venerdì 15 aprile 2016

Lo zio Ben è morto invano

di Pasquale Caputi
 

Chi è lo zio Ben? Sì, è proprio lo zio dell’Uomo Ragno. Se avete visto il film saprete che prima di morire, colpito da una pallottola di un rapinatore in fuga, pronuncia, tra le braccia del nipote, la fatidica frase: “Da un grande potere deriva una grande responsabilità”.
Una frase straordinaria, che dovrebbe essere tenuta sempre a mente, non solo da chi detiene il potere ma da chiunque, e in particolare bisognerebbe tenere sempre a mente la parola responsabilità.
E non sto parlando della responsabilità penale o civile, quella che mettiamo in mano ad un avvocato quando combiniamo danni, ma della responsabilità da un punto di vista umano, sociale, professionale, etico, morale.
Purtroppo, nel nostro paese, sempre più spesso la parola responsabilità viene sostituita dalle parole profitto, interesse, privilegio, oppure, dal “Me ne fotto”, tanto per citare l’ex sindaco di Corleto Perticara, la signora Rosaria Vicino.
In realtà la sindachessa ha usato il plurale maiestatis. Al manager della Maersk H2S Safetety Service che, preoccupato dalle assunzioni di personale non qualificato, le chiedeva: “E se un pozzo scoppia?” la Vicino rispondeva: “None, a noi la sicurezza non ce ne fotte niente… Ma non ci pensassero proprio, io gli blocco tutto”. Questo sì che è un sindaco che si batte per la propria gente e per il proprio territorio.
Per non parlare della “Ministra” Guidi battutasi strenuamente per poter sfruttare le risorse petrolifere della Basilicata a favore del Paese; in questo caso il “paese” era il compagno, fornitore della Total.
La poverina si è dimessa per puro senso di “responsabilità”. Ecco che torna la parola magica. Quando vengono beccati spunta miracolosamente il senso di responsabilità che fino a due secondi prima era stato stuprato, sgozzato, vilipeso e infine occultato.
Ma mica finisce qui. Nell’inchiesta, che si sta allargando a macchia di “petrolio”, è entrato anche il Capo di Stato Maggiore della Marina, mica un barcaiolo qualunque, accusato di associazione per delinquere, abuso d’ufficio,  traffico di influenze e traffico illecito di rifiuti, stessi reati contestati a Gianluca Gemelli, fidanzato dell’ormai ex ministra Federica Guidi.



Quindi da una parte c’è il commovente spot PD per il NO al referendum, dove si vedono tecnici che inneggiano alla sicurezza, al mare pulito, all’energia del futuro, al lavoro, alla legalità, dove tutto è controllato con scrupolo e professionalità, dove persino le cozze cresciute aggrappate alla piattaforma petrolifera sono così buone da poter essere mangiate senza problemi, come ci tranquillizza Mario che le mangia da 55 anni, e dove si assicura che il turismo marino-petrolifero è l’ultima tendenza in fatto di vacanze balneari (non so quanti di voi andrebbero su una spiaggia dove di fronte c’è una bellissima piattaforma a mo’ di faraglione caprese), e dall’altra c’è la cruda realtà. Appena si spengono le telecamere delle riprese pubblicitarie, ecco che cominciano gli sversamenti, i “chi se ne fotte” e ci si accorge che anche le cozze sono state sostituite da altre sane per far vedere che erano buonissime.
I tecnici dai nomi evocativi: Marco, Graziano, Ettore, Davide, Mario, Stefano, Eric, Barbara, Alessandro i classici nomi da call center, si trasformano in Adolf l’inquinatore, Nerone il Cozzaro Nero, Attila lo sversatore, Vlad il trivellatore.
Purtroppo siamo in mano politici, imprenditori, amministratori, tecnici e funzionari spesso arroganti, ignoranti e avidi, che come parassiti tentano di sfruttare il più possibile il potere che deriva dalla loro posizione e dalle loro amicizie, passando sopra tutto e tutti, “fottendosene” allegramente.
Dai politici di una regione da cui fuggono ogni anno centinaia di ragazzi per cercare un futuro migliore altrove, ci aspetteremmo risposte più intelligenti e strategie che creino davvero sviluppo e lavoro, nel pieno rispetto di un territorio bellissimo e fragilissimo come il nostro, dove le piccole attività locali e grandi poli attrattivi culturali devono rappresentare il tessuto economico della Basilicata, e non favorire interessi di multinazionali che vengono a violentare la nostra terra e i nostri mari.
Ma si sa, siamo una piccola regione, un bacino di voti talmente irrisorio che ci rende meno importanti di un quartiere di una grande città. E perciò: dove mettiamo le scorie radiattive? In Basilicata, Dove scaviamo i pozzi di petrolio senza un minimo di criterio? In Basilicata. Dove sversiamo tutti gli scarti di produzione? In Basilicata. Tanto alla fine c’è sempre qualcuno che "se ne fotte".
Caro zio Ben, purtroppo, almeno da noi, sei morto invano.

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