lunedì 7 aprile 2014

In Basilicata vige ancora il nepotismo


La Basilicata non si è per nulla scrollata di dosso ciò che accadeva ancora nell’Ottocento: il nepotismo. Il figlio del chirurgo trova posto nell’ospedale San Carlo o in altri presìdi, il figlio del notaio continua la professione del padre, il figlio del dipendente regionale trova l’opportunità di entrare nel massimo ente territoriale e ciò vale anche per le altre istituzioni, le banche, gli enti sub regionali, gli studi di avvocato, etc. I partiti lucani della maggioranza, pur non dicendolo apertamente, con l’attuale sistema elettorale, ci paragonano a una massa di pecoroni: chiunque mettiamo nella lista va bene, tanto ci votano. Che rimpianti per il vecchio sistema elettorale, quanto il cittadino sceglieva il candidato. Molta gente per protesta non vuole più votare: «Così non si raggiunge il quorum». Errore. Ciò vale solo per il referendum che si basa sui votanti e non sugli elettori. Occorre votare e scegliere partiti che fanno opposizione costruttiva, dalla parte della gente, e non farsi abbindolare da false promesse e profeti dell’ultima ora. A volte fanno rimpiangere, nonostante le tante pecche, il sistema borbonico perché è importante sottolineare che i Savoia procedettero all’unità d’Italia sulla spinta risorgimentale, ma lo scopo era quello di incrementare le vuote casse della casa reale piemontese. Poi occorrerebbe una lunga dissertazione sul brigantaggio e le cause che ne determinarono il fenomeno, già esistente sotto il dominio di re Ferdinando, che non trovò alcuna sponda tra i vertici dell’esercito piemontese (che si macchiò di tante malefatte) e su Garibaldi tant’è che abbracciò la causa perdente del cardinale Ruffolo.

Ciò che occorre un cambio di direzione e offrire sbocchi lavorativi ai lucani. E ciò lo può fare solo la Regione che ha più dipendenti della Regione della Lombardia. Il rischio che corre è quello di incappare di una nuova Waterloo. E’ anche vero che l’esecutivo lucano è assillato da mille problemi ed emergenze. La Regione deve attivare iniziative e investire risorse per favorire l’impresa privata. Invece di spendere soldi per sciocchezze perché non prevede di istituire l’apprendistato, caricandosi le imposte e la previdenza per un certo lasso di tempo favorendo i giovani nell’“imparare” un mestiere, ormai diventato merce rara. Così avremo di nuovo falegnami, elettricisti, idraulici, calzolai, etc. Intanto la Regione ha istituito un “incubatore d’impresa”: tu porti l’idea progettuale e loro ti danno le informazioni necessarie per aprire l’attività. Ma per tutto questo forse basterebbe un buon commercialista che ti informa sulle procedure e sulle leggi a sostegno dell’iniziativa lavorativa.

(Aloisio)

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