domenica 31 luglio 2016

Sacco e Vanzetti, storia di ordinaria ingiustizia

Il 23 agosto 1927, alle ore 0,19 veniva ucciso sulla sedia elettrica Nicola Sacco. Alle 0,26 toccava a Bartolomeo Vanzetti subire lo stesso destino. Ma la storia di Sacco e Vanzetti, i due emigrati italiani accusati negli Stati Uniti di aver preso parte a una rapina uccidendo un cassiere e una guardia nonostante le prove evidenti della loro innocenza, non si chiudeva con la loro esecuzione. Una storia di ordinaria ingiustizia, che divenne qualcosa di più grande e simbolico. Come lo stesso Bartolomeo Vanzetti comprese, quando rivolgendosi alla giuria che lo condannò alla pena di morte, disse: «Mai vivendo l'intera esistenza avremmo potuto sperare di fare così tanto per la tolleranza, la giustizia, la mutua comprensione fra gli uomini». Il destino dei due anarchici italiani, capri espiatori di un'ondata repressiva lanciata dal presidente Woodrow Wilson contro la «sovversione», non solo smosse le coscienze degli uomini dell'epoca, ma come un fantasma continuò ad agitare l'America per decenni. Finché nel 1977, cinquant'anni dopo la loro morte, il governatore del Massachusetts Michael Dukakis riconobbe in un documento ufficiale gli errori commessi nel processo e riabilitò completamente la memoria di Sacco e Vanzetti.
Nick e Bart - Bartolomeo Vanzetti, «Tumlin» per gli amici, nacque nel 1888 a Villafalletto nel Cuneese, figlio di un agricoltore. A vent'anni entra in contatto con le idee socialiste e, dopo la morte della madre Giovanna, decide di partire per l'America, miraggio di una vita migliore per gli italiani dei primi del Novecento. Stabilitosi nel Massachusets, milita in gruppi anarchici e nel 1917, per sfuggire all'arruolamento, si trasferisce in Messico. È qui che stringe amicizia con Nicola Sacco, pugliese, classe 1891. Da allora, Nick e Bart diventano inseparabili e frequentano i circoli anarchici.
L'arresto - Il 5 maggio 1920 Nick e Bart, come li chiamavano in America, vengono arrestati perché nei loro cappotti nascondevano volantini anarchici e alcune armi. Tre giorni, i due vengono accusati anche di una rapina avvenuta a South Baintree, un sobborgo di Boston, poche settimane prima del loro arresto, in cui erano stati uccisi a colpi di pistola due uomini, il cassiere della ditta - il calzaturificio «Slater and Morrill» - e una guardia giurata.
La condanna - Dopo tre processi, i due italiani vengono condannati a morte nel 1921 nonostante contro di loro non ci sia nessuna prova certa, ma addirittura la confessione del detenuto portoricano Celestino Madeiros che ammette di aver preso parte alla rapina e di non aver mai visto Sacco e Vanzetti. E a nulla valsero neppure la mobilitazione della stampa, la creazione di comitati per la liberazione degli innocenti e gli appelli più volte lanciati dall'Italia.
Quando si parla di Mussolini le posizioni sono quasi sempre radicali: o dalla sua parte o contro, ma anche se la notizia non è certo recentissima, vala la pena ricordare il suo impegno nel caso Sacco e Vanzetti. La storia dei due anarchici condannati ingiustamente vide l'impegno anche di grandi nomi per la loro salvezza, nomi illustri come Albert Einstein o Anatole France e è stata di ispirazione per registi e cantanti. Quello che è meno noto è l'impegno che Benito Mussolini mise per ottenere la loro grazia dal governo americano.
A rivelare questo inconsueto aspetto del personaggio Mussolini è stato Philip Cannistraro, uno dei più celebri studiosi americani del Fascismo che ha pubblicato le sue ricerche sulla rivista "Journal of Modern History". Cannistraro, frugando negli archivi del Ministero degli Esteri italiano ed in particolare tra i documenti pervenuti dall'Ambasciata italiana di Washington, riportò alla luce due documenti, scritti da Mussolini in persona, dove si chiedeva una revisione del processo a carico dei due anarchici Sacco e Vanzetti: il primo che risale al 1923, in forma riservata, in quanto lo stesso Mussolini riteneva che il processo fosse stato condotto in maniera "pregiudizievole", il secondo indirizzato al governatore del Massachusetts, Alvan Fuller, nei primi dell'agosto del 1927, a un mese dall'esecuzione.
Nelle motivazioni di questa seconda lettera Musssolini chiede che ai due anarchici venga concessa la grazia per evitare che la morte di Sacco e Vanzetti, potesse trasformarli in martiri della sinistra e per dimostrare come la democrazia americana si discostasse nettamente dai metodi bolscevichi. Durante quel periodo Mussolini ebbe una regolare corrispondenza con l'ambasciatore italiano a Washington, Giacomo De Martino, e con il console generale a Boston affinchè facessero pressione anche su Calvin Coolidge, l'allora presidente degli Stati Uniti. Anche se la cosa è poco nota Mussolini nutriva una grande simpatia per gli anarchici: li riteneva uomini "di fegato", cosa raccontata tra l'altro in un libro di Armando Borghi, libertario di spicco negli ambienti romagnoli: "Mezzo secolo di anarchia" dove lo stesso Borghi racconta dei rapporti amichevoli che Mussolini ebbe con il movimento anarchico italiano prima di diventare direttore dell'Avanti e prima di intraprendere la sua carriera politica.
Joan Baez - Here's to you, Nicola and Bart (musica di Ennio Morricone):

sabato 30 luglio 2016

Al via il cinespettacolo della Grancia: La storia bandita


 Dal 30 luglio all'1 ottobre 2016, al Parco storico, rurale e ambientale della Grancia, a Brindisi di Montagna (Potenza), riprendono la rappresentazione del cinespettacolo “La storia bandita” e tutti gli eventi di animazione culturale. Si rinnova, dunque, un appuntamento di grande suggestione che si è consolidato nel corso degli anni come il più importante attrattore italiano attrezzato nel campo dell’animazione storico-culturale e dell’identità territoriale. 

   Il Parco Storico Rurale e Ambientale della Grancia, realizzato agli inizi degli anni Duemila, su una zona che traguarda l’Antico castello Fittipaldi e il borgo di Brindisi di Montagna, si estende su un’area di circa cinquanta ettari, di notevole pregio dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Si tratta di un progetto innovativo di sviluppo rurale basato sul recupero dell’identità locale quale fattore di collegamento orientato a interconnettere beni culturali e ambientali, prodotti agricoli e artigianali, servizi e ospitalità, accoglienza e tempo libero. 

  L’esperienza finora maturata con la realizzazione del Parco della Grancia ha dimostrato la validità dell’idea di dare vita a un parco tematico a carattere storico-culturale, articolato in diverse azioni, che vanno dalla messa in scena del cinespettacolo “La storia bandita” che racconta l’epopea del brigantaggio, fino ai percorsi e agli allestimenti per la valorizzazione delle risorse culturali, artigianali, agricole, ambientali.  La stagione duemilasedici dell’evento si articola in quindici appuntamenti che si concluderanno il primo ottobre. Oltre alla realizzazione delle attività già consolidate nelle edizioni precedenti, saranno introdotte ulteriori interessanti iniziative indirizzate a rafforzare l’indirizzo adottato dal Comune di Brindisi per far crescere una esperienza di condivisione collettiva e popolare capace di coniugare cultura, ambiente, storia ed economia in un modello integrato, fondamentale per  moltiplicare i fattori di interesse e di attrattività verso una delle più originali iniziative di sviluppo locale realizzate in Basilicata e in Italia. 

  Per visionare il calendario dello spettacolo “La storia bandita” e il programma del Parco per il 2016: http://www.parcograncia.it. Sul sito tutte le notizie utili. Dai costi ai numeri telefonici. E' possibile acquistare i biglietti anche: http://www.liveticket.it/opera.aspx?Id=67173

sabato 14 maggio 2016

Anche se fosse abrogato il Ttip rimarrebbe attivo per 20 anni



L'informazione la fanno sempre più i "comici". Al silenzio dei politici fa eco quella dell'informazione. I cittadini dovrebbero sapere e scegliere cosa fare o, meglio, cosa far fare a chi li rappresenta nelle sedi istituzionali. Per saperne di più dobbiamo ascoltare Crozza su La7. E per aggiungere informazioni di seguito ciò che ha pubblicato Le monde. 

LE MONDE: ”IL TRATTATO UE-USA SUL COMMERCIO (CHE VUOLE BRUXELLES) ANCHE FOSSE POI ABROGATO, RIMARREBBE 20 ANNI ATTIVO!”

PARIGI – Scrive Le Monde: “Trattato transatlantico di libero scambio fra Unione europea e Stati Uniti : i suoi avversari lo designano con la sigla Tafta (Transatlantic free trade agreement). Chi lo sostiene preferisce usare il nome ufficiale, TTIP (Transatlantic trade and investment partnership).
Le discussioni e gli accordi su questo trattato proseguono da mesi e per il tema i media mostrano soprattutto indifferenza.
Un’indifferenza dannosa, però, perchè spesso i trattati internazionali servono a rendere legali principi che non sono accettati nelle scene politiche interne dei singoli paesi. Servono a iscrivere le relazioni commerciali sul lungo termine, per impedire ai governi di cambiare politica di fronte a situazioni che non sono più soddisfacenti.
Nel caso del trattato transatlantico, l’Europa e gli Stati Uniti si impegnano a liberalizzare un gran numero di settori delle rispettive economie, ossia a spezzare monopoli pubblici e dare pari possibilità agli operatori pubblici e alle aziende private. I negoziatori del trattato assicurano che da questo movimento escluderanno i servizi pubblici, senza però dare ancora una definizione chiara.
I controversi tribunali di arbitraggio che il trattato vuole creare, saranno in grado di imporre multe ai paesi che espropriano, direttamente o indirettamente, i benefici delle aziende. Questo potrebbe impedire di attuare la legge in determinati ambiti per salvaguardare la libertà delle imprese.
Principi che possono essere rifiutati o difesi e che in ogni caso sono in linea con la linea politica liberale che l’Europa porta avanti da anni. Ma iscriverli in un trattato con gli Stati Uniti significa limitare il margine di manovra dei futuri governi per poter cambiare opinione.
In un certo modo, significa stabilire una “costituzione economica per il commercio”, secondo i termini di Bill Warren, analista presso la ONG ecologista americana Friends of Earth.
Anche se un giorno in Europa salissero al potere partiti dell’estrema sinistra, che decideranno di abrogare il trattato transatlantico, l’UE rimarrebbe legata ai suoi impegni con gli Stati Uniti per diversi anni. In effetti, i trattati di questo genere comportano spesso clausole secondo cui i principi rimangono attivi dai 10 ai 20 anni dopo la loro abrogazione.
Per firmare il trattato transatlantico si deve dunque avere molta fiducia in questi principi e considerarli ottimi sotto ogni punto di vista.
A medio termine il trattato transatlantico potrebbe avere un impatto sulla vita quotidiana dei cittadini.
Potrebbe rapidamente influenzare il prezzo di taluni prodotti. Il costo dei tessili, delle automobili e di alcuni prodotti agricoli potrebbe essere leggermente ridotto grazie a diritti doganali meno costosi e a norme comuni.
Se Washington accettasse di vendere all’Europa il suo gas di scisto, anche il prezzo dell’energia potrebbe diminuire. Al contrario, potrebbero aumentare notevolmente i prezzi delle medicine, qualora si rafforzassero le protezioni della proprietà intellettuale dei laboratori.
L’essenziale del beneficio del trattato transatlantico andrà alle imprese che potranno facilmente esportare verso l’altra zona, o installarsi. I lavoratori europei dovrebbero ottenere più facilmente i visti per andare a lavorare negli Stati Uniti. Ma il meccanismo funziona nei due sensi : aprendo maggiormente il mercato europeo alle aziende americane, vi è il rischio di rendere fragili alcuni settori economici europei, come l’agricoltura.

Cos'è il Ttip e i documenti riservati ottenuti da Greenpeace



La firma del Partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti (Ttip) tra Unione europea e Stati Uniti mette a rischio gli standard europei sull’ambiente e la salute. Lo rivelano alcuni documenti diffusi da Greenpeace e pubblicati il 2 maggio dal quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung. L’organizzazione ambientalista è entrata in possesso di 248 pagine di documenti riservati, che riguardano alcune questioni come il cibo, i cosmetici, le telecomunicazioni, i pesticidi e l’agricoltura. Secondo i sostenitori del Ttip, il trattato farà nascere la più grande area di libero scambio al mondo, creando nuovi posti di lavoro. Secondo gli attivisti, le associazioni e i movimenti che si oppongono al trattato, invece, il Ttip è frutto delle pressioni delle multinazionali e finirà per tutelare solo gli interessi delle aziende, ignorando quelli dei lavoratori e dei consumatori. In realtà, stando a quanto si legge nei documenti diffusi da Greenpeace, le trattative tra Stati Uniti ed Europa sono in una fase di stallo e le posizioni tra i due blocchi sono molto distanti. Washington ha avanzato alcune richieste, che spingerebbero l’Ue a infrangere delle promesse fatte in materia di protezione ambientale e di salute pubblica. Il governo statunitense, per esempio, vuole che l’Europa superi il cosiddetto “principio di precauzione”, secondo il quale un prodotto potenzialmente pericoloso può essere ritirato dal mercato se non è provato scientificamente che è sicuro. Questo principio si applica agli organismi geneticamente modificati (ogm), che secondo alcuni esperti sono pericolosi per la salute. Greenpeace inoltre dichiara che il Ttip non fa riferimento al taglio delle emissioni di Co2 previsto dal patto firmato al vertice sul clima di Parigi, mentre l’Unione europea vorrebbe che il trattato ne tenesse conto. Secondo quanto si legge nei documenti, infine, gli Stati Uniti hanno minacciato di bloccare l’alleggerimento delle norme sull’importazione di auto europee negli Stati Uniti per costringere l’Unione europea a comprare più prodotti agricoli statunitensi. 
Cos’è il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Ttip)
Il Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Ttip), un accordo di libero scambio tra Stati Uniti e Unione europea, è stato proposto nel 2013. Da allora ci sono stati tredici round di negoziati, l’ultimo dei quali si è svolto a New York nell’aprile del 2016. I prossimi negoziati si terranno a giugno. I negoziatori prevedono di concludere i lavori nel 2016, ma gli ultimi incontri si sono svolti senza particolari passi in avanti. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha dichiarato di voler concludere l’accordo prima della fine del suo mandato. In seguito alla conclusione dei negoziati, il progetto dovrà essere approvato dai 28 governi dell’Unione europea, dal parlamento europeo e dai 28 parlamenti dei paesi dell’Unione, che potrebbero anche indire dei referendum. Ecco cosa prevede l’accordo e quali sono i punti contestati dai cittadini di molti paesi europei. 
• Gli obiettivi principali del Ttip sono l’apertura di una zona di libero scambio tra Stati Uniti e Unione europea, la riduzione dei dazi doganali per le aziende che commerciano tra le due aree e l’approvazione di nuove leggi che favoriscano il commercio tra i due blocchi, eliminando le differenze normative e amministrative. 
• Il trattato riguarderà il 40 per cento del giro d’affari del commercio mondiale e si applicherà ad ambiti molto diversi, sottoposti a legislazioni disomogenee, dal mercato culturale a quello alimentare. 
• In Europa il trattato è stato molto criticato e ci sono state manifestazioni per chiedere di bloccarlo. Il timore degli europei è che il Ttpi abbassi gli standard di sicurezza previsti in Europa per venire incontro alle richieste degli Stati Uniti. Più di due milioni di cittadini europei hanno firmato una petizione che chiede di fermare le trattative. 
• Secondo le informazioni che sono trapelate, i governi europei non sono affatto uniti sulle molteplici misure previste dall’accordo (la Francia, che aveva ottenuto l’esclusione del settore audiovisivo dal trattato in nome dell’eccezione culturale, continua a mostrarsi particolarmente diffidente), ma è improbabile che revochino o modifichino il mandato di trattare assegnato alla Commissione. 
• Tra le questioni più discusse c’è la “risoluzione delle controversie tra investitore e stato” (Investor-state dispute settlement, Isds). Il trattato permetterebbe alle aziende di fare causa ai governi portandoli di fronte a un collegio arbitrale. In questo modo, sostiene chi critica il Ttip, l’Isds darebbe alle multinazionali la possibilità di ostacolare qualsiasi legge che va contro i loro interessi. L’esempio più citato è quello della Philip Morris, che ha fatto causa ai governi di Uruguay e Australia. 

sabato 30 aprile 2016

Caso Regeni, la conduttrice egiziana fa un passo indietro



L'attrice e conduttrice Rania Mahmoud non poteva pensare di non alzare un polverone, dicendo che Giulio Regeni dovrebbe "andarsene all'inferno", ma ora, in un'intervista al Corriere della Sera, prova a fare un passo indietro.
"Non volevo dire che lui dovrebbe andare all'inferno, ma il che caso dovrebbe", spiega la conduttrice, accusando le indagini sull'omicidio del giovane italiano di causare "problemi tra gli egiziani e gli italiani" e parlando di una "cospirazione contro l'Egitto".
L'accusa della conduttrice è contro un "embargo economico" dovuto ai "media europei", che "scrivono che all'Egitto il caso non importa e non ci stiamo sforzando di capire chi abbia ucciso il ragazzo", sicura che ci sia un complotto dei terroristi perché i due Paesi spezzino i legami esistenti tra di loro.
Rania, ricorda il Corriere della Sera, fino a gennaio dello scorso anno lavorava ad Al Assima. Dopo un'intervista a un astrologo che in onda evocò lo spirito del presidente Sadat - e profetizzò un attentato all'attuale leader Al Sisi - fu lasciata a casa, per rispuntare poi ad Al-Hadath.

«Regeni ... andasse al diavolo»


Per Rania Yassen, giornalista per la tv saudita Al Arabiya, il caso del ragazzo ucciso “è un complotto”. E aggiunge: “Andasse al diavolo”.Uno sfogo durissimo contro Giulio Regeni da parte di una giornalista egiziana. “Sono stufa di questa storia”. Il caso sull’uccisione di Giulio Regeni tiene banco in Italia e anche in Egitto. Proprio dallo stato con capitale Il Cairo arriva un duro attacco. Per Rania Yassen, giornalista per la tv saudita Al Arabiya, il caso del ragazzo ucciso “è un complotto”. E aggiunge: “Andasse al diavolo”. La presentatrice ha aperto l’edizione del telegiornale dando la notizia dell’apertura di un’indagine contro Reuters, colpevole di aver diffuso notizie false a proposito del caso di Giulio Regeni. Un evento che probabilmente l’ha infastidita al tal punto da dichiarare: “Voglio dirvi una cosa: tutto questo interesse per il caso Regeni a livello internazionale, come in Gran Bretagna e Usa, indica una sola cosa: siamo davanti ad un complotto! Come se Regeni fosse il primo caso di omicidio in tutto il mondo!”. Ma non si è fermata lì. Ha spiegato che ci sono tantissimi casi di egiziani spariti in tutto il mondo in particolare in Paesi come Italia e Usa. Luogihi, secondo la giornalista, “dove le bande mafiose fanno di tutto”. Lo sfogo poi ha preso una piega spiacevole. La donna è passata alle offese: “All’inizio francamente sentivo pietà nei suoi riguardi, un ragazzo ucciso, ma adesso basta, che andasse al diavolo!”.
Velatamente lascia intendere che Regeni, come erronamente si è detto spesso, appartenesse ai servizi segreti. Poi chiude il servizio: “Non rompete insomma, siamo davvero stufi di voi”.

giovedì 28 aprile 2016

L'acqua riconsegnata ai privati

di Alex Zanotelli




Quello che è avvenuto il 21 aprile alla camera dei deputati è un insulto alla democrazia. I rappresentanti del popolo italiano hanno rinnegato quello che 26 milioni di italiani avevano deciso con il referendum del 12-13 giugno 2011 e cioè che l’acqua deve uscire dal mercato e che non si può fare profitto su questo bene. I deputati invece hanno deciso che il servizio idrico deve rientrare nel mercato, dato che è un bene di “interesse economico”, da cui ricavarne profitto. Per arrivare a questa decisione (beffa delle beffe!), i rappresentanti del popolo hanno dovuto snaturare la legge d’iniziativa popolare (2007) che i Comitati dell’acqua erano finalmente riusciti a far discutere in parlamento. Legge che solo lo scorso anno (con enorme sforzo dei comitati) era approdata alla Commissione ambiente della camera, dove aveva subito gravi modifiche, grazie agli interventi di Renzi-Madia. Il testo approvato alla camera obbliga i comuni a consegnare l’acqua ai privati. Ben 243 deputati (Partito Democratico e Destra) lo hanno votato, mentre 129 (Movimento Cinque Stelle e Sinistra Italiana) hanno votato contro. A nulla è valsa la rumorosa protesta in aula dei pentastellati. Ora il popolo italiano sa con chiarezza sia quali sono i partiti che vogliono privatizzare l’acqua, ma anche che il governo Renzi è tutto proteso a regalare l’acqua ai privati. «L’obiettivo del governo Renzi - afferma giustamente l’economista Riccardo Petrella - è il consolidamento di un sistema idrico europeo, basato su un gruppo di multiutilities su scala interregionale e internazionale, aperte alla concorrenza sui mercati europei e mondiali, di preferenza quotate in borsa , e attive in reti di partenariato pubblico-privato». Sappiamo infatti che Renzi vuole affidare l’acqua a quattro multiutilities italiane: Iren, A2A, Hera e Acea. Infatti sta procedendo a passo spedito l’iter del decreto Madia (Testo unico sui servizi pubblici locali) che prevede l’obbligo di gestire i servizi a rete (acqua compresa) tramite società per azioni e reintroduce in tariffa “l’adeguatezza della rimunerazione del capitale investito”. (la dicitura che il referendum aveva abrogato!). Tutto questo è di una gravità estrema, non solo perché si fa beffe della democrazia, ma soprattutto perché è un attentato alla vita. È infatti papa Francesco che parla dell’acqua come «diritto alla Vita» (un termine usato in campo cattolico per l’aborto e l’eutanasia). L’acqua è Vita, è la Madre di tutta la Vita sul pianeta. Privatizzarla equivale a vendere la propria madre! Ed è una bestemmia! Per cui mi appello a tutti, credenti e non, ma soprattutto alle comunità cristiane perché ci mobilitiamo facendo pressione sul senato dove ora la legge sull’acqua è passata perché lo sgorbio fatto dai deputati venga modificato. Inoltre mi appello: al presidente della Repubblica, perché ricordi ufficialmente al parlamento di rispettare il referendum; alla Corte costituzionale, perché intervenga a far rispettare il voto del popolo italiano; alla Conferenza episcopale italiana, perché si pronunci sulla scia dell’enciclica Laudato Si’, sulla gestione pubblica dell’acqua; ai parroci e ai sacerdoti, perché nelle omelie e nelle catechesi, sensibilizzino i fedeli sull’acqua come «diritto essenziale, fondamentale, universale» (papa Francesco); ai comuni e alle città, perché ritrovino la volontà politica di ripubblicizzare i servizi idrici come ha fatto Napoli. Il problema della gestione dell’acqua è oggi fondamentale: è una questione di vita o di morte per noi, ma soprattutto per gli impoveriti del pianeta, per i quali, a causa del surriscaldamento del pianeta, l’acqua sarà sempre più scarsa. Se permetteremo alle multinazionali di mettere le mani sull’acqua, avremo milioni e milioni di morti di sete. Per questo la gestione dell’acqua deve essere pubblica, fuori dal mercato e senza profitto, come sta avvenendo a Napoli, unica grande città italiana ad aver obbedito al referendum. Diamoci tutti da fare perché vinca la Madre, perché vinca la Vita: l’acqua