domenica 11 gennaio 2015

Jeanette Bougrab: «E' una guerra»

Dopo quanto accaduto il pensiero di Jeanette Bougrab, compagna di Charb, il direttore di Charlie Hebdo, rilasciata all’emittente francese BFM. «Io penso che questa sia una guerra, anche se guerra è una parola che non si dovrebbe pronunciare. Penso che questa sia una guerra che non è stata dichiarata. Non sono convinta che le misure legislative a nostra disposizione siano sufficienti. Io penso che oggi Internet e Twitter siano mezzi di diffusione di odio dove in maniera anonima le persone possono decidere della fatwa. Possono scegliere chi deve vivere, chi deve morire e noi non abbiano ancora preso le misure con questo».
Lei ha fatto un documentario sul Pakistan. Sulle donne alle quali è stato interdetto di andare a scuola.
«Sì, ci sono stata diciassette giorni in Pakistan, ho viaggiamo molto, sono stata alla frontiera afgana, ho parlato con tante persone, ho fatto interviste e non mi è successo nulla. Nulla. E invece oggi in Francia, noi che diamo lezioni a tutto il mondo.... il mio uomo, il mio compagno è morto assassinato perché disegnava in un giornale. Io vorrei che mi spiegassero che cosa succede oggi in Francia. Penso che alcuni non continue- ranno l'avventura di Charlie. Perché sono terrorizzati, perché hanno paura per le loro vite e perché sanno che oggi in questo Paese quando si prende in mano una matita si può essere uccisi. Questa è ora la Francia. Bisogna smetterla di far finta di niente: ci sono dei poliziotti, degli innocenti che sono morti. Ci sono dei giovani che disegnavano che sono stati assassinati. Ed è successo in Francia».
Charlie continuerà?
«Charlie deve continuare anche se se ne sono andati i suoi "padri", gli uomini che lo avevano fondato non ci sono più. Ma deve andare avanti perché semmai Charlie dovesse sparire, sarebbe come se uccidessero Stephane una seconda volta».
Oggi moltissimi francesi, moltissimi europei, moltissimi americani, tutto il mondo oggi dice: "Io sono Charlie". Questa è una forma di vittoria?
«No, no. Assolutamente no perché lui è morto. Non è assolutamente una vittoria. È una sconfitta, una tragedia per il nostro Paese. E io non posso gioire all'idea che ci siano dei giovani che scendono in piazza per manifestare perché hanno ammazzato e mi hanno strappato l'essere caro che mi ha accompagnato nella vita».

Nessun commento:

Posta un commento