domenica 6 luglio 2014

Cyber-stalking: un fenomeno in preoccupante crescita.

La Cassazione conferma: le molestie su Facebook e su piattaforme virtuali sono stalking. La Suprema Corte ha infatti confermato gli arresti di molti utenti che, su facebook ed altre piattaforme sociali, scaricavano la propria frustrazione contro uomini, donne, ex amici o familiari, una pagina, un gruppo e così via, affermando che: "La condotta persecutoria e assillante nei confronti di una persona attraverso Facebook costituisce una vera e propria molestia punibile in base al nuovo reato di stalking" (Sent. nr. 32404/2010, sez. VI penale).
Ma partiamo dall’inizio. In che cosa consiste il reato di stalking?
L’art. 612 bis c.p., introdotto soltanto nel 2009, disciplina tale fattispecie la cui condotta tipica si concreta in comportamenti reiterati che, identificandosi in veri e propri atti persecutori tali da minare gravemente psicologicamente e fisicamente la vittima, ingenerano in essa la paura e il fondato timore di un pericolo concreto nei confronti propri e/o dei propri familiari, minacciandone dunque anche la sfera affettiva. Soltanto nel 2009, anno di entrata in vigore della legge sullo stalking, le querele sono state 2.023, secondo i dati Istat; di queste, 873 sarebbero state archiviate per mancanza di prove, insussistenza del fatto o perché l'autore è riuscito a rimanere ignoto. La pena è aumentata fino ad un terzo nel caso in cui a commettere gli atti persecutori sia:
- il coniuge della vittima legalmente separato o divorziato;
- una persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa (ad esempio l'ex partner).
Quando la condotta descritta dalla norma è realizzata attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, quali internet, posta elettronica, chat, sms e/o messaggistica istantanea, si parla allora di "cyberstalking". ll persecutore o stalker può essere un estraneo, ma il più delle volte è un conoscente, un collega, un ex-compagno o ex-compagna (nella maggior parte dei casi) che agisce spinto dal desiderio di recuperare il precedente rapporto o per vendicarsi di qualche torto subito. In altri casi ci si trova, invece, davanti a persone con problemi di interazione sociale, che agiscono in questo modo con l'intento di stabilire una relazione sentimentale imponendo la propria presenza e insistendo anche nei casi in cui si sia ricevuta una chiara risposta negativa (ossessione erotomanica). Meno frequente il caso di individui affetti da disturbi mentali, per i quali l'atteggiamento persecutorio ha origine dalla convinzione di avere effettivamente una relazione con l'altra persona (delirio erotomanico). Questi soggetti manifestano cioè sintomi di perdita del contatto con la realtà e sette volte su dieci soffrono di personalità borderline. Solitamente questi comportamenti si protraggono per mesi o anni, il che mette in luce l'anormalità di questo genere di condotte. Il "Centro Presunti Autori – Unità Analisi Psico Comportamentale dell'Osservatorio Nazionale sullo Stalking" (CPA), un'organizzazione italiana che segue il fenomeno, ha proposto un profilo del presunto autore e una descrizione delle condotte riferibili allo stalking, o meglio un identikit psico-comportamentale, con il presupposto che qualsiasi categorizzazione può risultare riduttiva dell’unicità e irripetibilità della persona. Secondo la CPA, oltre il 50% dei persecutori ha vissuto almeno una volta nella vita l'abbandono, la separazione o il lutto di una persona cara che non è riuscito a razionalizzare.
Ma la categoria degli stalkers è composta in maggioranza da maschi o da femmine? Alcuni orientamenti di psicologia clinica affermano che le donne siano “per natura” più propense a serbare rancore nel tempo, e dunque finiscono col perpetrare atteggiamenti vessatori/intimidatori sul piano virtuale ed indiretto ai danni del proprio ex o della nuova fidanzata mediante messaggi indesiderati, emails o su piattaforme sociali allo scopo di creare paura, disagio, frustrazione, ed evitando tuttavia il contatto diretto poiché fondamentalmente lo temono (timore di incappare in reazioni violente o esasperate da parte della vittima) o sarebbe improduttivo e rischioso (paura di un ulteriore rifiuto dell’oggetto del desiderio ossessivo). Altri psicologi dicono invece che gli atti di violenza estrema come sfigurare il volto con acido, percosse, minacce ecc. siano però messi in pratica solo da stalker di sesso maschile; cambierebbe, dunque, la dinamica, il modus agendi in base al sesso del persecutore, benché il movente patologico alla base rimanga lo stesso. Per altro, se lo stalking è legato alla difficoltà di rielaborazione del lutto e alla bassa autostima e se tale difficoltà è equidistribuita tra maschi e femmine, evidentemente le vittime e gli autori di stalking si distribuiscono in percentuale del 50% tra maschi e femmine. Secondo gli studi della Sezione Atti persecutori del Reparto Analisi Criminologiche dei Carabinieri, gli stalker potrebbero inquadrarsi (a stretti, pragmatici fini di polizia) in cinque tipologie:
- il "risentito", caratterizzato da rancori per traumi affettivi ricevuti da altri a suo avviso ingiustamente (tipicamente un ex-partner di una relazione sentimentale);
- il "bisognoso d'affetto", desideroso di convertire a relazione sentimentale un ordinario rapporto della quotidianità; insiste e fa pressione nella convinzione che prima o poi l'oggetto delle sue attenzioni si convincerà;
- il "corteggiatore incompetente", che opera stalking in genere di breve durata, risulta opprimente e invadente principalmente per "ignoranza" delle modalità relazionali, dunque arreca un fastidio praticamente preterintenzionale;
- il "respinto", rifiutato dalla vittima, caratterizzato dal voler contemporaneamente vendicarsi dell'affronto costituito dal rifiuto e insieme riprovare ad allestire una relazione con la vittima stessa;
- il "predatore", il cui obiettivo è di natura essenzialmente sessuale, trae eccitazione dal riferire le sue mire a vittime che può rendere oggetto di caccia e possedere dopo avergli incusso paura; è una tipologia spesso riguardante voyeur e pedofili.
Purtroppo, la normativa di riferimento prende in considerazione non tanto la condotta in quanto tale, quindi il comportamento oggettivo, quanto piuttosto il danno psicologico causato nella vittima, dunque un elemento puramente soggettivo. Lo stato d’ansia permanente e il fondato timore cui l’art. 612 bis c.p. fa riferimento, perché si possa contestare il reato di stalking, sono infatti situazioni prettamente psicologiche, difficili da accertare data l’essenza puramente soggettiva. Ai fini di una corretta analisi, la giurisprudenza ha provveduto ad integrare il panorama legislvativo alquanto carente con una serie di pronunciamenti, e merita cenno la sentenza nr. 32404/2010 della Cassazione: in essa la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da un imputato al quale il Tribunale di Potenza aveva contestato il reato di stalking ai danni dell’ex fidanzata; la loro relazione era da tempo conclusa ma ciò non era stato accettato dal ricorrente, il quale aveva messo in atto condotte ritenute persecutorie. Il tribunale aveva correttamente individuato, secondo la Cassazione, la condotta integrante la fattispecie prevista dall’art. 612 bis, rilevando come le “molestie reiterate, realizzate soprattutto attraverso l’uso di Internet e dei social network, Facebook nel caso di specie, arrivando persino all’utilizzo di filmati che ritraevano la vittima in intimità con l’indagato, inviati anche presso il luogo di lavoro della vittima, avessero provocato un senso di vergogna e ansia tali da costringere la donna a dimettersi”. Ed il giudice di legittimità, confermando la decisione del Tribunale circa la sussistenza dei presupposti che integrano il reato nel caso concreto, accoglieva una visione estensiva dei comportamenti attraverso i quali la condotta criminosa si realizzava e che si concretavano in tutti “quegli atti persecutori e ossessionanti, comunque posti in essere, dunque anche attraverso l’uso di strumenti telematici, che inducano la persona offesa a sentirsi tanto minacciata da dover modificare le proprie abitudini di vita, o che comunque provochino in essa gravi stati di ansia e paura”. La decisione della Cassazione confermava così la morfologia del reato tipizzato dalla norma come reato a forma libera, per cui la condotta non rileva in quanto tale, “potendosi essa realizzare con qualsiasi modalità”, ma perché idonea a realizzare almeno uno dei tre eventi contemplati dall’art. 612 bis c.p. sia tale, cioè, da “cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumita’ propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.
Il fenomeno, già conosciuto all’estero, ove addirittura in alcuni stati il legislatore ha approntato una disciplina ad hoc, è destinato ad aumentare anche in Italia stante il sempre più ampio uso della rete. Inoltre, nel modello di legislazione adottato fuori dell'Europa la definizione della condotta è estremamente ampia ed è solitamente accompagnata da una descrizione delle reazioni di ansia o di paura delle vittime, mentre nel modello europeo sembra prevalere una definizione più dettagliata dei comportamenti tenuti dal molestatore.
Come difendersi: è opportuno rivolgersi subito alla questura o alle forze dell'ordine più vicine e richiedere l'emissione del provvedimento di ammonimento. Il questore, infatti, può ordinare allo stalker di tenere un comportamento conforme alla legge, avvertendolo che in caso contrario il procedimento penale potrebbe avere conseguenze ben più severe. La richiesta, però, deve essere molto dettagliata. Deve indicare: orario preciso delle molestie, il testo dei messaggi ricevuti, le condotte dello stalker e anche il numero di telefono e i dati anagrafici degli eventuali testimoni che potranno essere sentiti dal questore. Se la vittima è stata costretta ad assumere tranquillanti o altri farmaci contro i disturbi del sonno indotti da tali comportamenti è opportuno allegare alla richiesta ogni certificazione medica o ricevuta fiscale dei farmaci assunti. Se l'ammonimento non dovesse avere esito e lo stalker continuasse nelle sue persecuzioni, la vittima ha sei mesi di tempo dal fatto per sporgere formale querela; a quel punto il giudice per le indagini preliminari potrà emettere la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa prevista appunto per il reato di stalking.
Cosa fare poi se gli episodi di stalking e molestie hanno luogo su piattaforme virtuali e social network: ci si può rivolgere alla polizia postale che farà tutte le indagini del caso, risalendo attraverso gli indirizzi IP o url del profilo facebook alla persona responsabile. E’ consigliabile anche fare un “instant” della pagina, mettendo bene in evidenza eventuali post e link denigratori e l’indirizzo della pagina stessa, che andranno poi a costituire il materiale probatorio con cui avviare un procedimento. Se i messaggi o le conversazioni vengono cancellate, volutamente o non, comunque non c’è da preoccuparsi: nelle mani delle forze dell’ordine, anche ciò che si credeva cancellato o perso per sempre può essere, in tutto o in parte, recuperato.
Cosa fare poi se lo stalking e le minacce vengono commesse da chi risiede all’estero? Si possono eseguire arresti anche oltre confine, come è accaduto in un caso di Perugia: lo stalker accusato di avere perseguitato una cinquantenne residente a Perugia attraverso il social network Badoo, è stato bloccato all’estero. L'uomo era un disoccupato trentenne francese residente in un paese al confine con la Svizzera. A suo carico è stato eseguito un mandato di cattura internazionale disposto dal gip perugino nel quale si ipotizzavano i reati di stalking, sostituzione di persona e diffamazione. Il giovane si trova in Francia in attesa che le autorità locali decidano in merito alla competenza dell'indagine.
Sempre e comunque denunciare, mai indugiare!

(Ilda)

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