avviso di garanzia”, afferma il politico. “Soprattutto pensando ai ragionamenti che tutti abbiamo sempre fatto sui politici indagati. In effetti questo dovrà farci ben riflettere e imparare a distinguere nettamente tra indagini e rinvio a giudizio”. E precisa: “A me personalmente contestano 619,91 euro in due anni e tre mesi. E poi 3905,27 di spese per attività dei collaboratori”. Dunque si tratterebbe di benzina, alberghi, trasporti, bar e ristoranti. Specifica però che: “Non sono state fatte né spese per fini personali né per finanziamento del partito”.
Dall’inchiesta emerge poi che per partecipare alle manifestazioni No Tav in Val Susa i consiglieri grillini avrebbero usufruito dei rimborsi chilometrici e per la benzina.
Biolè, l’espulso, non se la passa meglio: gli viene contestato l’uso di 7500 euro, e lui si difende scaricando la colpa sul consigliere Bono: “Purtroppo, su proposta del mio ex capogruppo, da marzo 2011 una quota dei rimborsi sarebbe stata pagata dal conto corrente per il funzionamento del gruppo, non più da quello in cui i grillini raccoglievano l’avanzo degli stipendi (avendo scelto di prendere solo 2500 euro al mese). Quando, alcuni mesi fa, analizzando gli estratti conto, ho individuato il totale di queste operazioni non corrette, ho restituito immediatamente la somma al conto corrente del gruppo”, racconta Biolè.
Bono dal canto suo non replica. Ma annuncia: “Da parte nostra non ci sono stati abusi. Però sono pronto a restituire ogni singola spesa che non possa ritenersi legittimamente rimborsata dal fondo”.
Come se non bastasse, poi, emerge anche il caso della senatrice Barbara Lezzi, quarantenne leccese e vicinissima a Grillo, che aveva assunto come portaborse (tra i circa 20mila candidati che avevano inviato un curriculum al sito del movimento sperando in una selezione basata sul merito) la figlia del suo fidanzato! Non proprio una persona a caso! Ma non si era detto niente più giochi di potere, nepotismi, favoritismi ecc.? E’ stata la stessa Lezzi, durante un incontro pubblico, ad ammettere di aver contrattualizzato come assistente personale la figlia del compagno. “Per gli assistenti personali”, ha spiegato davanti alla platea grillina “noi non abbiamo stabilito nessuna norma interna se non quella prevista dal Senato. Che prevede che non vengano assunti familiari, conviventi, parenti o affini”. Secondo la Lezzi, dunque, la figura della figlia del fidanzato non può essere considerata affine. “Io ho assunto una ragazza, che ho conosciuto ai meet-up insieme al padre, con il quale adesso ho anche una relazione”, ha ragionato. “Io non convivo con il padre: sono molto tranquilla a dirla questa cosa. Io tra l'altro ho assunto non il padre, ma la figlia, che è una ragazza laureata in Economia, e io sono vicepresidente della commissione Bilancio”.
In realtà, a ben guardare la vicenda è gravissima: per chi fa della trasparenza e del merito una bandiera! Tanto più che la Lezzi è la senatrice che lo scorso 15 marzo, insieme alla Donno e all'altro collega pugliese Maurizio Buccarella, mise sugli scranni del Senato un apriscatole, a simboleggiare la volontà di aprire l'aula “come una scatola di tonno”. Per altro, nel documento firmato da tutti i candidati alle elezioni politiche 2013, al punto 8 ogni candidato si “impegna a utilizzare sempre un criterio meritocratico nella selezione di qualsiasi posizione o incarico di competenza mia o del futuro gruppo parlamentare, utilizzando dove possibile un bando pubblico che preveda la massima trasparenza sui nomi e sui curriculum dei candidati e dei criteri di scelta adottati”. Si impegna, inoltre, “a non selezionare o far selezionare per tali posizioni i miei parenti e affini fino al quarto grado”.

Andiamo bene!

(Ilde)

mercoledì 21 maggio 2014

L'oro nero non ci porta ricchezza!

La Basilicata viene vista, oramai, sempre più come un territorio da sfruttare, prosciugare, trivellare, fino all’ultima goccia di idrocarburi disponibile. Il tutto senza rispetto per l’ambiente circostante né tantomeno per gli sfortunati abitanti dei comuni in cui le multinazionali estraggono.
Il colpo di grazia lo ha dato anche l’ex premier Romano Prodi, in una recente (ed inquietante) dichiarazione rilasciata durante un’intervista al Messaggero, in cui proponeva di avviare un enorme programma di sfruttamento intensivo delle (reali o presunte) riserve di gas e di petrolio italiane. Precisamente, la proposta era che l'Italia si unisse al programma di ricerca del petrolio in Adriatico avviato di recente dalla Croazia: “Se non ci uniamo alle trivellazioni, finiremo per avere gli svantaggi del progetto croato”, afferma il professore, ovvero ci ritroveremmo ad avere i pozzi di fronte alle nostre coste senza averne i benefici, cioè la supposta ricchezza che quei barili di greggio dovrebbero creare. Ma quali sono le mire delle multinazionali nel Belpaese? I mari della Sardegna, le montagne e le valli della Basilicata (Val d’Agri e dintorni), la Valle dei Templi di Agrigento, lo Ionio (proprio a ridosso delle coste ci sarebbero “interessanti sacche di idrocarburi”) e le vaste e fertili pianure dell'Emilia. E poi l'Adriatico, da Venezia sin giù alle coste della Puglia.
Queste zone, tra le più belle d'Italia, farebbero alle multinazionali dell'energia perché sarebbero tutte “ricche di gas e petrolio da estrarre”.
Ma chi trarrebbe ricchezza da tutta questa attività estrattiva? Davvero il nostro Paese potrebbe risollevarsi dalla crisi grazie ad una intensa attività estrattiva, come diceva il professore?
Di certo in Basilicata non è stato così! E i numeri parlano chiaro.
Nonostante il petrolio, la Basilicata è la regione più povera d'Italia: dati Istat 2010. Ed ha una percentuale di morti per tumore più alta della media nazionale: dati dell'Associazione Italiana Registro Tumori!
Ma vi è di più: il tasso di disoccupazione è costantemente in crescita, secondo i dati Cgil: “Nella sola Val d'Agri (dove è più intensa l'attività dei petrolieri) ci sono 8 mila persone tra disoccupati e inoccupati”. Senza contare che la nostra regione ha oltre 400 siti contaminati dalle attività estrattive: dati della Commissione Bicamerale sul Ciclo dei rifiuti.
Come se non bastasse, chi denuncia va in galera!
Giuseppe Di Bello, tenente della Polizia Provinciale di Potenza che aveva segnalato una massiccia presenza di idrocarburi nelle acque del lago del Pertusillo, a due passi dal Centro Oli Eni a Viggiano, è stato sospeso dal servizio, dalla paga e dai pubblici uffici per due mesi, sottoposto a un processo e spostato a guardare le statue in un museo. Stesso dicasi per il giornalista e coordinatore dei Radicali lucani Maurizio Bolognetti. E intanto, nel lago del Pertusillo i pesci continuano a morire e l’acqua di molti invasi e falde risulta contaminata da liquami di scarto ed idrocarburi. Nella sola Val d'Agri ci sono 39 pozzi, alcuni a pochi metri da una scuola materna, uno addirittura che sovrasta un municipio. “Sono stati trovati 6458 microgrammi/litro di idrocarburi in tre punti in cui il lago che porta acqua potabile nei rubinetti di Puglia e Basilicata è stato analizzato” denuncia Albina Colella, geologa e sedimentologa dell'Università degli Studi della Basilicata. “Su undici campioni di sedimenti, ben sette avevano presenza di idrocarburi superiori al limite di riferimento”. Ma non basta: uno studio dell’Università della Basilicata (Dipartimento di Chimica) ha rilevato tracce di idrocarburi in diversi campioni di miele prodotto a Corleto Perticara e in Val d’Agri dove l’attività di estrazione del petrolio da parte di Eni procede senza sosta, dopo che l’anno scorso il centro olio di Viggiano ha ottenuto tutte le autorizzazioni per la messa in funzione della quarta linea.
E oltre al danno ambientale si aggiunge la minaccia delle tecniche estrattive adoperate per la ricerca di idrocarburi: il famigerato fracking. Il cosiddetto “Hydraulic Fracturing” o più semplicemente fracking consiste nella fratturazione idraulica ottenuta mediante la pressione di un fluido per creare e poi propagare una frattura in uno strato roccioso nel sottosuolo. La fatturazione viene eseguita dopo una trivellazione entro una formazione di roccia contenente idrocarburi, per aumentarne la permeabilità al fine di migliorare la produzione del petrolio o del gas da argille contenuti nel giacimento e incrementarne il tasso di recupero. Da notare che la fratturazione idraulica è sotto monitoraggio a livello internazionale a causa di preoccupazioni per i rischi di contaminazione chimica delle acque sotterranee e dell'aria. In alcuni paesi l'uso di questa tecnica è stata sospesa o addirittura vietata. Le tecniche di microfratturazione idraulica del sedimento possono, in taluni casi, generare una micro-sismicità indotta e molto localizzata. L'intensità di questi micro-terremoti è di solito piuttosto limitata, ma ci possono essere problemi locali di stabilità del terreno proprio quando i sedimenti sono superficiali. Sono stati comunque registrati alcuni terremoti probabilmente indotti superiori al 5º grado della Scala Richter. Ad esempio nel Rocky Mountain Arsenal, vicino a Denver in Colorado, nel 1967, dopo l'iniezione di oltre 17 milioni di litri al mese di liquidi di scarto a 3.670 metri di profondità, furono registrate una serie di scosse indotte localizzate nell'area, con una punta massima di magnitudo compresa fra 5 e 5,5. E noi siamo una regione ad alto rischio sismico.
Meditate gente, meditate.

(Ilda)

lunedì 19 maggio 2014

La Lucana Film Commission fa anche campagna elettorale?

La Film Commission della Regione Basilicata nel mirino del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. In piena campagna elettorale la Fondazione lucana avrebbe fatto dei favoritismi. I consiglieri regionali del M5S Giovanni Perrino e Gianni Leggieri in un’interrogazione urgente al presidente della Regione, Marcello Pittella, hanno chiesto di sapere qual è stato “il ruolo della Lucana Film Commission rispetto alla proiezione del film su Enrico Berlinguer e all’intervista fatta all’ex segretario del Pd, Walter Veltroni, lunedì 19 maggio alle ore 17 e 30, nel Cinema 2 Torri di Potenza con ingresso gratuito per tutti i cittadini”. I due esponenti del M5s sottolineano che “la pur importante manifestazione culturale si svolge a pochi giorni dalle elezioni europee e comunali di Potenza e appare come un momento di propaganda elettorale a favore del Pd. Quanto detto è ulteriormente evidenziato dal fatto che Veltroni, un’ora prima, ha partecipato a una manifestazione elettorale organizzata dal candidato sindaco del Pd, Luigi Petrone”.
La Lucana Film Commission è nata con l'obiettivo di promuovere e sostenere la produzione di opere cinematografiche televisive, audiovisive e pubblicitarie italiane ed estere in Basilicata. Nella sua mission rientra anche la promozione e la valorizzazione del patrimonio artistico e ambientale, la memoria storica e le tradizioni delle comunità della Basilicata, le risorse professionali e tecniche attive sul territorio regionale, creando le condizioni per attrarre nella nostra regione le produzioni cinematografiche. Una pellicola cinematografica sul segretario del Partito comunista italiano e un’intervista a chi lo fu dei dem non sembrano rispondere agli intenti dello statuto. Pur con tutto il rispetto che si può esprimere per la figura di Enrico Berlinguer, protagonista antesignano delle larghe intese, e per ciò che ha rappresentato Walter Veltroni nel Partito democratico, resta il fatto che Film Commission, qualora fossero vere le parole dei Cinque stelle, non può parteggiare per l’uno o per l’altro ma deve mantenersi a un livello più alto. Rispettare, insomma, una sorta di par condicio etica propria di un organismo trasversale agli orientamenti politici del momento e con una visione pianificata nei dettagli per fare della Basilicata la location ideale per la produzione cinematografica e raggiungere gli altri obiettivi che lo statuto prevede. Solo il presidente della giunta, Marcello Pittella, potrà svelare il segreto: la Film Commission quanto c’entra? E aggiungiamo: è tempo di capire quanto ci costa e se ha dato i frutti sperati. E giacché ci troviamo, capire le competenze di un ex direttore di un giornale locale al posto di direttore della Fondazione lucana. E’ stata la solita manovra politico-elettorale? Tutti, negli ambienti, la ricordano come una storia ormai vecchia. Abbiamo dovuto prenderlo per mancanza di figure professionali ad hoc in regione? Il problema è spiegarlo a quanti, con tanto di titoli, hanno partecipato invano alla selezione. La questione non è l’appartenenza geografica caratterizzata da una forte deriva etnocentrica, soprattutto in una società dinamica e sempre più globale, ma il fatto che la meritocrazia, a tutti i livelli, non esiste nel vocabolario di chi amministra il potere, compresi i suoi predicati.
(Aloisio)  

domenica 18 maggio 2014

Basilicata, fondi europei e burocrazia: la ricetta per un disastro!

Come è noto, tutto il Meridione rientrava nel celebre Obiettivo 1 dell’Unione Europea rinominato poi nel ciclo 2007-2013 “Convergenza”. Negli anni precedenti al 2007, quando è stata concepita l'attuale programmazione, l'entrata nell'Unione Europea dei paesi più poveri dell'ex Europa Orientale ha fatto apparire la Basilicata relativamente “ricca”. L’Obiettivo Convergenza comprendeva gli Stati membri e le Regioni il cui prodotto interno lordo pro capite (Pil/abitante), calcolato in base ai dati relativi all’ultimo triennio precedente all’adozione del Regolamento n. 1083/2006 sui Fondi Strutturali, era inferiore al 75% della media dell’UE allargata: nel nostro Paese dunque Campania, Puglia, Calabria e Sicilia rientravano nell'Obiettivo Convergenza. Per le Regioni che superavano la soglia del 75% a causa del cosiddetto “effetto statistico” (cioè a causa dell’ingresso dei dieci nuovi Stati membri), il cui PIL medio per abitante era inferiore al 75% della media dell’Unione Europea a 15 Stati membri ma superiore al 75% della media dell’Unione Europea a 25 Stati, fu previsto un sostegno economico transitorio ed eccezionale, il cosiddetto “phasing out”; la Basilicata fu pertanto ammessa nell'obiettivo Convergenza a titolo transitorio. Se i fondi UE fossero stati usati in modo efficace per lo sviluppo locale lucano, la regione Basilicata avrebbe dovuto far parte nel ciclo 2014-2020 delle Aree Più Sviluppate o almeno permanere tra le Regioni in transizione. Ma così non è stato, poiché la Lucania rientra e rientrerà ancora nelle Aree Meno Sviluppate. In termini di crescita del PIL tale retrocessione ha clamorosamente bocciato la programmazione regionale.
Di fatto, attualmente, secondo i dati Eurostat, la Campania insieme a Calabria, Sicilia, Puglia e Basilicata si confermano le regioni più povere della Penisola, nonché quelle più svantaggiate d’Europa, dove la maglia nera continua comunque a essere di Bulgaria e Romania!
Scenario demoralizzante ed inquietante, dunque, e vi sarà da lavorare molto se davvero si vogliono risollevare le sorti del Mezzogiorno, già martoriato dalla crisi economico/finanziaria.
Per ovviare a tale problema, attualmente la strategia Europa 2020 punta a rilanciare l'economia dell'UE nel prossimo decennio.
Obiettivo: realizzare un'economia intelligente, sostenibile e solidale. Una politica, a loro dire, di investimenti, di sostegno e creazione di posti di lavoro, di competitività, di supporto alla crescita economica, per giungere a tenori di vita più elevati ed allo sviluppo sostenibile. La politica regionale mirerebbe dunque a ridurre le notevoli disparità economiche, sociali e territoriali che tuttora sussistono tra le regioni europee e nel periodo 2014-2020 l’Unione europea effettuerà investimenti per 325 miliardi di Euro. In poche parole, gli aiuti comunitari contribuirebbero a:
• dare impulso alle piccole e medie imprese;
• sostenere la ricerca e l’innovazione;
• investire in un ambiente più pulito;
• migliorare l’accesso alla tecnologia digitale;
• sviluppare nuovi prodotti e metodi di produzione;
• supportare l’efficienza energetica e fronteggiare il cambiamento climatico;
• favorire l’istruzione e l’acquisizione di competenze;
• migliorare i collegamenti verso le regioni isolate.
Ma che cosa è successo a tutti i fondi elargiti alla regione Basilicata? Com’è possibile che non siano stati raggiunti i risultati tanto attesi e sospirati?
L Uil denuncia una scarsa programmazione dei fondi: ovvero, i fondi ci sono ma non sono stati programmati! Stiamo parlando di 2 miliardi e 400 milioni di euro di fondi europei. Una parte, 400, sono relativi alla programmazione 2007-2013 e ancora non sono stati spesi, mentre per il 2014-2020 i fondi fermi sono 2 miliardi. Lamenta il sig. Carmine Vaccaro, segretario Uil, che il problema è “un ritardo nella definizione di uno schema di programma chiaro, unitario e convincente”. In poche parole, la ripartizione dei fondi europei è ancora frammentata in diversi dipartimenti. Rendendo di fatto la figura di un capo-programmazione almeno per ora priva di senso. Occorrerebbe dunque una strategia che riuscisse a combinare l’utilizzo delle risorse 2007-2013 con quelle 2014-2020; dal canto suo, la Regione dovrebbe costruire un unico programma operativo regionale plurifondo per il periodo 2014-2020, facendo convergere le risorse. Insomma tutte le amministrazioni della Basilicata dovrebbero impegnarsi a velocizzare l’iter di allocazione dei fondi comunitari. E’ ancora vivo, infatti, il ricordo del cosiddetto “disastro assistito” relativo ai fondi europei non elargiti dall’Arbea. Tale ente, al secolo Agenzia della Regione Basilicata per le Erogazioni in Agricoltura, è l’organo che, per l’appunto, elargisce gli aiuti economici provenienti dall’UE e destinati al settore agricolo. La sua storia è tortuosa e travagliata: un “supercarrozzone”, come molti lo definiscono, istituito con legge regionale nel 2001. Ancor prima di vedersi riconosciuto lo status di “istituto pagatore” dal ministero dell'Agricoltura (2005), l’ente era già in piedi e … costava! Ma solo nel 2005 iniziò davvero a erogare i fondi europei ad agricoltori ed enti locali.
Già nel 2009 arrivò la celeberrima stangata da Bruxelles: oltre 80 milioni di multa su 400 milioni di fondi europei gestiti. Motivazione: fondi gestiti male! Al limite della frode! E un anno dopo, nel 2010, il Ministero dell'Agricoltura preferì ritirare ad Arbea la patente di “erogatore di fondi”.
Tuttavia, l'Ente continua ad operare. Continua ad affidarsi a 7 super funzionari prorogati, di volta in volta, senza un vero concorso pubblico, ma attraverso insindacabili procedure interne. Per loro tante “coccole e premi di risultato”; mentre i risultati erano disastrosi. E i premi, nell'anno in corso, hanno sforato addirittura la quota di 103 mila euro; 15 mila euro, in sostanza, a ognuno dei 7 superfunzionari. Cifre a cui va aggiunta la modica cifra di 1800 euro di stipendio netto mensile. Un disastro premiato! Vale la pena sottolineare che la Corte dei Conti regionale, lo scorso mese di marzo, durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario, parlando di Arbea, ha detto: “Sulle frodi comunitarie e sui conseguenti danni erariali pendono numerose istruttorie, amministrative e penali”. Evidentemente il direttore dell'Agenzia non se ne sarà accorto: infatti, ripartendo i fondi del 2013 destinati ad Arbea, sui complessivi 440 mila euro, 103 li ha affidati come premio di risultato a pochi funzionari. Il danno erariale cagionato in questi anni, invece, prima o poi lo pagherà la Regione. Cioè noi.
(Ilde)

venerdì 16 maggio 2014

Euro sì, Euro no: alcuni spunti di riflessione

L'Unione europea consiste in un'organizzazione di tipo sovranazionale e intergovernativo, che comprende 28 stati membri indipendenti e democratici. La sua istituzione risale al famigerato Trattato di Maastricht entrato in vigore nel ‘93, al quale gli stati aderenti sono giunti come punto d’approdo dopo il lungo cammino delle “Comunità europee” precedentemente esistenti.L'Unione consiste attualmente di una zona di libero mercato caratterizzata da una moneta unica, l’Euro, regolamentata dalla Banca centrale europea e attualmente adottata da 18 dei 28 stati membri; grazie agli accordi di Schengen, che garantiscono ai suoi cittadini libertà di movimento, lavoro e investimento all'interno degli stati membri, è stata creata anche la famosa unione doganale. Tra gli obiettivi perseguiti dall’Unione Europea ricordiamo:
1. promozione del benessere di tutti i suoi popoli;
2. garanzia ai suoi cittadini di un mercato interno di libera concorrenza;
3. garanzia di una stabilità della crescita economica al fine di una maggiore occupazione e di un maggior progresso scientifico e tecnologico, nonché promozione della coesione economica, sociale e territoriale tra gli stati membri; 
4. contribuzione attivamente con il resto del mondo allo sviluppo sostenibile della Terra (rilasciando certificazioni a imprese, enti pubblici etc.), al commercio libero ed equo e all'eliminazione della povertà. In particolare, per “coesione economica, sociale e di mercato” si intende il favorire lo sviluppo equilibrato del territorio comunitario, la riduzione dei divari strutturali tra le regioni comunitarie, nonché la promozione di pari opportunità reali tra i cittadini.
E fin qui sembra tutto molto allettante. Vediamo nello specifico, però, cui prodest, poiché molti si stanno lamentando dell’appartenenza del Belpaese a quello che oggigiorno viene visto solo come “uno svantaggioso vincolo fiscale”. Cosa accadrebbe se l’Italia uscisse davvero dall’Euro? Sicuramente rischierebbe la marginalizzazione, soprattutto sul tema dei diritti, sui temi etici e quelli morali. Non avrebbe più alcuna voce in capitolo e le sue specificità non sarebbero più considerate a livello globale. Tanto per dirne una, in tema di femminicidio: Che fine farebbero le ricezioni nel nostro ordinamento giuridico, della tante Direttive europee contro la violenza sulle donne, che in molti chiedono e prospettano? Di recente, infatti, la Camera ha approvato all’unanimità, la mozione unitaria che impegna il Governo ad adottare e sostenere le prescrizioni indicate dalla Convenzione di Istanbul, a tutela dei diritti delle donne. C’è chi dice poi che la Lira, in un mondo globalizzato fatto di Euro e Dollaro non reggerebbe il confronto. Una famiglia che avrebbe precedentemente comprato casa con mutuo a tasso variabile pagherebbe ad uscita dall’Euro almeno il 20% in più di interessi ed al contempo, il potere d'acquisto degli stipendi si ridurrebbe della stessa percentuale. Su di uno stipendio medio di 1.500 euro al mese sarebbe come se si decurtassero 300 euro mensili, senza considerare i costi delle utenze, i prezzi di beni e servizi che subirebbero un'impennata difficile da quantificare (secondo alcuni oltre il 50% degli stipendi medi andrebbe in fumo). Tutte le importazioni, dall'energia alle materie prime, subirebbero un'impennata di costi dal 30 al 50%, che si scaricherebbero sui prezzi, con il concretissimo rischio fallimento per imprese, banche ed assicurazioni. L'inflazione ricomincerebbe a galoppare, i risparmi rischiano di essere bruciati, la disoccupazione toccherebbe livelli impensabili. Uno scenario da incubo insomma.
C’è poi chi ipotizza il contrario: Claudio Borghi, docente all'Università Cattolica di Milano e convinto sostenitore della necessità di dire addio alla moneta unica. In un'intervista l'economista spiega: "L'euro è diretta causa della nostra crisi. Costa di più restare nell'euro". Esaminiamo più a fondo: “Se facciamo attenzione vediamo che la crisi non è mondiale”, spiega l’economista. “Tutto il mondo cresce, solo l'area sud dell'Eurozona non cresce… e già questo dovrebbe far drizzare le antenne. D'altra parte se si prende uno stato e gli si mette una valuta artificialmente forte, quello stato va in crisi. E' sempre successo, all'Italia prima del 1992, all'Argentina quando ha bloccato il peso sul dollaro. Se vogliamo uscire dalla crisi dobbiamo togliere l'euro, non c'è altra soluzione”. In poche parole, l'Italia dovrebbe essere il primo Paese a uscire perché è l'unico paese che ha tutti gli svantaggi e nessun vantaggio: gli altri paesi in crisi maggiore (Spagna, Portogallo e Grecia) hanno subito il colpo ma adesso stanno avendo un risarcimento, ovvero sono “pagati” attraverso il Fondo salva Stati. L'Italia è l'unico Paese in crisi che paga. Se uscisse dall’Euro, L’Italia riguadagnerebbe dunque la libertà di poter perseguire delle politiche “anticicliche”. Che tradotto vuol dire: fare come hanno fatto americani, inglesi e giapponesi, dotati di sovranità monetaria, e darsi uno stimolo all'economia, per farla uscire dalla stagnazione senza dover sottostare a delle regole europee che costringono a fare il contrario (austerity). Se l'austerità venisse eliminata mantenendo l'euro andremmo ancora più in crisi, perché le persone, avendo dei soldi in più da spendere, comprerebbe prodotti stranieri. Senza Euro, il nostro debito verrebbe ridenominato nella nuova valuta, e per i mutui varrebbe la stessa cosa: afferma infatti lo studioso che “il mutuo verrebbe convertito nella nuova moneta per cui chi doveva pagare una rata di 100 euro pagherebbe una rata di 100 'fiorini'. Il tasso di interesse che verrebbe applicato alla rata non potrebbe essere toccato: se fisso resta fisso, se variabile continuerebbe ad essere indicizzato all'Euribor. Quindi se per caso, ma non è assolutamente certo, dovesse aumentare l'inflazione, chi ha un mutuo sarebbe anche avvantaggiato". La verità è un’altra invece: l'euro non potrebbe reggere l'uscita di un Paese grande come l’Italia. Potrebbe reggere l'addio di Cipro e di Atene, ma ai greci non conviene uscire ora che gli stanno dando soldi. Anche se, probabilmente, potrebbero rimettersi in piedi da soli e a quel punto sarebbero un esempio per tutti. Ed ecco spiegato perché la Germania a tutti i costi non vuol fare uscire la Grecia: deve passare il messaggio che l'euro è irreversibile!
(Ilde)

giovedì 15 maggio 2014

Nomine regionali: attese le scelte del consiglio e del presidente


Scade il 13 giugno il termine per la presentazione delle domande. Sul Bollettino ufficiale della Regione Basilicata n. 16 del 14 maggio 2014 sono stati pubblicati i bandi relativi alle nomine di competenza del Consiglio e della Giunta regionale. Collegandosi al sito internet www.consiglio.basilicata.it è possibile consultare i quattro avvisi pubblici di competenza del Consiglio regionale con le schede relative a tutte le nomine e designazioni e scaricare la modulistica per la presentazione delle candidature. Sul sito internet www.regione.basilicata.it è possibile invece consultare i due avvisi pubblici di competenza della Giunta regionale e scaricare la relativa modulistica. Le proposte di candidatura per tutti gli avvisi, corredate da una fotocopia del documento di identità del richiedente possono essere spedite anche a mezzo posta elettronica certificata o recapitate a mano e devono essere acquisite ai relativi protocolli (del Consiglio regionale e della Presidenza della giunta) entro le ore 13,00 del 13 giugno 2014. Possono avanzare proposte di candidatura gli ordini professionali, le associazioni, gli enti pubblici o privati operanti nei settori interessati, le organizzazioni sindacali, le fondazioni e i singoli cittadini. Le nomine di competenza della Giunta riguardano il presidente del Comitato tecnico regionale dell’Artigiancassa, il rappresentante della Regione nel consiglio di amministrazione dell’Università degli Studi della Basilicata, il direttore dell’Apt, il presidente del Comitato di Coordinamento Istituzionale delle Politiche del Lavoro, il direttore dell’Ardsu. Le nomine di competenza del Consiglio regionale riguardano il Garante regionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, il Difensore civico della Basilicata, i componenti della Commissione regionale per le parità e le pari opportunità tra uomo e donna, i componenti del Corecom, i rappresentanti regionali nel Comitato misto paritetico sulla regolamentazione delle servitù militari, l’amministratore unico dell’Ater di Potenza e Matera, i rappresentanti regionali nei Comitati Provinciali di Indirizzo per l’Edilizia Residenziale Pubblica di Potenza e Matera, i componenti della Commissione Regionale dell’immigrazione, gli esperti delle Commissioni Provinciali Espropri, del Comitato Scientifico regionale per l’Ambiente e della Commissione regionale per la tutela del paesaggio, il direttore dell’Arpab, i rappresentanti nei Consigli di aiuto sociale presso i capoluoghi di ciascun circondario dei Tribunali regionali, gli esperti del Comitato consultivo per la programmazione culturale, il presidente dell’Ente Parco Naturale Gallipoli Cognato-Piccole Dolomiti Lucane, i rappresentanti regionali e il presidente dell’Ardsu, i rappresentanti regionali nelle Commissioni miste conciliative dell’Asp e dell’Asm, i rappresentanti regionali nel Comitato consultivo regionale delle professioni, il rappresentante regionale nel Comitato regionale Inps della Basilicata, un componente della Sezione regionale di controllo per la Basilicata della Corte dei Conti.