mercoledì 30 aprile 2014

Cara giustizia, quanto ci costi!

L’Italia resta e resterà sempre la patria indiscussa dei balzelli, e la tendenza si sta manifestando in maniera sempre più drammatica ed evidente anche nel settore giudiziario. A seguito dell’aumento indiscriminato del contributo unificato (contributo da corrispondere per avere accesso alla giustizia civile ed amministrativa) si sono sollevate, infatti, numerose lamentele e polemiche da parte di chi versa, di fatto, nella impossibilità materiale ed economica di azionare lo strumento processuale a tutela dei propri diritti. Tale aumento del costo della giustizia, voluto dalla infelice Legge di Stabilita 2014, non solo non risolve le problematiche afferenti alla macchina giudiziaria ed al suo cronico gap finanziario, ma preclude, viceversa, l’accesso in maniera grave alle persone meno abbienti, in palese violazione dei principi costituzionali (art. 24 Cost.).  Nello specifico, l’escamotage è stata quella di aumentare le anticipazioni forfettarie che precedentemente ammontavano ad 8 Euro (la cosiddetta marca da 8 per l'iscrizione a ruolo); con la Legge di Stabilità è stata aumentata a ben 27 euro, più che triplicata. E' quanto prevede il comma 416 dell'articolo 1 della Legge di Stabilità appena approvata in via definitiva al Senato, di cui facciamo seguire il semplice testo:
"416. Al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 30, comma 1, le parole: «euro 8» sono sostituite dalle seguenti: «euro 27»;"
Tale incremento indiscriminato e per niente proporzionale va ad incidere in misura rilevante soprattutto nelle cause di valore contenuto e, peggio ancora, per il primo scaglione della Tabella del Contributo Unificato. (http://www.professionegiustizia.it/tabella_contributo_unificato.php)
A ciò vanno aggiunte (come se non bastasse) le illegittime “innovazioni” degli ultimi provvedimenti del governo in materia di giustizia:
1. sentenze con motivazione a pagamento;
2. aumenti fino al 340% dei costi di accesso al processo civile;
3. limitazioni del patrocinio a spese dello Stato e delle difese d'ufficio;
4. giudice d'appello monocratico, con vanificazione della garanzia della collegialità.
A salvare dall’intollerabile iniquità il perverso meccanismo impositivo considerato, neppure può valere la rimborsabilità del contributo in caso di vittoria. Il ricorrente, infatti, dovendo comunque anticipare il pagamento del contributo unificato (salvo il successivo rimborso, peraltro in tempi resi incerti dalla notoria inefficienza dell’apparato burocratico, all’esito eventualmente favorevole del giudizio) si trova sostanzialmente esposto al meccanismo del c.d. “solve et repete”, cioè all'onere del pagamento del tributo quale presupposto imprescindibile dell’esperibilità (anche se non a pena di inammissibilità) dell'azione giudiziaria diretta a ottenere la tutela del diritto del contribuente mediante l'accertamento giudiziale dell’illegittimità del tributo stesso; meccanismo già stigmatizzato e dichiarato incostituzionale dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 21 e n. 79 del 1961, in quanto “reca un impedimento al diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, in contrasto non solo con i già considerati parametri normativi comunitari, ma anche con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, nonché per la disparità di trattamento fra contribuente in grado di pagare immediatamente e contribuente non particolarmente abbiente”.
Ma andiamo avanti. Dubbi sorgono anche considerando la Direttiva dell’Unione Europea 89/665, che impone agli stati membri di rendere accessibili le procedure di ricorso: orbene, la normativa italiana sul contributo unificato, così come spropositatamente ed illogicamente quantificato, non pare conforme e rispettosa del dettato europeo. Di fatto, l'aumento continuo e progressivo del contributo unificato, attuato con i diversi interventi normativi che si sono susseguiti negli ultimi anni, risulta in contrasto con i principi comunitari di proporzionalità e di divieto di discriminazione, nonché, soprattutto, con il principio di effettività della tutela giurisdizionale che è centrale nella logica della stessa direttiva 89/665 e che costituisce un principio generale non solo dell’ordinamento interno, ma anche del diritto dell’Unione. L’imposizione di un’elevata tassazione, come condizione per poter tutelare le proprie ragioni in giudizio, significa discriminare coloro che non hanno adeguati mezzi economici per farle valere, nonché scoraggiare o impedire la tutela di interessi economici non sufficientemente robusti, rispetto all’entità della somma da sborsare a titolo di contributo unificato.
Ultima, insensata chicca della Legge di Stabilità (punto 3 sovra citato) è l’art. 106-bis T.U. spese di Giustizia, per il gratuito patrocinio nei processi penali. Di seguito il nuovo articolo:
«Art. 106-bis. (L) - (Compensi del difensore, dell’ausiliario del magistrato, del consulente tecnico di parte e dell’investigatore privato autorizzato). – 1. Gli importi spettanti al difensore, all’ausiliario del magistrato, al consulente tecnico di parte e all’investigatore privato autorizzato sono ridotti di un terzo».
Buona causa a tutti!
(Ilda)

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