(Ilde)
Visualizzazione post con etichetta carceri. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta carceri. Mostra tutti i post
sabato 5 luglio 2014
Italia di nuovo condannata dall'UE, per un pestaggio di 14 anni fa.
L’Unione Europea bacchetta nuovamente l’Italia, questa volta
per un fatto avvenuto in un carcere del sassarese: alcuni agenti, infatti, riconosciuti
colpevoli per atti di violenza avvenuti nell’Istituto di pena di San Sebastiano
a Sassari il 3 aprile 2000, non hanno, dopo la sentenza definitiva, ricevuto
pene proporzionali al reato commesso. I pestaggi erano all’ordine del giorno
nella struttura e nello specifico, gli abusi furono la risposta repressiva a
una protesta
dei detenuti, che
batterono con le posate sulle grate, diedero fuoco alle lenzuola, fecero
esplodere le bombolette di gas perché, a causa dello sciopero dei direttori
delle carceri, furono lasciati senza viveri del sopravvitto e senza sigarette.
Dopo 14 anni di processi per lo più conclusi grazie a prescrizioni di reato e con
condanne molto lievi (dirigenti del carcere condannati a pene dai 10 mesi a un
anno e 8 mesi), è dunque la Corte europea dei diritti umani a fare giustizia ed
a condannare l’Italia per aver “sottoposto a trattamento inumano e degradante
uno dei detenuti” in particolare: Valentino Saba. Quest’ultimo, insieme ad una
trentina di detenuti, era stato vittima delle violenze inflitte da una parte
delle guardie carcerarie in servizio nel penitenziario sassarese ed aveva
sporto denuncia. Lo scenario che emerse dalle dichiarazioni fu una vera e
propria “Guantanamo
sarda”: uomini
ammanettati nudi e costretti a stare per ore con la faccia contro il muro,
picchiati selvaggiamente, inondati di secchiate di acqua gelida, costretti a
infilare la testa in un secchio colmo di acqua mista a sangue e vomito, presi a
manganellate sui genitali. i giudici indicano come pene troppo leggere la multa di
100 euro inflitta a uno degli agenti che non ha denunciato le violenze commesse
dai suoi colleghi, o il fatto di aver sospeso la condanna al carcere per altri
agenti. Nella sentenza di Strasburgo i giudici hanno sottolineato come le
autorità italiane non abbiano indicato se le persone sotto processo siano poi
state sospese durante il procedimento come stabilisce la giurisprudenza della Corte stessa. Ed
hanno anche stabilito che Valentino Saba “è stato sottoposto a trattamento
inumano e degradante ma non a tortura”, come da lui sostenuto: lo Stato
italiano gli deve pertanto versare 15mila euro a titolo di danni morali. Immediata
è stata la replica del Sappe, ovvero del sindacato di polizia: "A 14 anni
dai fatti”, sostiene il segretario generale Donato Capece, “mi stupisce la
condanna dell'Italia da parte della Corte europea dei diritti umani. Lo abbiamo
detto e lo voglio ribadire: a Sassari non ci fu nessuna spedizione punitiva contro i
detenuti ma si tenne una necessaria operazione di servizio per ristabilire
l'ordine in carcere a seguito di una diffusa protesta dei ristretti, operazione
di servizio che venne contrastata con violenza da alcuni dei detenuti”. Patrizio
Gonnella, presidente nazionale dell’associazione Antigone ha invece dichiarato
che: “Non è più rinviabile la convocazione di un tavolo politico che dia
risposte ferme su alcuni temi: l’inserimento del reato di tortura nel codice
penale; la non impunità per chi commette atti di violenze verso persone che si
hanno in custodia; meccanismi di educazione e formazione adeguati per il personale
delle forze dell’ordine”.
martedì 10 giugno 2014
Emergenza carceri Basilicata
E’ sempre più emergenza carceri anche in Basilicata: i sindacati di Polizia penitenziaria hanno tenuto una manifestazione di protesta per sensibilizzate l’opinione pubblica e le autorità sul problema sovraffollamento delle carceri. Nell’ultimo periodo, infatti, vi sono stati molteplici episodi inquietanti come un'aggressione ad alcuni agenti presso l'istituto di Potenza e la protesta rumorosa dei detenuti a Melfi attuata con oggetti battuti sulle inferriate; quest'ultima protesta era motivata dall'insensato ampliamento dei posti letto all’interno della struttura carceraria, con una aggiunta di 100 posti. Decisamente troppi rispetto alla capienza dell’istituto di pena, al punto da violare le norme poste a tutela dei diritti umani dalla Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo. I Radicali hanno aderito alla protesta degli agenti penitenziari ed hanno partecipato alla marcia tenutasi nel capoluogo. Si lamentano per lo più le precarie condizioni in cui versa e vive il personale di polizia penitenziaria in servizio nel carcere, aggravate da una gravissima carenza di organico dovuta ai notevoli pensionamenti degli ultimi anni e senza turn-over. Sarebbe, dunque, opportuno pensare ad un mutamento generazionale ai vertici della sede penitenziaria e alla realizzazione di una cittadella giudiziaria con la costruzione di un penitenziario in linea con gli standard europei. Ma sia sa, in Italia non si costruiscono carceri… si svuotano!
(Ilda)
(Ilda)
venerdì 6 giugno 2014
Italia promossa sulla questione carceri
Italia promossa dall’Unione Europea sulla questione carceri: scongiurata, dunque, la maxi multa che sarebbe stata irrogata al nostro paese in caso di esito negativo. Il comitato dei ministri del Consiglio d’Europa ha stabilito che il nostro Paese ha intrapreso adeguate misure per far fronte all’annoso problema, nel rispetto di quanto la Corte europea dei diritti umani gli aveva imposto con la nota sentenza Torreggiani.
Tale sentenza, emessa l’8 Gennaio 2013 dalla CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) lamentava –ricordiamolo- la violazione dell’articolo 3 della Convenzione Europea, che sancisce la proibizione di trattamenti inumani e degradanti. I ricorrenti, Torreggiani ed altri, si trovano a scontare la propria pena presso gli istituti di detenzione di Busto Arsizio e Piacenza e, da quanto esposto nel ricorso presentato, risultava che, essendo ogni cella occupa da tre detenuti, ognuno di loro aveva a propria disposizione meno di tre metri quadrati come proprio spazio personale.
La CEDU sul caso pervenne alla decisione che non solo lo spazio vitale indicato non fosse assolutamente conforme alle previsioni minime individuate dalla propria giurisprudenza, ma inoltre che tale situazione detentiva venisse aggravata dalle “generali condizioni di mancanza di acqua calda per lunghi periodi, mancanza di ventilazione e luce”. Tali condizioni, considerate nel loro insieme, costituivano, dunque, una violazione degli “standard minimi di vivibilità”, determinando una situazione di vita degradante per i detenuti. La compensazione pecuniaria per i danni morali subiti in violazione dell’articolo 3 della Convenzione ammontava a una somma di circa 100.000 € per tutti i ricorrenti. La sentenza Torreggiani costituisce una pietra miliare perché trattasi di “sentenza pilota”: ovvero sentenza in base alla quale si attiva una sorta di “procedura” che permette alla Corte, attraverso la trattazione del singolo ricorso, di identificare un problema strutturale, rilevabile in più casi analoghi, e di individuare pertanto una violazione ricorrente dello Stato contraente. Dall’analisi di molteplici ricorsi derivanti da una situazione simile in fatto e imputabile alla medesima violazione in diritto, vi è la possibilità, per la Corte stessa, di selezionare uno o più ricorsi per una trattazione prioritaria in applicazione dell’articolo 61del proprio regolamento di procedura. L’articolo 61 (introdotto con la nuova versione del regolamento di procedura adottata in sessione plenaria nel 2011), stabilendo come condizione che “i fatti all’origine d’un ricorso presentato davanti ad essa rivelano l’esistenza, nello Stato contraente interessato, d’un problema strutturale o sistemico o di un’ altra simile disfunzione che ha dato luogo alla presentazione di altri analoghi ricorsi” cristallizza una precedente prassi giurisprudenziale affermatasi a partire dal noto caso Broniowski c. Polonia e chiarisce la base giuridica applicabile. La trattazione di una questione attraverso la procedura pilota permette il “congelamento”degli altri casi simili in attesa della pronuncia della Corte al fine di consentire una trattazione più rapida e offre allo Stato contraente la possibilità di sanare la propria posizione prima di ulteriori condanne. In una sentenza pilota il ruolo della Corte Europea è non solo quello di pronunciarsi sulla violazione della Convenzione nel caso specifico, bensì anche quello di identificare il problema sistematico e dare precise indicazioni al legislatore nazionale sui rimedi necessari nel rispetto del principio di sussidiarietà, come nel caso dell’Italia. Destinatari sono tutti gli Stati firmatari, pertanto in virtù dell’art. 46 della Convenzione, “è lo Stato contraente il soggetto tenuto a conformarsi alle indicazioni della Corte essendo queste dotate di vincolatività e titolo esecutivo”. La pronuncia in oggetto contro lo Stato italiano costituiva a tutti gli effetti un’obbligazione di risultato da ottemperare nel periodo indicato di un anno. Tuttavia, nella pronuncia Torreggiani si ravvisava anche una parziale obbligazione di mezzo, laddove la Corte indicava il ricorso a pene alternative al carcere quale possibile soluzione al problema identificato (punto abbastanza discutile, n.d.a.).
Il ministro Orlando si è detto molto soddisfatto dei risultati ottenuti, avvertendo però che “avere risolto le urgenze non significa avere un sistema penitenziario all’altezza della civiltà del nostro Paese, e che c’è ancora molto lavoro da fare”.
Molti esponenti politici, tra cui la radicale Bernardini, si sono detti perplessi e contrari al giudizio positivo emesso dalla CEDU, poiché le lamentate violazioni sarebbero ancora in atto e non risolte, mentre lo svuotamento delle carceri mediante espedienti e pene alternative sarebbe un favore a delinquenti e clandestini, che ha rimesso in libertà migliaia di criminali.
La questione, tuttavia, non è chiusa del tutto: l’Italia tra un anno dovrà tuttavia passare un secondo esame, per verificare se le misure introdotte abbiano generato i risultati sperati. Per quella data il governo dovrà aver presentato nuove informazioni, in particolare sul funzionamento del rimedio preventivo introdotto, e su quello compensatorio, che dovrebbe essere introdotto a con un decreto legge in tempi rapidi e che consentirebbe una riduzione della pena per i carcerati vittime di sovraffollamento ancora detenuti, nonché un risarcimento per quelli già in libertà.
(Ilda)
martedì 3 giugno 2014
Emergenza carceri sovraffolate: vicini al verdetto dell'Europa sull'Italia!
Scaduto l’ultimatum del 28 Maggio, oggi martedì 3 giugno l’Ue dovrà decidere sull’eventuale sanzione che l’Italia dovrà pagare per l’emergenza carceri: è, infatti, attesa per oggi la decisione di un’eventuale sanzione per il nostro Paese da parte della CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo). La quota da versare a titolo di sanzione, nel caso in cui l’Ue valutasse come insufficienti le misure adottate dall’Italia per far fronte al problema, ammonterebbe a 100mila Euro.
Per altro, va detto che suddetta sanzione è stata già inflitta all’Italia in passato per le violazioni dei diritti umani e civili che sono state denunciate nelle strutture carcerarie del Paese. In molteplici ricorsi, infatti, i detenuti hanno lamentato “condizioni disumane” e sono pervenute alla Corte europea richieste di risarcimento astronomiche.
Al nostro Paese era stato accordato tempo utile per “studiare ed attuare misure di soluzione al problema”: la prima scadenza era fissata al 28 maggio, poi sforata e prorogata ad oggi.
Il ministro della giustizia Orlando tranquillizza gli animi, affermando che, comunque, “l’Italia andrà avanti con le riforme”. Purché non si tratti però delle solite misure dell’Indulto e dell’Amnistia, che si concretizzerebbero in una non-soluzione! Molti, infatti, considerano i provvedimenti summenzionati come un sostanziale fallimento dello Stato: l'ultimo indulto, quello del governo Prodi del 2006, ha fatto uscire dal carcere 26.752 detenuti (su 60 mila) e, dopo due anni, il 70% era tornato in carcere, e il numero dei detenuti era tornato lo stesso, a dimostrazione che indulto e amnistia non costituiscono una soluzione strutturale al problema. Si aggiunga a ciò che è sostanzialmente inaccettabile per le vittime di reati vedere tornare impuniti e in libertà i loro carnefici, di fatto annientando il principio di certezza della pena su cui si deve fondare qualunque Stato di diritto.
Ma cosa sono e come funzionano, di preciso, amnistia ed indulto? L’amnistia costituisce una causa di estinzione del reato, mentre l’indulto è una causa di estinzione della pena: pertanto, con l’amnistia lo Stato rinuncia all’applicazione della pena, mentre con l’indulto si limita a condonare, in tutto o in parte, la pena inflitta, senza però cancellare il reato. Amnistia e indulto sono provvedimenti generali ad efficacia retroattiva e, come tali, si distinguono dalla grazia che, invece, è un provvedimento individuale. Amnistia e indulto vengono concessi con una legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera in ogni articolo e nella votazione finale (art. 79, co. 1, Cost.); mentre, prima dell’entrata in vigore della l. cost. n. 1/1992 (che ha modificato il testo dell’art. 79 Cost.), erano concessi dal Presidente della Repubblica, previa legge di delegazione da parte delle Camere. Il fortissimo innalzamento del quorum di votazione (dalla maggioranza semplice a quella dei due terzi, superiore a quanto richiesto nel procedimento di revisione costituzionale ex art. 138 Cost.) ha reso molto più difficile il ricorso a questi istituti e, dal 1992 sino ad oggi, vi è stato un solo caso di applicazione dell’art. 79 Cost. (l. n. 241/2006 - Prodi) mentre dal 1948 al 1992 vi erano stati oltre quaranta provvedimenti legislativi di clemenza!
Quanto al problema del sovraffollamento delle carceri, il problema si potrebbe benissimo risolvere con la costruzione di nuovi istituti, facendo scontare magari ad alcuni detenuti stranieri (quasi il 40 %) la pena nei paesi d'origine, contrastando l'abuso della carcerazione preventiva, che oggi vede il 40% dei detenuti italiani in attesa di giudizio, cioè innocenti fino a prova contraria, la metà dei quali vengono assolti già in primo grado. E queste sono solo alcune proposte e soluzioni vagliate. Vedremo quali saranno le conseguenze di questa giornata decisiva: to be continued!
(Ilda)
giovedì 1 maggio 2014
Emergenza carceri in Italia e in Basilicata
L’ennesima bacchettata per l’Italia arriva dal Consiglio d’Europa
il quale, dopo aver condotto indagini approfondite, ha stilato una classifica
delle carceri peggiori in Europa, con il meritatissimo secondo posto del
Belpaese.
Il report diffuso da Strasburgo, relativo a tutti gli stati
europei, si riferisce al 2012, quando si contavano 66.271 detenuti e 45.568
posti disponibili, vale a dire 145 carcerati ogni 100 posti: solo in Serbia
andava peggio, con circa 160 detenuti ogni 100 posti.
Non solo. L’Italia è seconda, dopo la Francia, per numero di
suicidi: 63 nel 2011. Ed è prima per presenze di detenuti stranieri: 23.773, il
36%. Circa 124 euro al giorno la spesa sostenuta per ogni carcerato.
Nel gennaio 2013 era già pervenuta la condanna della Corte
europea dei diritti dell’uomo per trattamento inumano e degradante a causa del
sovraffollamento carcerario. La sentenza è in questione è la Torreggiani, dal
nome di uno dei 7 detenuti che hanno fatto ricorso vincendolo ed ottenendo così
un risarcimento di 100mila euro. Ma la cause pendenti sono attualmente 4mila. La
CEDU quando ha definito la Torreggiani, ha intimato all’Italia di intervenire
sulle carceri: termine di scandenza il 28 maggio! Entro quella data, l’Italia
dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) dare prova di aver posto rimedio al
problema carceri e di aver individuato uno strumento idoneo per risarcire i
carcerati che hanno vissuto in spazi del tutto insufficienti e inadeguati. Stiamo
parlando dei famosi 3 metri: al sotto questa superficie, si determina, secondo
la Convenzione europea dei diritti umani, il “trattamento inumano e degradante”.
Il ministro della Giustizia Orlando ha annunciato rimedi compensativi: sconti
di pena per i reclusi, risarcimenti per gli ex detenuti. La cifra ssarebbe pari
ad 8 euro per ogni giorno vissuto in celle troppo piccole, somma in linea i
parametri della Corte di Strasburgo.
E noi come siamo messi in Basilicata? Peggio che andar di
notte: numeri allarmanti, perché in tutto il 2013 si sono verificati tra
Potenza, Melfi e Matera 28 episodi di autolesionismo e un tentato suicidio
sventato dagli operatori della Polizia Penitenziaria. E non solo: la situazione
all’interno è piuttosto calda, con situazioni di violenza preoccupante. Nel
corso dell’anno sono state registrate 18 colluttazioni e 14 ferimenti. C’è
anche un’evasione per un mancato rientro da permesso premio, 29 scioperi della
fame per protesta sulle condizioni di detenzione, 21 rifiuti di vitto e terapie
mediche e 9 danneggiamenti per un totale di 470 detenuti distribuiti in tutto
il territorio. Dunque, nel carcere di Potenza sono stati registrati l’anno
scorso ben 18 atti di autolesionismo che vanno dai tagli diffusi all’ingestione
di chiodi, pile, lamette e altri corpi estranei. Altri 9 sono stati segnalati a
Matera e uno soltanto a Melfi dove un detenuto non è ritornato dal suo permesso
premio.
Il sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria, il Sappe, di
recente si è riunito a Tito per un convegno sul sovraffollamento carcerario,
giungendo alle seguenti conclusioni: le case circondariali lucane non sono
sovraffollate, ma hanno una cronica carenza di personale. Si parla di 70 unità
presenti a fronte di un organico previsto di 447 persone con un numero di
detenuti superiore a 500 su una capienza di 440 unità.
Vedremo quali novità ci aspettano in vista della scadenza
del 28 Maggio.
(Ilda)
Iscriviti a:
Post (Atom)